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Il referendum è perso, ma il risultato fornisce diverse sorprese

Renzi incassa un successo. Inutile negarlo, ma il giovanotto fiorentino farebbe bene a non essere troppo trionfalista. [Aldo Giannuli]

Il referendum è perso, ma il risultato fornisce diverse sorprese
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18 Aprile 2016 - 22.34


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di Aldo Giannuli.


Il Referendum è stato perso e  Renzi incassa un successo. Inutile negarlo,
ma il giovanotto fiorentino farebbe bene a non essere troppo trionfalista.
L’uomo ha un comportamento curioso: prima di una consultazione amministrativa o
referendaria si affanna a spiegare che si tratta di un quesito settoriale,
limitato, locale, senza portata politica generale, comunque vada. Dopo, quando
arrivano i risultati, se gli sono sfavorevoli, conferma che si è trattato di
una consultazione senza importanza, se, invece, gli è andata bene, si tratta di
un segnale di grande importanza che premia la sua azione di governo e la sua
segreteria del partito, premessa di nuovi immancabili trionfi. Ma, in un caso
come questo, conviene un’ analisi più attenta. In primo luogo vanno considerati
una serie di fattori che dicono quanto il referendum fosse una scommessa
azzardata:

1.   
il tema ha avuto pochissima attenzione (soprattutto televisiva) sino a
dieci giorni prima del voto ed è stato “coperto” da molte altre questioni sino
a Pasqua (riforma istituzionale, probabile intervento in Libia, rapporti con la
Bce e la Ue, crisi itali-egiziana eccetera) per cui non è riuscito ad imporsi
nella agenda politica come uno dei temi centrali. Di fatto, è stato solo lo
scandalo di Potenza a dare un po’ di sprint alla campagna.

2.   
questo è stato accentuato anche dall’assenza di una vera campagna
referendaria (rarissimi i manifesti, altrettanto rare le iniziative di
propaganda), non chè dalla stanchezza degli italiani che tendono a votare
sempre meno per sfiducia nei meccanismi democratici

3.   
Non era solo il Pd (salvo l’irrilevante minoranza interna) a dare
indicazione per l’astensione, ma anche Forza Italia ed i suoi giornali e Tv,
mentre la Lega se ne è disinteressata.

Per cui, in primo luogo non è affatto detto
che tutti gli astenuti di ieri poi tornino a votare e che poi votino Pd alle
amministrative e Si al referendum di ottobre. Presumibilmente una parte lo
farà, ma altri continueranno ad astenersi o voteranno a destra (meno vistoso,
ma comunque non inesistente sarà il flusso da questi verso M5s e sinistra. E lo
stesso si può dire dei 2 milioni circa di No. Paradossalmente è proprio il
“sottotono” renziano di prima del voto a ridimensionare ora il suo successo.

Quindi, vittoria si, ma contenuta e per nulla
irreversibile. Anzi, a guardare dentro il risultato non mancano segnali mica
tanto belli per Renzi.

In particolare, colpisce il risultato di
Puglia (più del 40% dei votanti, ad un passo dal quoziente) e Lucania (unica
regione che ha superato il 50%), cioè le regioni in cui, per una questione
geografica, il tema era particolarmente sentito e la campagna referendaria c’è
stata. Quel che significa che dove della questione se ne è parlato, il
risultato è molto diverso dalla media. Quindi, nel referendum istituzionale
(che avrà ben alto impatto) le cose non andranno tanto lisce per Renzi, anche
perché è presumibile che, in quel caso, la destra sarà contro Renzi.

E significa anche un’altra cosa: che il
Presidente della Regione Puglia, Emiliano, protagonista di questo scontro, ha
acquisito una prima notorietà nazionale ed ha un partito che lo segue nella sua
regione. Conoscendo personalmente Emiliano sin dai tempi (haimè remoti)
dell’Università, so che è una brutta gatta da pelare: non è uno degli
stoccafissi surgelati della “sinistra” bersaniana. Dò per scontato sia un suo
impegno nel referendum istituzionale per il No alla riforma, sia una sua
battaglia congressuale contro Renzi alla quale è possibile che si aggiungano
altri di “centro” ( ad esempio Chiamparino, Zanda, De Luca, forse Finocchiaro).

Il secondo dato interessante riguarda due
delle città più importanti fra quelle prossime al voto: Torino, dove la
partecipazione è stata del 36,5%, cioè 4 punti oltre la media e Bologna (36,8%)
, città che non avevano alcuna particolare ragione (come in quelle sulla costa
adriatica), per votare più di altre.

E c’è anche un gruppo di province, di cui
alcune “rosse”,  dove la partecipazione è
oltre la media (Modena, Reggio Emilia, Oristano, Padova, Chieti).

Ma il dato più significativo sono i
13.334.764 voti raccolti dal si che indicano l’area di resistenza antirenziana
più decisa in massima parte attribuibili al M5s ed alla sinistra. Un nucleo
duro che giocherà il suo ruolo tanto alle amministrative quanto al referendum.
C’è chi dice che Renzi guarda a quella massa fra i 10 ed i 15 milioni di
voti  che gli è irriducibilmente ostile
con preoccupazione. Fa bene.

Adesso prepariamoci alle amministrative dove
è possibile ribaltare la tendenza e ricordiamoci degli imbrogli che Renzi ha
fatto per vincere questo referendum (dalla disinformazione alla decisione di
separare referendum e voto amministrativo per far mancare il quoziente),
ricordiamoci dei comitati d’affari che lo scandalo potentino ha rivelato. Ricordiamocene,
soprattutto il 19 giugno quando voteremo per i ballottaggi ed in nessun caso
occorrerà dare un voto in più ai candidati del Pd.

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