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Podemos: fenomeno internazionale?

Podemos non è più un fenomeno soltanto spagnolo. Si moltiplicano i contatti con Syriza, sinistre europee e sudamericane, e perfino M5S. [Steven Forti]

Podemos: fenomeno internazionale?
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17 Dicembre 2014 - 20.02


ATF

di Steven Forti.

Martedì 8 dicembre all’Universidade Nova
de Lisboa si è tenuto un seminario sul linguaggio politico di Pablo
Iglesias. Lo stesso giorno è uscito in Italia “Podemos, la sinistra spagnola oltre la sinistra”,
un libro dei giornalisti Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena.
Semplice casualità? Certo. Ma questi due fatti dimostrano una cosa:
Podemos non è solo un fenomeno spagnolo, ma sta diventando un fenomeno
di interesse internazionale.

Portogallo, Grecia e America Latina

In Portogallo lo si era
capito già da qualche tempo. A fine giugno era stata a Lisbona per un
meeting Teresa Rodríguez, eurodeputata di Podemos in quota Izquierda
Anticapitalista (IA), mentre a fine novembre è stato proprio Pablo
Iglesias a partecipare alla convention del Bloco de Esquerda (BE),
partito che riunisce vari settori della sinistra portoghese fuori dal
Partito Socialista (PS) e dal Partito Comunista (PCP). Un BE in crisi,
detto en passant, che ha vissuto varie scissioni e che si muove tra il 3
e il 4%, dopo che nel 2009 aveva ottenuto oltre il 10%, superando il
PCP.

Non è certo un caso che Podemos abbia
dimostrato interesse per i cugini portoghesi, sia per la vicinanza
geografica e la simile situazione economica che stanno vivendo i due
paesi iberici, sia per gli storici legami tra IA e alcuni dei gruppi
confluiti nel BE, sia, ancora, per la presenza dell’unica eurodeputata
del BE, Marisa Matias, nel Gruppo della Sinistra Europea (GUE), di cui
fanno parte anche i cinque eurodeputati di Podemos. Per di più, proprio
questo fine settimana si è tenuta a Lisbona la Assembleia Cidadã do
Junto Podemos, che potrebbe significare la nascita di un Podemos
portoghese. Tra i convocanti Joana Amaral Dias, ex deputata del BE, che
ha preso però le distanze tanto dal BE quanto dall’idea che questo nuovo
soggetto politico sia un franchising del partito di Iglesias. In ogni
caso, all’incontro ha partecipato Carolina Bescansa, fondatrice di
Podemos in Spagna e attualmente segretaria di analisi politica e sociale
del partito spagnolo. Uno dei pesi massimi di Podemos, per dirla in
qualche modo.

Ma non è solamente il Portogallo. I contatti con Syriza sono stretti e frequenti.
E non solo a Bruxelles. Tsipras ha partecipato alla chiusura
dell’Asamblea Ciudadana di Podemos tenutasi a Madrid a metà novembre
[vedasi il precedente articolo su Podemos
in questo sito], mentre Iglesias è stato invitato ad Atene in un
incontro organizzato da Syriza a inizio del mese di ottobre. Un incontro
in cui Tsipras ha dichiarato che “Podemos può convertirsi nella Syriza
spagnola”. Messaggio ai naviganti di Izquierda Unida (IU), che fino
all’anno scorso erano il referente di Syriza in Spagna? Anche. Su questo
torneremo tra poco. Ma non è tutto: Syriza e Podemos hanno recentemente
deciso di organizzare una serie di iniziative tra cui una grande
conferenza internazionale sul problema del debito e della sua
ristrutturazione.

Syriza è interessanta a Podemos solo per
la sintonia ideologica e per i buoni risultati che sta ottenendo il
partito di Iglesias o anche per altro? C’è chi dice, sottovoce, ma
nemmeno troppo, che Podemos sta diventando per molti in Europa il trait
d’union con i governi progressisti dell’America Latina, grazie agli
stretti contatti che la cupola di Podemos (Juan Carlos Monedero, Iñigo
Errejón e lo stesso Iglesias) ha con i governi di Venezuela, Ecuador e
Bolivia. Semplice interesse per delle esperienze politicamente vincenti
per chi in Europa vuole riportare la sinistra al governo? O anche
interesse per stabilire dei canali di finanziamento e di appoggio in
vista di possibili politiche di ristrutturazione del debito – nel caso
di un futuro governo Syriza in Grecia –, che porterebbero quasi
sicuramente a un attacco dei mercati contro il paese ellenico?

