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Una risposta a proposito del M5s

'La Seconda Repubblica agonizza ma non si decide a morire e il suo ceto politico vuol salvarsi con un''ortopedia elettorale e con il trasformismo renziano. [Aldo Giannuli]'

Una risposta a proposito del M5s
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11 Marzo 2014 - 12.00


ATF

di Aldo Giannuli.

Esaurite le scadenze che mi hanno tenuto
maggiormente occupato, lasciando che si accumulassero “sulla scrivania”
del sito molte questioni, mantengo la promessa di intervenire sui temi
di cui mi si era fatta richiesta. Intanto, ringrazio sia Angelo che
Lorenzo per avere introdotto la discussione, rispettivamente, su
Venezuela e Ucraina come meglio non si sarebbe potuto; dirò anche la mia
su queste due questioni, prima però mi tocca occuparmi del M5s, e delle
sue “purghe” interne, dato che qualcuno mi ha accusato di
doppiopesismo. Nessun doppio peso: vengo al merito della questione.

Il riferimento ovviamente è alle
espulsioni in corso dal gruppo parlamentare. Che io sia –per usare un
eufemismo- fortemente perplesso su certe procedure sommarie, si sarebbe
potuto capire anche dalle due righe di post scriptum al pezzo “Buone notizie per la lista Tzipras”. Ma, sfogliando indietro le pagine di questo blog, è facile rinvenire diversi pezzi sulla stessa questione
(ad esempio “Grillo perché vuoi rovinare tutto?”), per cui la mia
posizione in merito non credo possa far nascere dubbi in chiunque sia in
buona fede. Ma cerchiamo di approfondire la questione.

Non c’è dubbio che siamo ad un momento
di svolta della nostra vicenda politica nazionale, come lo fu “mani
pulite”: la Seconda Repubblica agonizza ma non si decide a morire ed il
suo ceto politico cerca la salvezza in una ennesima manovra di ortopedia
elettorale e con il trasformismo renziano. Con il 1993 si è affacciato
in Italia un nuovo ceto politico ancora più corrotto di quello che
andava a sostituire, ma soprattutto, assai meno capace ed ancor più
subalterno alle influenze straniere, questo ceto vuol restare al posto
di comando nonostante il suo conclamato fallimento come classe
dirigente.

In un primo tempo, il centro destra
berlusconiano ed il centro “sinistra” riunito intorno al Pds-Ds-Pd
mantenevano alcune delle differenze ereditate dai precedenti partiti di
riferimento. Poi, man mano, il blocco di centro “sinistra” è andato
diventando sempre più il riflesso speculare dell’altro, assimilandone
linguaggi, cultura politica, modelli organizzativi ecc; ora con la breve
ma non irrilevante esperienza del governo Letta e con il partito
“personale” di Renzi, che trasforma il Pd in una nuova Forza Italia, il
processo si è compiuto ed il ceto politico dominante appare un composto
perfettamente liscio ed omogeneo.

Non c’è una sola questione sulla quale
si registri una differenza sostanziale fra i due partiti, salvo che
sulle solite lamentele Pd sul conflitto di interessi alle quali, però,
il Pd non fa seguire alcun atto concreto, limitandosi ad un uso
propagandistico della questione. Pd e Fi sono “i ladri di Pisa”:
litigano di giorno, ma poi vanno a rubare insieme di notte.

Il giochino è durato abbastanza ed è
riuscito ad infinocchiare gran parte dell’elettorato che si riuniva
nelle due “anti-tifoserie” nazionali (gli odiatori del Cavaliere e gli
allergici agli eredi del Pci) ed entrambe si illudevano di star
sostenendo una qualche alternativa all’altro.

Purtroppo per l’allegra cricca di
palazzo, è sopraggiunta una crisi economica devastante che ha azzerato i
margini di compravendita del consenso ed ha portato allo scoperto
l’insostenibilità di un sistema che, alla ben conosciuta rapina
capitalistica, somma gli inauditi privilegi, gli abusi e le vere e
proprie ruberie del ceto politico più infame della storia unitaria di
questo paese. Neppure i fascisti furono tanto miserabili quanto questi
di oggi.

