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Spagna: guerra di trincea e strategia elettorale

Partendo da Gramsci, il segretario di Podemos, Pablo Iglesias, spiega la battaglia decisiva delle elezioni spagnole di novembre. Possibile vincerle, purché...

Spagna: guerra di trincea e strategia elettorale
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11 Maggio 2015 - 03.21


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I media spagnoli parlano di riflusso dell”onda espansiva di Podemos,
ciò che secondo loro sarà registrato il 24 maggio prossimo, quando gli
spagnoli andranno a votare per il rinnovo dei parlamenti regionali e
municipali. Partendo da Gramsci Pablo Iglesias spiega che in verità la
battaglia decisiva sarà quella delle elezioni generali di novembre per
il Parlamento nazionale spagnolo. Elezioni che Podemos può vincere, a patto che…

 

di Pablo Iglesias

Segretario Generale di Podemos.

«Nei suoi leggendari Quaderni dal Carcere di
Antonio Gramsci ha riflettuto sulle strategie di guerra nella Prima Guerra
Mondiale, quella di posizione e quella manovrata o di movimento, ciò per capire
la politica in Occidente. Nella politica Occidentale la guerra di movimento
(o d”assalto) ha perso importanza di fronte ad una complessa guerra complessa di
posizione in cui lo Stato non sarebbe che l’ultima e più avanzata trincea
dell’insieme delle fortificazioni della società civile. La politica della
guerra di trincea è la lotta per l”egemonia. A differenza di quanto molti
pensano, Gramsci non ha ideato il concetto di egemonia, che era già presente
nelle riflessioni dei socialisti russi, e anche in alcuni testi del Comintern.




Tuttavia, Gramsci fu il primo a concepire l”egemonia non soltanto
come la necessità delle organizzazioni socialiste di guidare i settori sociali
subalterni diversi dalla classe operaia o di allearsi con settori della
borghesia, ma come l”insieme dei meccanismi sovrastrutturali, soprattutto
culturali, su cui poggia l”ordine politico nelle società avanzate. Gramsci
tornò a Machiavelli, il padre della politica come scienza del potere, per  comprendere l”importanza del consenso. Il
fatto è che il potere nelle società avanzate non si esprime solo attraverso
meccanismi coercitivi, ma soprattutto attraverso l’assenso ed il consenso.




Se queste riflessioni di Gramsci sono invecchiate così bene,
divenendo riferimento per tutta la sinistra inclusi settori della destra, è
perché la politica occidentale, una volta consolidati e sviluppati i sistemi
democratici ed i loro stati, è consistita fondamentalmente in politica per
l’egemonia. L”egemonia è la capacità organizzativa di settori dominanti per
convincere le maggioranze sociali delle narrazioni che giustificano e spiegano
l”ordine politico. I dispositivi di convincimento sono fondamentalmente culturali
(la scuola e la chiesa sono esempi classici ed i media sono l”esempio del
nostro tempo) e servono a stabilire le chiavi di narrazioni egemoniche. Vincere
nella politica egemonica è fondamentalmente convincere alla propria narrazione.




Durante i periodi di stabilità politica (generalmente
associati con la stabilità economica) le narrazioni egemoniche sono quasi
inespugnabili, ma quando sopraggiungono crisi organiche, si apre la possibilità
di contestare, mediante una guerra di trincea e di movimento, le narrazioni dominanti
ciò che produce dei cambiamenti politici. Il movimento 15M ha segnalato
l”esistenza di una crisi organica in Spagna, mettendo in discussione le narrazioni
politiche ufficiali con ciò è stata la migliore espressione sociale della crisi.
Podemos è stata finora la migliore espressione politica di questa crisi,
riuscendo a imporre nuove interpretazioni della situazione e nuove possibilità
di trasformazione attraverso il protagonismo dei settori subalterni (il popolo).
L’imposizione  nel linguaggio
politico spagnolo della parola “casta” per indicare le élite politiche ed
economiche è un buon esempio della politica egemonica di Podemos; la politica
per un nuova narrazione della crisi e come superarla. La lotta per occupare il
centro della scacchiera è proprio la lotta per determinare dove sta questo
centro. Come già detto in un precedente articolo, se riusciamo a stabilire che
la centralità è la necessità di democratizzare l”economia,  Podemos può vincere. Al contrario, se
la centralità si situa in altri luoghi (la mera riforma o la sostituzione delle
élite) i settori dominanti avranno dimostrato la loro capacità di resistenza.