Una prova la si è avuta lo scorso 29 e
30 settembre, quando si è tenuto a Quito l’Encuentro Latinoamericano
Progresista (ELAP 2014), al quale hanno partecipato 35 organizzazioni
politiche di 20 paesi diversi. Gli unici invitati europei erano spagnoli
(Pablo Iglesias per Podemos e Cayo Lara e Maite Mola per IU) e greci
(Yannis Dragasakis, membro del comitato centrale di Syriza). Ma non è
solo Syriza che potrebbe interessarsi a Podemos. È sintomatico che si
sia parlato nelle settimane scorse di un tentativo di “aggancio” tra i
Cinque Stelle e Podemos affidato dai pentastellati al deputato
Alessandro Di Battista, che ha alle spalle esperienze di studio in
America Latina. Un tentativo che è quasi sicuramente destinato a fallire
per le evidenti differenze ideologiche e politiche tra i due movimenti,
a partire dalla diversa collocazione nel Parlamento Europeo (Podemos
con Tsipras e il M5S con Farage). E anche perché in Italia, comunque, il
referente di Podemos è L’Altra Europa per Tsipras [su questo vedasi un mio articolo precedente].

I timori delle élites spagnole

Ma se Podemos suscita interesse nella
sinistra europea, nelle élite spagnole suscita timore. E molto. Il ché,
come direbbe un mio buon amico toscano, è buon segno, perché significa
che “fanno sul serio”. O come ha dichiarato Pablo Iglesias nel suo
discorso a Lisbona: “Ci mettono dei detective alle costole, ci sono
giornalisti che indagano su di noi […]. Lo sappiamo perché sono loro
stessi a dircelo […]. A tutti loro dico grazie perché dimostrano la
paura che hanno di noi: grazie. Questo significa che siamo sulla buona
strada”
.

La campagna di stampa
de “El País” ha raggiunto in alcuni casi il surrealismo con supposti
scoop e “scandali” (sui finanziamenti a Iglesias e compagnia da parte
dei governi latinoamericani – finanziamenti che non sono mai esistiti –;
su una borsa di studio vinta presso l’Università di Malaga da Iñigo
Errejón, segretario politico di Podemos e giovane ricercatore in scienze
politiche; sul fatto che nella dichiarazione dei redditi di Iglesias
nel 2014 siano stati dichiarati 5 mila euro per la conduzione di un
programma televisivo – Fort Apache su HispanTV, che effettivamente
Iglesias conduce ogni settimana – e per la partecipazione ad altri
programmi di radio e tv; ecc.) o con articoli di opinione dove si
paventa che una vittoria di Podemos porterebbe la Spagna verso una
“distopia militarizzata” chavista o la trasformerebbe in un regime
ispirato da Robespierre e Pol Pot. Opinioni che si commentano da sole e
che dimostrano il timore che una proposta come quella di Podemos sta
suscitando in un paese che non è mai uscito dalla profonda crisi
iniziata nel 2008, checché il governo di Rajoy sventoli supposte
crescite del PIL per il biennio 2014-2015. Insomma, per dirla
volgarmente, ci si appiglia a tutto pur di screditare Podemos.

Il caso della borsa di studio di Errejón
è paradigmatico: può essere notizia sulle prime pagine di quasi tutti i
giornali per vari giorni il caso di una borsa di studio di 1.800 euro –
vinta, in un concorso pubblico, a marzo del 2014 da un ricercatore
universitario in possesso di tutti i requisiti – quando nell’ultimo mese
e mezzo sono stati incarcerati o inquisiti oltre cento importanti
dirigenti politici e sindacali a livello nazionale e locale per casi di
corruzione, tangenti e finanziamento illecito di milioni e milioni di
euro?

