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La crisi europea: il sonno prima della rapina.

Strana e intorpidita atmosfera di maggio. Lo spread dorme, e gli allarmi non suonano. Ma nessuno è davvero tranquillo. Finché il 22 settembre in Germania si vota...

La crisi europea: il sonno prima della rapina.
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17 Maggio 2013 - 12.30


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di Pino Cabras e Carlo Tia.

Strana
e intorpidita atmosfera di maggio. Il grande spauracchio dello spread sembra assopito, abbastanza da non
far suonare gli allarmi. Eppure nessuno
è veramente tranquillo
. Le banche non erogano quasi nulla, il senso di
strozzamento dell’economia c’è ancora, e gli annunci di Beppe Grillo sul crollo che ci aspetta in autunno
prendono consistenza. Sull’autunno si concentrano tante ansie. Quello che inizierà il 22 settembre non sarà
il solito autunno
. Quel giorno il popolo
tedesco voterà
.
Dopo di allora, chiarita la direzione che prenderà la
Germania, la crisi si scongelerà
pienamente in tutta Europa.

È perciò
importante capire quali sono la vera faccia, la vera natura, gli attori
principali, i mezzi utilizzati, il disegno ultimo di coloro che stanno demolendo
l’Europa, la sua identità e i suoi popoli.

Occorre
che afferriamo senza indugio il senso di tutto questo, pronti a trarne le
conseguenze.

Ai
piani alti non sono fermi. Stanno preparando progetti operativi che proseguiranno la destabilizzazione su scala continentale.
Dovremo essere pronti a elaborare politiche e progetti alternativi per impedire
alla Troika (composta da Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo
monetario internazionale) di proseguire nel suo cammino dittatoriale e, contemporaneamente,
lanciare un concreto messaggio di speranza a milioni di Europei già in miseria
o – come nel caso dell’Italia, della Francia, e, più tardi perfino della Germania
– sul procinto di esserlo.

Molti
obietteranno: anche la Germania? La Germania no. E invece sì. Il suo debito
pubblico supera i 2 trilioni di Euro, molte casse di risparmio di proprietà
pubblica sono da tempo in bancarotta tecnica, la Kommerzbank é sta già salvata
più volte. Ma queste sono noccioline, in confronto ai numeri di un altro
baratro. La Deutsche Bank, ossia il
maggiore azionista della Bundesbank e della BCE, ha un record mondiale poco invidiabile: è la prima banca al mondo nella
classifica esplosiva del rischio derivati (seguita dalla JPMorgan). L’istituto
germanico ha in pancia oltre 55 trilioni
di derivati a rischio
“subprime”. Detta in un’altra maniera, sono più di 55
milioni di milioni
di euro, qualcosa come 35
volte il PIL dell’Italia
.

È pur
vero che il rischio è compensato in parte da posizioni di copertura per 23
trilioni di Euro presso altri grandi istituti bancari. Ma in momenti di crisi
acuta un’assicurazione come questa è solo teorica, perché si basa su equilibri da catena di Sant’Antonio.

«Ma
niente paura», ironizza Zero Hedge, «questi quasi 56
trilioni di euro di esposizione, se tutto dovesse andare davvero malissimo, sono
coperti dai bilanciatissimi volumi di 575,2 miliardi di depositi, ossia appena
100 volte di meno. Naturalmente, nel caso di Deutsche Bank sarebbe a quel punto
richiesto un prelievo un pochino più
aggressivo del normale, seguendo le orme di Cipro».

I
numeri sono da brivido, e gli equilibri fragilissimi, retti su meccanismi di
fiducia sempre più volatili. Basta che una sola maglia di questa catena truffaldina
si spezzi, e tutto il sistema mondiale salta in aria. A quel punto non ci sarà nessun
“Quantitative Easing” o nessuna convulsa stampa di moneta elettronica o
cartacea – da parte della FED,della BCE, della Banca del Giappone o della Banca
d’Inghilterra, o di una Banca d’Italia rifondata a tempo di record – che potrà
salvarci nell’immediato. L’atterraggio
non è morbido
.

