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Il PD non finisce mai di stupirmi

Renzi o non Renzi, con il Pd non ci si annoia mai. Puoi pensare che questa volta abbia superato ogni limite ed invece no: la prossima volta andrà oltre [Aldo Giannuli]

Il PD non finisce mai di stupirmi
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26 Gennaio 2014 - 22.50


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di Aldo Giannuli.



Renzi o non Renzi, con il Pd non ci si
annoia mai. Puoi pensare che questa volta abbia superato ogni limite ed
invece no: la prossima volta andrà oltre. Una delle cose per cui non
finirà mai di stupirmi è l’autolesionismo accoppiato all’assoluta
incompetenza quando si parla di leggi elettorali. Nel 1993, l’allora
Pds, sognò di fare il “colpo grosso” ed andare al governo per la
liquefazione dei partiti di centro seguita a Mani pulite. Ma, siccome
sapeva di non avere i consensi necessari, fece ricorso all’ortopedia
elettorale del maggioritario, così da trasformare in una maggioranza
assoluta di seggi la sua maggioranza relativa di voti.

Solo che non calcolò:

1. che un sistema maggioritario,
soprattutto in un contesto come quello dei primi anni novanta, avrebbe
cancellato i partiti ma solo per aprire la porta ad un populismo
plebiscitario contro il quale non era affatto attrezzato;


2. che c’era stata la novità della Tv commerciale che aveva posto le premesse per montare l’onda populista;


3. che il proprietario della quasi
totalità delle Tv commerciali era un tal Cavaliere Berlusconi, pronto ad
sostituire quei partiti che Mani Pulite aveva tolto di mezzo.



Dopo questo bel risultato, il Pds-Ds-Pd
non ha mai cercato di capire in cosa avesse sbagliato, ma imperterrito,
ha continuato ad inseguire il suo sogno di centralità governativa
sorretta dall’ortopedia elettorale e, via via, si è convertito anche lui
al mantra berlusconiano del “partito del leader”, per cui si è messo
penosamente alla ricerca di un leader forte che lo portasse alla
vittoria.


Risultato: 8 segretari di seguito in 20
anni (Occhetto, D’Alema, Veltroni, Fassino, Franceschini, Bersani,
Epifani, Renzi) e 5 Presidenti del consiglio (Prodi, D’Alema, Amato,
Letta)  per meno di 8 anni di governo. E questo perché il Pd non è
costituzionalmente un “partito del leader”, ma la confederazione di una
mezza dozzina di tribù di ceto politico (a loro volta suddivise in un
certo numero di sotto tribù), che ha mantenuto l’impronta di apparato
burocratico del vecchio Pci, ma senza il rigoroso costume e le regole
del vecchio partito.


Il risultato è un partito troppo
burocratico per essere libertario, troppo privo di regole per essere la
vecchia falange tebana del Pci, troppo frammentato per essere efficiente
e, soprattutto, troppo rissoso per essere un “partito del leader”. Per
cui, alla prima difficoltà o sconfitta anche minima, la congiura dei
boiardi disarciona il segretario o il Presidente del Consiglio. Un
partito che non ha né regole, né disciplina, né democrazia, in balia dei
signori della guerra (e si veda il comportamento in occasione
dell’elezione dell’ultimo Presidente della Repubblica).


Dunque, un partito vocato alla sconfitta
che, anche quando è riuscito per sbaglio a vincere, ha subito rimediato
mettendo in crisi il proprio governo appena possibile. Di solito il
primo avversario di un governo di centro sinistra  è il segretario del
Pds-Ds-Pd (D’Alema con Prodi, Veltroni con D’Alema, ora Renzi con
Letta).


Oggi il Pd si difende (al solito
proiettando automaticamente nel futuro i numeri attuali e fidandosi
troppo dei sondaggi) ricorrendo di nuovo all’ortopedia elettorale che
dovrebbe:


a. far fuori i piccoli partiti con soglie di sbarramento stellari;


b. rendere irrilevante il M5s con la solita storia del duopolio Pd-Fi (perfetto pendant del duopolio televisivo);


c. fregare Fi con il doppio turno sulla
base di questo calcolo: “il 20% circa del M5s al secondo turno che fa?
Un pezzo si asterrà ed un pezzo voterà per noi, nessuno per Berlusconi,
ergo vinciamo sicuro”.


