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C'è un futuro per l'opposizione in Italia?

'La marcia sul Quirinale delle opposizioni parlamentari più lo sfratto dalla coalizione di centrosinistra dato a Sel. La partita per il futuro dell''opposizione si apre ora.'

C'è un futuro per l'opposizione in Italia?
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4 Agosto 2014 - 21.29


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di Simone Santini.

Due avvenimenti mi hanno
colpito, nelle ultime settimane, nel panorama politico italiano. La
marcia unitaria sul Quirinale delle opposizioni parlamentari (M5S,
Lega, Sel)
dopo l’ennesimo strappo istituzionale dal parte del
Governo, e lo sfratto dalla coalizione di centrosinistra dato a
Sel
dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, Luca
Lotti, ovviamente un renziano di ferro del Pd, per il reato di
ostruzionismo parlamentare, ovvero di fare troppa opposizione.

Nichi Vendola ha
risposto sbigottito, cadendo dal pero
. Se il Pd ha scelto di fare
un “accordo strategico” con la destra allora Sel ne trarrà le
conseguenze anche a livello di alleanze. È lecito domandarsi dove si
trovasse il buon Nichi mentre il Pd stringeva un patto per la riforma
costituzionale, architettura istituzionale e sistema elettorale con
Forza Italia mentre è alleato per un governo politico a tempo
indeterminato con un partito che si chiama Nuovo Centrodestra.

Se non sono accordi
strategici questi, mi domando quali lo siano.

Ma non solo di Palazzo si
tratta. È tutto il sistema del sottobosco governativo a livello
locale
a dimostrare, da decenni ormai, che sinistra e destra
di governo formano un unico “sistema”
con le innumerevoli
connessioni e connivenze con potentati economici, comitati d’affari,
lobbies, addirittura gruppi criminali che infestano e occupano la
cosa pubblica. Ma, forse, il governatore Vendola era giustamente
troppo distratto
a ridacchiare al telefono con i lacchè dell’ILVA
per
accorgersene.

Sel e Lega si trovano
dunque ad un bivio per dimostrare il loro valore e coerenza quali
forze di opposizione
. Sono pronte a dichiararsi fuori dalle
coalizioni
di centrosinistra e centrodestra? Magari prima che sia
loro dato il benservito dai conduttori della locomotiva per rimanere
con gli occhioni supplicanti dei cani che osservano i loro padroni
mentre mangiano?

Sarebbe uno strappo
dolorosissimo, certo, ma necessario. Doloroso perché per la Lega, ad
esempio, significherebbe rinunciare (nell’immediato) al governo di
regioni e comuni importanti nel nord. Matteo Salvini, nel
dinamico nuovo corso dato al Carroccio, sembrerebbe anche
intenzionato a portare fino in fondo il terremoto, ma che ne pensano
Maroni, Zaia, Tosi? E Salvini riuscirebbe nell’equilibrismo (molto
politichese, molto prima repubblica) di mostrarsi duro e puro a Roma
e governare in Veneto con gli alter ego di Galan? Fino a quando
l’elettorato leghista sarà, di nuovo, disposto ad accettarlo?

A sinistra, benché lo
stesso Vendola o altri come Pisapia e Zedda siano consapevoli di
dovere le rispettive vittorie elettorali amministrative all’alleanza
col centrosinistra, la strada potrebbe essere maggiormente in discesa
visto che la componente governativa di Sel ha già fatto le valigie
per andare a bussare alla porta del Pd con politici di elevata
statura quali Gennaro Migliore (soprannominato “ossimoro”)
o Claudio Fava (senza ossimoro).

Tanto più che la
componente rimasta in Sel sarebbe destinata a confluire in quel
progetto di costruzione di una confederazione unitaria di sinistra
che un discreto risultato elettorale ha già ottenuto alle recenti
europee all’ombra di Alexis Tsipras.

Se la Lega e la
Syriza italiana (se vedrà la luce) non saranno nette e
categoriche nella loro opposizione radicale e strategica al
sistema di potere italiano
, che significa rompere sia al
centro che in periferia, allora non si vede un futuro diverso per
queste opposizioni che non sia il solito teatrino dei compromessi
sotto il tavolo
, dei vizi privati e delle pubbliche virtù, dello
scannarsi nei salotti televisivi tranne ritrovarsi ad ora tarda al
solito ristorante.

Il passo successivo
sarebbe (e mi rendo ben conto trattarsi di pura fantascienza mentre
lo scrivo) che queste opposizioni trovassero anche minimi terreni
di dialogo e progetti politici comuni
, magari attraverso
l’intermediazione e la sintesi del M5S, perché
si crei l’embrione di una sorta di fronte di salvezza nazionale.

Affinché queste righe
non sembrino esclusivamente un autoreferenziale delirio, provo ad
indicare alcune tematiche:

1) una ristrutturazione
del debito pubblico
per allentare la catena del pagamento degli
interessi che ci sta letteralmente strozzando, una necessità
esistenziale ben più urgente, va detto ai leghisti, della scelta
euro sì/no;

2) la nascita di una
grande banca pubblica (nella prospettiva della
nazionalizzazione di Banca d’Italia), primo pragmatico passo per la
conquista della sovranità monetaria;

3) uno sforzo unitario
in politica estera
per un’Europa come soggetto geopolitico
indipendente
nella politica estera e di difesa (ma i
sinistrati si stanno accorgendo del buco nero che si sta aprendo in
Ucraina?
E dei risultati della scelta di Napolitano di
portarci in guerra in Libia? Siamo ancora accecati dal fatto che in
Libia e Russia governavano o governano gli amici del Berlusca? La
sinistra italiana ha veramente perso ogni briciolo di lungimiranza?);

4) fare il possibile, e
pure l’impossibile, per impedire l’approvazione del TTIP,
il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti che ci
farà rimpiangere Maastricht e la tecnocrazia di Bruxelles come età
dell’oro.

Già sento risuonare
nelle orecchie gli ululati: sì, ma… e l’immigrazione? e i
diritti civili? e i razzisti? e quelli che vogliono far entrare cani
e porci? e quelli che danno la casa agli zingari invece che agli
italiani?

Lo so, lo so bene, so
tutto.

Non dico che sia facile.
Dico che bisogna guardare il quadro generale, dico che bisogna sapere
qual è la posta in gioco. All’orizzonte i fuochi della guerra,
dall’Europa orientale al Medio Oriente all’Africa del Nord, si
fanno sempre più frequenti e minacciosi; i segnali di una
nuova e ancora più dirompente crisi finanziaria sono sempre
lì, sotto il tappeto dove sono stati messi in questi anni; il
declino dell’Italia (e di gran parte dell’Europa) è
strutturale ed inesorabile, ci siamo già dentro e si tratta solo di
verificare, nei prossimi anni o decenni, quale sarà la velocità del
tracollo.

Non so quanto sia vero
che il popolo unito non sarà mai vinto ma intravedo solo questa
possibilità: le opposizioni italiane, movimenti e partiti,
hanno tutte radici popolari. Se questo popolo rimarrà diviso,
senza confrontarsi, andremo tutti insieme dritti al macello. 

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