Ma “El País” non è indubbiamente
l’unico: non manca quasi nessuno all’appello sia tra i mezzi di
informazione sia tra i partiti. Il PP, il governo di Rajoy e i media
affini (“ABC”, “El Mundo”) e lo stesso centro-sinistra del PSOE tacciano
Podemos di populista e di chavista e i suoi dirigenti di essere “amici
di ETA” – un’accusa che in Spagna va bene per tutte le stagioni –; da
sinistra invece li si accusa di essere socialdemocratici, moderati e una
specie di PSOE di González ai tempi della transizione. Anche TVE, la
televisione pubblica, ha dimostrato la sua parzialità: l’accusa di
“pro-etarra” è stata rivolta senza tanti giri di parole da Sergio
Martín, conduttore del programma “La Noche en 24 Horas” e direttore del
canale “24 Horas” di TVE, in un’intervista a Pablo Iglesias dello scorso
5 dicembre. Alle critiche degli stessi lavoratori di TVE – che già
avevano protestato nelle settimane precedenti per l’assenza di Iglesias
dai programmi della tv pubblica –, dei sindacati e del Consejo de
Informativos della stessa TVE che ha chiesto la “dimissione o rimozione
immediata” di Martín, la risposta del direttore dei telegiornali di TVE,
José Antonio Gundín, in quota PP, è stato l’appoggio incondizionale a
Martín.

Sondaggi e prossime elezioni

Il PP e il PSOE, in forte calo, sanno
che stanno perdendo molti voti e che potrebbero essere sorpassati da
Podemos, IU sa che ha un concorrente diretto nel suo spazio politico, i
partiti indipendentisti in Catalogna temono l’irruzione di Podemos nello
scacchiere catalano [di questo ne riparleremo]. Questa è brevemente la
situazione da un punto di vista elettorale. E i partiti, chi più chi
meno, stanno cerando di prendere le contromisure.

Dopo il PSOE, che ha sostituito in
estate Pérez Rubalcaba con il giovane e telegenico Pedro Sánchez, anche
IU ha deciso di rinnovare la propria immagine e, pare, anche il proprio
messaggio. A fine novembre Cayo Lara, 62 anni, coordinatore della
federazione dal dicembre del 2008, ha annunciato di non presentarsi alle
primarie che si terranno a febbraio. Il candidato “forte” è Alberto
Garzón, giovane economista, appena 29 anni, e deputato nel Parlamento
spagnolo dal 2011. IU deve cambiare faccia e discorso,
se non vuole essere triturata da Podemos alle prossime comunali e
regionali di maggio e alle politiche generale di novembre 2015.

Garzón ha le possibilità e, molto
probabilmente, la volontà di “rivoluzionare” IU: è il capofila di chi è a
favore di una confluenza o di una serie di accordi stabili con Podemos e
con altre forze della sinistra. Nella stessa logica è probabilmente da
leggersi anche la vittoria di Tania Sánchez nelle primarie di inizio
dicembre per scegliere il candidato di IU alle regionali della Comunidad
de Madrid: Sánchez, attuale deputata nel parlamento regionale madrileno
e favorevole all’alleanza con altri partiti, è stata duramente
attaccata dalla stampa nelle ultime settimane per un supposto scandalo
relativo al periodo in cui è stata assessore nel comune di Rivas
Vaciamadrid (2007-2011). Che Sánchez sia stata il bersaglio di questo
scandalo inesistente e costruito ad arte non è da leggersi tanto per le
lotte interne a IU nella capitale spagnola e forse solo fino a un certo
punto è da imputarsi alla volontà di screditare un’amministrazione
comunale che è in mano a IU dal 1991, come quella di Rivas Vaciamadrid
appunto; la ragione principale è molto probabilmente il fatto che Tania
Sánchez è la compagna di Pablo Iglesias e screditando Sánchez si è
voluto colpire il segretario generale di Podemos.

I recenti sondaggi di
inizio dicembre confermano infatti che Podemos si gioca la vittoria alle
prossime elezioni, anche se pare aver perso qualcosa rispetto a
novembre (dal 27,7 al 25%), situandosi come seconda forza, ma risultando
ancora il primo partito in intenzione diretta di voto (con il 18,1%).
Il leggero calo di Podemos ha favorito la lieve risalita del PSOE (dal
26,2 al 27,7%), comunque al di sotto del risultato ottenuto alle
politiche del 2011, il peggior risultato dei socialisti in democrazia, e
di IU (dal 3,8% al 5,6%). Anche in Catalogna Podemos ottiene dei buoni
risultati nei diversi sondaggi di opinione realizzati: nelle elezioni
regionali, la cui anticipazione pare probabile al mese di marzo, si
situerebbe in quarta posizione, superando PSOE e PP. Ed è da tenere
conto che Podemos in Catalogna è ancora in fase di formazione – è
cominciata in questi giorni la campagna elettorale per le elezioni del
gruppo dirigente regionale del partito, che verrà scelto entro la fine
dell’anno –, il che rende questo risultato ancora più sorprendente, se
si pensa che il dibattito politico catalano ruota da oltre due anni e
mezzo solo e unicamente attorno alla questione dell’indipendenza della
Catalogna e Podemos, con poche dichiarazioni, ha messo in luce come sia
possibile rompere questo stallo, riportando in primo piano le questioni
sociali su quelle nazionali.