L’urto della crisi nel 2011 demolì il
governo Berlusconi, cui succedette il disastroso governo Monti. Le
elezioni del 28 febbraio 2013 hanno spezzato il monopolio di potere
dell’asse Pd-Pdl, facendo emergere un terzo incomodo che contende la
maggioranza ad entrambi. Di fronte a questo ed alla sua fin troppo
rigida indisponibilità a trovare mediazioni che ne offuscasse l’identità
alternativa, il ceto politico ha avuto una crisi che lo ha portato a
liquidare le residue ambiguità, per approdare ad un esplicito esito di
destra con il governo Letta prima e con la segreteria Renzi dopo.

L’ex Pci concludeva la sua ingloriosa
parabola affidando le sue due massime espressioni pubbliche a due ex
democristiani  (ex?). La saldatura dei partiti di sistema si è compiuta
ed i primi frutti apertamente eversivi (riforma elettorale in spregio
alla Corte Costituzionale e questione Bankitalia) si sono subito
manifestati. L’aperto disegno è quello di superare la crisi di consenso
blindando il “duopolio imperfetto” con una legge super-truffa che
consenta di marginalizzare l’opposizione montante e gestire senza
disturbi la svendita di questo disgraziato paese.

Qui si pone il problema del M5s, del ruolo che può avere e della sua adeguatezza ad esso.

Grillo (e con lui la gran parte del movimento) pensa che:

a- il ceto politico dominante non abbia
più alcuna radice viva e stia per cadere come una foglia secca, da un
momento all’altro (“Sono Mooorti!!” ripete appena può)

b- ceto politico che,  però, pur di non
rinunciare ai suoi privilegi, non risparmierà i peggiori colpi di coda,
per cui siamo in una situazione di “guerra”

c- pertanto è necessario che il
Movimento mantenga la massima compattezza, non tollerando alcun
dissenso, così come non sarebbe tollerato, nel pieno di un’ azione
militare, che un comandante di reparto mettesse in discussione le
indicazioni di combattimento.

Il suo rigore disciplinare è la diretta
conseguenza di questa visione delle cose. Personalmente, pur essendo
convinto che siamo ad un momento di svolta, in cui si decide se l’albero
cade da una parte o dall’altra, penso che le cose non siano così ma
siano molto più complicate.

In primo luogo, penso che battere il
trasformismo del ceto politico, sia necessario ma non sufficiente e che
il passaggio ad un diverso sistema non sia automatico ed avverrà in più
passaggi molto complessi e contraddittori. Per ora si tratta di
sconfiggere il tentativo di bloccare la crisi di consenso del sistema e
mantenere aperta la porta al cambiamento.

In secondo luogo, non è detto che alla
fine di questa disgustosa seconda repubblica berlusconiana, succeda una
terza repubblica migliore della precedente: proprio la fine della prima
repubblica e l’avvento della seconda ci avvertono che c’è sempre una
possibile alternativa peggiore.

Qui dobbiamo produrre un’ architettura
di potere diversa, basata realmente sulla sovranità popolare e produrre
una nuova classe dirigente. Né l’una né l’altra cosa si fanno in due
minuti, ma richiedono processi di formazione e maturazione che hanno i
loro tempi. E, soprattutto, richiedono un dibattito politico segnato da
una grande libertà intellettuale. Le metafore militari applicate alla
politica sono spesso pericolose e sempre letali quando prese troppo alla
lettera.

Io credo che il M5s sia un pentolone nel
quale ribollono gli ingredienti più diversi, le istanze più
contraddittorie, pezzi delle culture politiche più distanti. Tutto vero,
ma che vi aspettavate? Dopo un ventennio di deserto della politica, in
cui i media hanno smesso di fare informazione e fanno solo manipolazione
del consenso, i partiti hanno smesso di avere qualsivoglia dibattito
politico per ripregare solo sulla più volgare spartizione di potere, i
sindacati sono diventati appendici degli uffici anagrafici e fiscali,
gli intellettuali si sono dati al più sfrenato opportunismo non era
possibile altro.