Non c’è
mossa politica, anche quelle di chi come noi vuole difendersi, che possa
ignorare questa spada di Damocle che pende sulla condizione, già tragica, o sul
punto di esserlo, di gran parte dell’Europa.

A
Bruxelles sanno benissimo che molti degli istituti finanziari dell’Eurozona
navigano in pessime acque. Seguire «le
orme di Cipro» è più che un’opzione sul tavolo
. La “Direttiva Barnier” sulla
regolamentazione dei casi di insolvenza, in corso di preparazione, prevede in
ultima istanza la “confisca” – parziale o totale – dei depositi e crediti
correlati.

In
altre parole,una spoliazione del risparmio dei depositanti.

Naturalmente, dopo la maxirapina di Cipro,molti cittadini di Eurolandia disertano le banche, o, se già clienti, riducono al minimo i loro depositi. Perciò lo stesso commissario
europeo Michel Barnier ha anticipato
un provvedimento per far sì che – lo vogliano o no – i 59 milioni di cittadini
che non tengono ancora il loro denaro in banca, vadano a depositarlo.

La crisi
non è più solo una questione di solvibilità, ma di fiducia nel sistema
politico-istituzionale che ci governa dai tempi della rimozione del Muro di
Berlino. Un sistema che aumenta via via il tasso di illegalità e illegittimità
dei suoi provvedimenti.

La “Direttiva
Barnier” è ancora in corso di riservata gestazione. Ma l’impianto é ormai
delineato. In pratica, il “salvataggio”
di una banca di Eurolandia ricadrà in buona parte sui depositanti-risparmiatori
.

Le linee fondamentali della direttiva sono state preannunciate dallo stesso
Barnier, durante una recente conferenza stampa. Il testo finale dovrà essere
approvato dal Consiglio Europeo del 27/28 Giugno 2013. Non sono da escludere
importanti sviluppi che potranno influenzare nel frattempo la stesura finale.
Il 18 maggio è la data limite del superamento
del tetto del debito USA, inevitabile
. Come reagiranno quelle entità
impropriamente definite “mercati”, ossia gli speculatori finanziari, comprese
le grandi banche?

Il tema
dei prelievi forzosi dal risparmio depositato in banca non si ferma qui. Il Consiglio europeo del 22 Maggio ha all’ordine
del giorno una normativa di coordinamento delle politiche fiscali. Oltre alle
misure di armonizzazione fiscale, è prevista la tassazione dei depositi di
risparmio: ad esempio, in Francia, i depositi sul “Livret A” – sino ad ora
esenti e con un tetto massimo di 25mila Euro – cadranno non solo sotto la scure
invisibile dell’inflazione reale (Istat ed Eurostat non calcolano tassi
attendibili), ma anche sotto la tassazione imposta ope legis dall’Unione Europea.

Se i
depositi verranno confiscati, in tutto o in parte, in caso di insolvenza, e a
questo si unirà la tassazione forzosa dei risparmi, queste saranno altrettante scintille
che faranno esplodere la polveriera dell’Euro
moneta privata.

Niente
di nuovo sotto il sole quel che ne conseguirà: il ritiro in massa dai depositi bancari
prima, il crollo sistemico delle banche poi, una depressione terrificante
infine, dagli esiti imprevedibili.

Quel
che resterà dell’Europa potrà soltanto ricorrere alle riserve auree e a quelle
in divise straniere “solide”: fra queste, data la situazione finanziaria USA,
non rientra il dollaro.

Ora
come ora non dobbiamo aspettarci nulla
da un governo Letta-Berlusconi ad alto tasso Bilderberg
. Fin qui il governo
si regge e rimane in campo con lo spread basso per consentire ad Angela Merkel
di arrivare al 22 settembre, senza aggiungere altri incontrollabili guai ai già
troppi disordini, al netto della capacità dei maggiordomi italiani di crearne
maldestramente comunque.

Come
difendersi, allora? Il tempo è scaduto, e l’opposizione deve crescere molto in
fretta. Dovrà elaborare in fretta un piano B, visto che Draghi e soci non lo
contemplano neppure. E far diventare quel piano materia di schieramento
politico che faccia l’opposto di quel che si è fatto finora. 

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