Perfetto! Solo che:


a. i piccoli partiti fatti fuori da
clausole di sbarramento così alte potrebbero non essere interessati a
far parte di coalizioni alle quali portano voti per il premio, ma poi
restano esclusi dal Parlamento, e, quindi, persi per persi, potrebbero
presentarsi in ordine sparso creando effetti distorsivi imprevedibili,
mentre alcuni potrebbero essere attratti dal magnete 5stelle;


b. Berlusconi potrebbe fare un 35-36% da
solo al primo turno, mentre il Pd resta sotto anche per pochissimo ed
il resto va a  M5s e liste minori (poniamo 34 Pd, 22 M5s e 8-9% altri);


c. Che potrebbe esserci la sorpresa di
un M5s secondo partito, magari per effetto della falcidia dei piccoli,
con questi due possibili esiti:


1- ballottaggio Fi-M5s: il Pd sarebbe
escluso e, diventato terzo partito, si avvierebbe ad una rapida
disgregazione per effetto della stessa legge voluta;


2- ballottaggio M5s-Pd ma con il rischio
di una soluzione tipo Parma, per cui gli elettori di Fi, in odio al Pd
magari votano M5s;


d. Che se le intenzioni di Renzi sono
quelle di far fuori i suoi nemici interni epurando le prossime liste per
la Camera, questo porterebbe facilmente ad una scissione del Pd, per
cui tutti i conti andrebbero seriamente rifatti.


Non dico che debba necessariamente
andare così, ma che ci sono anche queste possibilità che l’ineffabile
gruppo dirigente del Pd non prende neppure in considerazione.
 

Dopo di che, bisogna anche vedere che fine fa questa porcheria di
riforma elettorale. In primo luogo non mi pare che in Commissione si
troveranno i numeri per approvare un testo unificato, per cui si andrà
in aula con testo grezzo che c’è adesso e si voterà punto per punto ed a
scrutinio segreto: risultato, tutti contro tutti in un bagno di sangue
generalizzato di emendamenti, contro emendamenti e votazione finale da
cui non sappiamo che esce.


In secondo luogo: qui ci siamo
dimenticati che Renzi avrà anche avuto il 70% dei voti alle primarie, ma
che i gruppi parlamentari sono quelli che ha fatto Bersani (e lui ne ha
una porzione che non è neppure un quarto), per cui occorrerà vedere
come voteranno i parlamentari Pd (della cui granitica compattezza si è
detto). E questo è particolarmente vero al Senato, dove la somma teorica
(teoricissima) di Fi e Pd fa 167 seggi (Grasso non vota) su 164
necessari. Pur mettendoci dentro 4 senatori a vita e qualche cane
sciolto, basta che una dozzina di dissidenti Pd votino contro e la
frittata è fatta.


In terzo ed ultimo luogo, la riforma ha
senso se contestualmente si abroga il Senato o gli si toglie il voto di
fiducia al governo, ma, come già scritto su questo blog, questo lo
devono decidere, a scrutinio segreto, anche i senatori, che, quindi 
dovrebbero abrogare sé stessi…


Dopo di che se restasse in piedi il
Senato, ci sarebbe da chiarire con che sistema lo si eleggerà: il
vecchio Porcellum senatoriale? Un Porcellum rivisto alla luce della
sentenza della Corte Costituzionale? Un nuovo sistema fatto in fretta e
furia? Anche un nuovo sistema non garantirebbe una maggioranza, perché
non potrebbe esserci un premio di maggioranza nazionale. Bel risultato!


Infine, poi bisogna vedere cosa pensa di
tutto questo la Corte Costituzionale, che potrebbe essere adita molto
più rapidamente, del passato.


Sarà, ma la cosa non la vedo tanto
tranquilla. 

In tutto questo, Fiano, che normalmente è uomo intelligente,
se ne è uscito dicendo che Grillo ha fatto una consultazione poco
trasparente e “con pochi amici”. Lui è un parlamentare che appartiene ad
un partito il cui segretario ha deciso tutto e trattato con il capo
partito avversario, senza neppure consultare la direzione del suo
partito. Non solo: non ha consultato neanche i gruppi parlamentari che
dovrebbero votarla e neppure il Presidente del Consiglio che lui tratta
come se fosse di un altro partito. Ed, in queste condizioni, ti permetti
di criticare chi, bene o male, ha chiamato a votare oltre 30.000
persone? Senza commento.


Peraltro, la minoranza interna che,
giustamente, non si sente vincolata a difendere una legge per cui non è
stata interpellata, non assicura affatto di votarla. Per cui, se alla
conta dovessero mancare i voti necessari o, peggio, dovesse esserci una
defezione di massa dei parlamentari Pd, decenza vorrebbe che Renzi si
dimettesse, anche perché qualsiasi interlocutore potrebbe dirgli: “Ma tu
chi rappresenti ed a nome di chi tratti?”.


Cuperlo ha giustamente detto che il Pd non è una caserma. Infatti: è una casa di tolleranza con una maitresse autoritaria.

 
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