Anche i partiti che si proponevano come
opposizioni al sistema (tanto per essere chiari: Rifondazione Comunista e
poi, via via, Pdci, Sel ecc.) si sono appiattiti nella più squallida
routine burocratica, non hanno prodotto un grammo di discorso politico e
non hanno formato nessuna classe dirigente.  Al massimo, hanno fatto da
piedistallo al Narciso di turno e persino Paolo Ferrero è potuto
assurgere al ruolo di leader nazionale!

Ed adesso che volete? Pretendete che il
nuovo soggetto politico di opposizione sorga come Minerva armata dal
cervello di Giove? Se lo credete davvero, cambiate erba: quella che
usate vi fa male.

Dunque, è inevitabile misurarsi con un
fenomeno ampiamente contraddittorio che avrà molte evoluzioni e
cambiamenti e con esiti ancora largamente imprevedibili. Personalmente
ho scelto di restare fuori perché molte cose non mi convincono a
cominciare dal modo con cui si forma la linea politica e si scelgono i
parlamentari (o portavoce o come diavolo volete chiamarli). Iniziamo da
questo: insomma, mettiamo pure che queste uscite siano davvero tutta
colpa dei dissidenti a cui preme solo tenersi l’intero stipendio (non ci
credo, ma concediamolo), se anche fosse così bisognerebbe porsi qualche
domanda sull’efficienza del sistema con cui sono stati scelti: se in 11
mesi dalla proclamazione gli espulsi si avviano allegramente al 10% sul
totale, vuol dire che qualcosa non va. A questo ritmo, a fine
legislatura saranno la metà. E dunque, qualche motivo per ripensare il
meccanismo delle parlamentarie, forse, ci sarebbe. Stesso discorso sul
modo con cui si determina la linea politica fra intermittenti
consultazioni con line e le ininterrotte uscite di Grillo.

Prendiamo l’esempio recentissimo della
sua uscita contro l’Unità italiana: quando mai il movimento ne ha
discusso? Ma, lo stesso Grillo, quando mai se ne è occupato o magari ci
ha scritto qualcosa? Sulla base di quali analisi si basa questa
proposta? Tutte domande inutili: Grillo fa dell’agitazione, lancia
slogan e proposte per vedere l’effetto che fanno.

Questa volta ha pensato ad un affondo in
direzione dell’elettorato leghista in vista delle europee, ma fra tre
settimane non se ne ricorderà più neanche lui. In questo modo,
spregiudicatamente, tiene banco ed impone la sua presenza. D’accordo, la
cosa può funzionare elettoralmente, ma è così che si costruisce un
progetto politico per il paese? Però è anche vero che non mancano
momenti di approfondimento come la conferenza sull’Europa svoltasi a
Roma il 1° marzo o l’esperimento che stiamo facendo insieme sulla legge
elettorale. Per cui, anche qui, le cose sono molto meno lineari di
quanto non sembri.

Pertanto, ho scelto di non fare parte
del movimento ma di offrire le mie modeste conoscenze per contribuire a
questo processo di maturazione. Non so se funzionerà, non so sino a che
punto ne sono capace, ma ci provo e vediamo che succede. E, dunque, non è
che non veda le attuali insufficienze del M5s, i molti aspetti
criticabili, le tendenze preoccupanti che emergono (piuttosto, altri mi
sembrano molto meno attenti alle magagne del proprio partito di
riferimento). E non mi pare di tacere critiche anche aspre. Ma, il punto
è questo: oggi, piaccia o no, il M5s è l’unico strumento che abbiamo a
disposizione per combattere questo sistema politico.

Non lo è certamente l’innocua lista
Tzipras, sia per l’improvvisazione da cui muove, sia per la prevedibile
debolezza elettorale sia, cosa più importante di tutte, per l’estrema
debolezza della sua proposta politica che sfuma nelle vaghezze
dell’”altra Europa” che, intanto, però si tiene questa Europa
tecnocratica ed elitaria.

Il 27 maggio sera, in Italia, i conti si faranno su quanto sono avanzati o arretrati M5d, Fi e Pd. Il resto non conterà.

E qui occorre aver presente che: il M5s è
uno strumento imperfetto e criticabilissimo, ma il Pd è un nemico da
battere. La lista Tzipras? E’ ininfluente.

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