Nei momenti di crisi organica, le campagne elettorali sono una
guerra di trincea semplificata. Le campagne rappresentano il momento di gloria
o il fallimento dei politici che combattono per imporre la loro narrazione
basata sul cambiamento del consenso, questo sul terreno difficile dei mezzi di
comunicazione, che sono essi stessi operatori politici non neutrali.




La campagna che inizia ora [quella delle regionali e delle
municipali del 24 maggio, Ndr] è una guerra di trincea con l”imposizione di una
narrazione politica; da come si imporra una o l’altra dipenderanno in gran
parte i risultati finali, visto che quasi la metà degli elettori non ha ancora
deciso come votare. Cosa dovremmo fare noi? Il primo compito, prima di
inseguire il nemico, è quello di osservare i suoi movimenti. Che
narrazione  cercheranno di imporci?
Diranno che Podemos si sgonfia nei sondaggi, che ci sono fondamentalmente
quattro candidati per la Moncloa [ quellli del Partito Popolare, del Psoe, di
Ciudadanos e di Podemos, Ndr], che il problema fondamentale di queste elezioni
sono i patti post-elettorali in un traballante scenario multipartitico, che la
Spagna è un paese di classi medie e la maggioranza sociale è moderata. Basta
guardare indietro per vedere che il successo politico e sociale del regime ‘78 [quello
monrchico post-frachista sorto dal “Patto della Moncloa”] poggiava su una narrazione
molto simile che si tradusse nel fallimento clamoroso del possibilismo
eurocomunista  e nella moderazione
di un Partito socialista che, una volta al comando dello Stato, sarebbe potuto
andare ben più in là.




La narrazione che ci raccontano i nostri avversari dirà che
Podemos è stato il protagonista della rottura, ma non sarà il protagonista del
cambiamento. Alcuni vignettisti lo hanno espresso con la chiarezza propria di
cacciatori e creatori di narrazioni.




Che dovremmo dunque dire in questa campagna? In primo luogo
che Podemos è nata per vincere le elezioni generali e che nessuna battaglia precedente,
per quanto importante, potrà distogliere la nostra attenzione da quella
principale. Dobbiamo dire che non ci sarà un cambiamento senza rottura e, di
conseguenza, chi vuol fare accordi con noi, deve rompere con le politiche che
ci hanno portato al disastro. In queste elezioni non ci sono quattro opzioni,
ce ne sono due soltanto: cambiare o continuare come prima. 




Podemos non è solo
nel cambiamento; nella città di Madrid il cambiamento si chiama Manuela Carmena,
a Barcellona Ada Colau e la nostra mano è tesa a tutti coloro che sono per il
cambiamento, il che significa difendere il pubblico e i diritti sociali. Per
questo Podemos difende l”unità popolare e si considera uno strumento per
l”unità popolare.




Si deve dire che oggi 13 milioni di spagnoli sono a rischio
di povertà, che un terzo dei salariati campa con soli 645 € al mese, che quasi
la metà dei disoccupati non riceve alcun sussidio. Le maggioranze sociali non
aspirano ad una seconda casa o ad avere tre auto in garage, aspirano a godere
di scuole pubbliche e ospedali pubblici, aspirano a un alloggio decente, a non
ipotecarsi a vita e ad un salario dignitoso. In Spagna non cӏ una maggioranza
sociale moderata, c”è invece un popolo che si è sentito  umiliato e che ha molto chiaro chi sono
i nemici: le élites politiche ed economiche che hanno saccheggiato il Paese e
si sono arricchite a loro spese. Dobbiamo spiegare che il nostro programma è il
programma di cambiamento, proprio perché si concentra sul riscatto dei
cittadini, sulla trasformazione del modello produttivo, nella promozione
dell”occupazione di qualità e con diritti, nella promozione dell”innovazione
tecnologica e nella creazione di istituzioni per proteggere la democrazia dalla
corruzione e dal saccheggio del pubblico.



Inizia la guerra di trincea e l”avversario ci chiede di
seguire i loro movimenti. Dobbiamo invece costringerli a seguire i nostri,
facendo da parte nostra ciò che sappiamo fare meglio; dire la verità  senza mezzi termini, quella che gli
altri non osano dire, per quanto scomoda sia  per le élite. Non vinceremo assomigliando al nemico, ma essendo noi stessi».


Traduzione a cura della Redazione di Sollevazione

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