Due questioni ancora aperte

Le questioni da risolvere sono però ancora molte. Due su tutte. La prima è il programma: Podemos lo sta elaborando in questi mesi. A fine novembre è stato reso pubblico il documento “Un proyecto económico para la gente”,
preparato dagli economisti Vicenç Navarro e Juan Torres López, autori
nel 2011, proprio insieme ad Alberto Garzón, di “Hay alternativas”, un
libro che mostrava le alternative possibili all’austerità per portare la
Spagna fuori dalla Grande Crisi. Si tratta di un passo indietro da
parte di Podemos riguardo ad alcune proposte di rottura, come annunciato
nella campagna elettorale delle europee di maggio? In un certo senso
sì, ma solo limitatamente, come ha spiegato anche il professor Navarro,
che alle spalle ha numerose esperienze di consulenza economica sia per i
governi latinoamericani (Cuba e Cile nei primi anni Settanta) sia per
le socialdemocrazie del Nord Europa (negli anni Ottanta e Novanta) [leggi qui].
Come dichiarato in più occasioni anche dallo stesso Iglesias nelle
ultime settimane, l’obiettivo di Podemos è di “conquistare il centro”
con un programma che si vuole socialdemocratico, ma rivalutando il
significato originario del termine socialdemocrazia. In ogni caso il
documento economico di Podemos – che non è ancora il programma vero e
proprio – preoccupa non poco le alte sfere spagnole e europee: un
ulteriore prova sono le dichiarazioni di venerdì scorso di Jens
Weidmann, presidente del Bundesbank, che ha affermato che le proposte di
Podemos sono una minaccia per l’economia. Come direbbe ancora il mio
amico toscano, siamo sulla buona strada, allora.

La seconda questione riguarda le prossime elezioni municipali e regionali di maggio 2015.
Podemos ha scelto di non presentarsi con il proprio simbolo alle
municipali, ma solo alle regionali, per il timore di non poter
controllare la formazione delle liste. Alle municipali il partito sta
valutando quali liste civiche appoggiare (come nel caso di Guanyem
Barcelona o Ganemos Madrid, di cui parleremo in un prossimo articolo) e
se favorire la formazione di “candidaturas de unidad popular” (liste di
unità popolare) in altri comuni, evitando però alleanze con altri
partiti a livello nazionale e rifiutando in partenza le cosiddette
biciclette o alleanze elettorali tra partiti già esistenti.

Questioni, appunto, che sono ancora
aperte e con cui si aprirà un 2015 che potrebbe cambiare da cima a fondo
gli equilibri politici spagnoli nati con la transizione alla democrazia
tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta.

da Barcellona, Steven Forti

(ricercatore presso l’Instituto de
Historia Contemporanea dell’Universidade Nova de Lisboa e presso il
CEFID dell’Universitat Autònoma de Barcelona)

_________________________

Steven Forti

Steven Forti, ricercatore presso
l’Instituto de Historia Contemporanea dell’Universidade Nova de Lisboa e
presso il CEFID dell’Universitat Autònoma de Barcelona. Collabora in
Italia e in Spagna con riviste di storia contemporanea (Spagna
Contemporanea, Storicamente, E-Review, Segle XX, Historia, Trabajo y
Sociedad
) e con giornali e riviste di informazione (Il Corriere del
Trentino, A. Rivista anarchica, Atlántica XXII, Galde, Directa
). Da
oltre tre anni è autore e speaker di Zibaldone, programma in italiano
della barcellonese Radio Contrabanda (http://zibaldone.contrabanda.org)
ed è il fondatore, insieme a Sergio Secondiano Sacchi,
dell’associazione Cose di Amilcare, la “costola” catalana del Club Tenco
di Sanremo (www.cosediamilcare.eu). Lo trovate su twitter come @StevenForti

Fonte: [url”http://www.aldogiannuli.it/podemos-fenomeno-internazionale/”]http://www.aldogiannuli.it/podemos-fenomeno-internazionale/[/url]

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