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'La fine dell''acqua da bere'

'Acqua, un bene non comune. Il capitalismo vuole l''acqua per farne un bene da vendere al migliore offerente. [Guglielmo Ragozzino]'

'La fine dell''acqua da bere'

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30 Marzo 2014 - 13.54


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di Guglielmo Ragozzino

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«Si può osservare che la parola valore ha due differenti significati: talvolta esprime l”utilità di qualche particolare oggetto e talaltra il potere di acquistare altri beni che il possesso di questo oggetto conferisce. L”uno può essere detto valore d”uso e l”altro valore di scambio. Le cose che hanno il massimo valore d”uso spesso hanno scarso o nessun valore di scambio; e, al contrario, quelle che hanno il massimo valore di scambio hanno frequentemente scarso o nessun valore d”uso. Nulla è più utile dell”acqua, ma con essa non si potrà acquistare quasi nulla e difficilmente si potrà ottenere qualcosa in cambio di essa. Un diamante al contrario non ha quasi nessun valore d”uso; ma con esso si potrà ottenere in cambio una grandissima quantità di altri beni».

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La citazione che precede e che è una base dell”economia politica moderna è di Adam Smith, nel libro primo della “Ricchezza delle Nazioni“. Luigi Ferrajoli l”ha utilizzata aprendo la sua relazione al convegno romano in occasione della Giornata mondiale dell”acqua.

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Oggi l”acqua ha sempre un valore d”uso insostituibile, ma si è determinata anche una sua terribile e crescente scarsità; per questo il capitalismo vorrebbe cogliere l”opportunità di farne una merce, da quel bene comune che era. Anzi per mettere a frutto proprio questa sua qualità di essere un bene comune: cancellando il comune resterebbe un bene da vendere al maggior offerente.

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Il modo prescelto sarebbe quello di attivarvi un valore di scambio con modalità doppiamente predatorie: privatizzando fonti, fiumi, laghi e sponde per mettere in vendita l”uso dell”acqua; insozzandone la naturalità, riempiendo i bacini e le falde sotterranee di calore e di resti della lavorazione industriale, di rifiuti dell”attività agricola e urbana. Ferrajoli ha citato sbrigativamente i tre «statuti» di Riccardo Petrella: 40 o 50 litri gratuiti al giorno per persona; divieto formale di utilizzo e dissipazione dell”acqua pulita oltre un certo limite; pagamento della quota consumata superiore al limite vitale.

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L”occasione della Giornata mondiale è stata scelta dagli “acquaioli” italiani per lanciare l”Osservatorio popolare sull”acqua e sui beni comuni. Un insieme di associazioni, locali e nazionali – a partire dal Forum che ha raccolto le firme e diretto i referendum di tre anni fa – ha deciso di costituire e sostenere una serie di attività: archivio, centro documentazione online, ricerca, partecipazione diretta, formazione. Di lanciare inoltre, al Parlamento europeo, un intergruppi sui beni comuni e partecipare attivamente alla già esistente rete europea dell”acqua pubblica.

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Anche nel parlamento italiano qualcosa si muove: un gruppo di parlamentari – Sel, M5S, e perfino un po” di democratici – ha preso la questione dell”acqua e dei beni comuni come il problema principale. Esponente di punta – a dire di Raffaella Mariani di Sel, persona di insolita e limpida generosità – è Federica Daga, M5S, che è davvero bravissima.

Esordisce ricordando che la prima stella è appunto l”acqua e poi insiste sul lavoro specifico di loro, parlamentari: guardare dentro i provvedimenti del potere per mostrarne le malversazioni nascoste, l”arsenico mischiato all”acqua. Se poi l”acqua è retta da una Spa, ancorché del tutto pubblica, gli atti non sono a disposizione di un parlamentare. Diverso il caso di una impresa di diritto pubblico.

È pronta al voto una legge sull”acqua. Quanto tempo ci vorrà per approvarla? Ferrajoli suggerisce di premettere un articolo che in tre righe ne faccia una legge costituzionale forte e non rovesciabile nel suo contrario. Si potrebbe arrivare a un trattato internazionale, sull”acqua e sui beni comuni, analoghi a quelli del 1967 sullo spazio e la profondità dei mari. Allora servivano a inibire le armi nucleari, in futuro potrebbero servire a contrastare pericoli ancora maggiori: la sete, per esempio, la fine dell”acqua da bere.

(29 marzo 2014) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it[/url]

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