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I padri del populismo odierno

Per quasi trenta anni in questo paese si è praticata dell’ipo politica, trascurata ogni formazione culturale, ignorata la preparazione di una èlite politica di ricambio. [Aldo Giannuli]

I padri del populismo odierno
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29 Giugno 2018 - 17.18


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di Aldo Giannuli

 

Se non ci fosse da piangere per lo stato in cui siamo ridotti, ci sarebbe da ridere a leggere (o sentire) le lamentazioni sui grandi giornali e nelle Tv sui danni della terribile ondata populista che si è abbattuta su di noi. Già, come lo sbarco degli Ixos per il quale fu scambiato il fascismo. Certe cose non cadono dal cielo e sono preparate da processi molto lunghi. Per la verità, nella prima repubblica quasi tutti i partiti civettarono di tanto in tanto ed in particolare nelle campagne elettorali con il populismo e con l’antipolitica (anche il Pci) ma in modo episodico e contenuto, peraltro abbondantemente contrappesato dalla funzione didattica che i partiti svolsero.

La svolta venne a fine anni ottanta promossa dal funesto trio Pannella-Segni-Occhetto che lanciarono la campagna contro il proporzionale. Non era solo la proposta di un diverso sistema elettorale, ma  un attacco complessivo alla cultura politica della Repubblica con due obiettivi precisi: i partiti e le ideologie. Per intenderci: i partiti avevano sempre presentato un deficit di democrazia e, dalla fine degli anni settanta, avevano subito un gravissimo processo degenerativo. Ma il trio su menzionato non intendeva emendare i partiti o assicurarne il funzionamento democratico, tutt’altro: puntava ad abbattere gli strumenti di partecipazione democratica di massa, affidando il compito di formazione politica di massa solo ai mass media (Tv in testa) e limitando sostanzialmente la partecipazione al solo momento elettorale.

Ricordate lo slogan del referendum del 1993 “scegli di scegliere”? È già lì il seme dell’antipolitica che promette una maggiore partecipazione attraverso la sola scelta di “chi governerà nei prossimi 5 anni”. E quella ricetta produsse Berlusconi che, quanto ad antipolitica (o se preferite ipo politica) e populismo ebbe gioco assai facile a superare i suoi tre predecessori. Come ci insegna Giovanni Orsina, il berlusconismo fu una emulsione di liberalismo e di populismo (noi preferiremmo dire di liberismo e di populismo). E lo fu non solo in termini politici ma anche e soprattutto culturali: cambiò lo stesso linguaggio politico con frequenti metafore calcistiche (“La discesa in campo” “il centravanti della formazione di governo” ecc) o prese dal mondo economico (“L’azienda paese” ecc.), deprimendo ogni differenziazione ideologica.

Si badi: l’obiettivo non era laicizzare la politica (quel che sarebbe stato auspicabile) ma liquidare ogni caratterizzazione ideale sostituita da un approccio tutto empirico-opportunistico. Ed in questo quadro trovavano spazio anche le “leggi ad personam” che passavano proprio attraverso la cancellazione di qualsivoglia principio politico. Il pesta opera Berlusconi potette giovarsi del mezzo potente delle sue Tv: la Tv commerciale con i suoi programmi di intrattenimento fu il media populista a misura di pensionati e casalinghe. La sinistra, da parte sua, constatando la sua incapacità di battere Berlusconi sul piano politico, si affidò alla speranza che ad abbatterlo fosse  un avviso di garanzia, ne nacque uno scontro perfettamente simmetrico fra i populismo giudiziario della sinistra totalmente dipietrizzata ed il populismo antigiudiziario del Cavaliere che cercava di dimostrare che le elitès, di cui la magistratura era parte, voleva abbattere la volontà degli elettori attraverso lo strumento penale. Poi, quando gli avvisi di garanzia non si mostrarono efficaci si passò agli scandali sessuali prontamente ribattuti dalla stampa berlusconiana. Ma populismo giudiziario e scandali sessuali erano solo il modo per coprire l’assenza di un verso discorso politico della sinistra persa nel suo ruolo di copertura alla  svolta neo liberista. D’altra parte, anche Berlusconi copriva la sostanziale assenza di un suo progetto per il paese con qualche provvedimento fiscale e un po’ di regalie a questo o quel gruppo sociale.

Dopo, come Occhetto Segni e Pannella avevano preparato l’entrata in scena di Berlusconi, questi la preparò a Renzi, altro grande interprete della commedia populista della seconda repubblica (ricordate la mancia degli 80 euro?). E tutto questo non è stato populismo ed antipolitica?

Per quasi trenta anni in questo paese si è praticata dell’ipo politica, trascurata ogni formazione culturale, ignorata la preparazione di una èlite politica di ricambio… ed ora vi chiedete da dove venga il successo di M5s e Lega? Cari amici, perché non ci pensate un po’?

(26 giugno 2018)

 

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