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Stiglitz e il referendum: quando un premio Nobel dice fesserie

Sta venendo a galla il carattere elitario, oligarchico e antidemocratico dell’ideologia dominante e non si fa più nemmeno finta di dirsi democratici. [Aldo Giannuli]

Stiglitz e il referendum: quando un premio Nobel dice fesserie
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23 Agosto 2016 - 21.53


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di Aldo Giannuli

Joseph
Stiglitz, già premio Nobel per l’economia, ha dichiarato che teme una catastrofe per l’Europa, in
particolare per quanto riguarda l’Italia, dove se vincesse il No nel
referendum, potrebbe seguirne il crollo dell’euro. Di conseguenza invita Renzi
a “rinunciare al referendum” disdicendo la consultazione popolare.  

D’accordo: Stiglitz è un economista e non un giurista, è un
cittadino americano ed ha tutto il diritto di ignorare la Costituzione
italiana, ma, visto che si occupa di cose italiane, potrebbe anche informarsi
prima di aprire bocca.

Allora:
il referendum non dipende dalla volontà di Renzi, la Costituzione prevede norme
precise in caso di revisione costituzionali, per le quali, se la modifica non è
approvata dai 2/3 di ciascuna camera e ne facciano richiesta 500.000 elettori o
il 20% dei parlamentari, si dà luogo a referendum confermativo.

E non è
scritto da nessuna parte che esso possa essere revocato, rinviato o anche solo
sospeso e tantomeno dal Presidente del Consiglio: in italiano questo si
chiamerebbe colpo di Stato perché sarebbe  il cambiamento della
Costituzione scavalcando precise disposizioni costituzionali. Renzi non ha
neppure il potere di sospendere o revocare la riforma della Costituzione su cui
si decide, perché la riforma è stata decisa da un Parlamento, per quanto
indegno, pur sempre nella pienezza dei suoi poteri e con doppia delibera. Se
Renzi tentasse di fare quel che gli suggerisce l’autorevole scienziato,
potrebbe essere arrestato per attentato alla Costituzione e non ci sarebbe
nemmeno l’ostacolo dell’immunità, perché non è neppure parlamentare.

La cosa più
divertente è che l’Huffington Post riporta la posizione del
celebre economista in tutta serietà, come se si trattasse di una cosa di cui poter
discutere sensatamente. Fossi stato il direttore di un giornale qualsiasi
titolerei “Stiglitz
straparla
”.

Ma, anche
tralasciando l’ignoranza costituzionale di Stiglitz, quello che è più interessante è il
pensiero retrostante:
 che se c’è pericolo per gli assetti
di potere esistenti, ed in particolare quelli monetari, si sospendono le
garanzie costituzionali e si toglie la parola all’elettorato che  (
come avevano già detto quei due gioielli del pensiero
democratico che rispondono ai nomi di Giorgio Napolitano e Mario Monti) non può
esprimersi su cose così complesse per le quali non ha le conoscenze necessarie.
Queste cose le devono decidere le èlite, quelli che sanno. E la sovranità
popolare sancita dalla Costituzione? Bè è un bell’ornamento che fa la sua
figura, ma non è che ci dobbiamo proprio credere!


Qui
sta venendo a galla il carattere elitario, oligarchico ed antidemocratico
dell’ideologia liberista e non c’è più neppure il pudore di far finta di dirsi
democratici.


Ovviamente
questo, dice che il timore
della vittoria del No inizia a diventare panico
 nei
salotti buoni di politica e finanza. Diversamente, perché Renzi dovrebbe aver
fatto quella bizzarra dichiarazione sul fatto che, comunque vada, si vota nel
2018. Riflettiamoci: se vincesse il Si a Renzi converrebbe andare di corsa al
voto per sfruttare l’onda favorevole che solo uno sciocco lascerebbe passare
inutilmente. Vice versa, che senso ha dire “Anche se vince il No” la
legislatura va avanti lo stesso? Lui, lo sappiamo, non ha mai pensato davvero a
dimettersi, il guaio (per lui) è che a “dimetterlo” ci penserebbe il suo
partito (e non penso all’inutile Bersani ed al decorativo Cuperlo, ma ai ben
più fattivi Franceschini, De Luca, Fassino, Rossi) che cercherebbe di mettere
insieme i cocci e non trasformare la sconfitta referendaria in una
irrimediabile dèbacle elettorale. La legislatura potrebbe anche continuare ma
non dipenderebbe da lui, ma da Mattarella, Franceschini e Berlusconi, che
potrebbero dar vita ad un “governo di scopo”. E  il peggioramento della
situazione economica e una opportunissima bocciatura dell’Italicum da parte
della Consulta darebbero uno strepitoso alibi per farlo. A quel punto,
paradossalmente, converrebbe a Renzi bloccare la cosa (che molto probabilmente
lo escluderebbe dalla candidatura alla Presidenza del Consiglio nelle politiche
successive) cercando di bloccare il tentativo e cercare di imporre elezioni
anticipate. Dunque questa dichiarazione serve solo a gettare le mani avanti per
rimangiarsi la “minaccia” di dimettersi e prevenire le manovre degli altri.

Intanto
dobbiamo vedere il 4 ottobre che dice la Consulta (che però potrebbe anche
trovare il modo di prendere tempo sospendendo la decisione): se conferma
l’Italicum lo scontro sul referendum si radicalizzerebbe diventando l’ultima
spiaggia contro il progetto di regime in atto. Se lo bocciasse, anche solo
parzialmente, ci sarebbe un effetto di riflesso sul, referendum delegittimando
il progetto renziano.

La
dichiarazione di Renzi tradisce quella stessa paura che leggiamo nelle parole
di Stigliz: non sappiamo se per un qualche sondaggio riservato, se per la
previsione di una pronuncia sfavorevole della Corte o se per notizie che fanno
temere un disastro bancario in ottobre, ma quello che si capisce è che Renzi
cerca (invano direi) di disinnescare la bomba, ritenendo più probabile la
vittoria del No.

Intanto
ringraziamo Stiglitz per averci fornito questa ulteriore riprova sulla natura
di questo referendum: uno scontro fra democrazia ed oligarchia, senza
mediazioni possibili.

Non è il momento
di mediazioni pasticciate alla Bersani o alla Errani: qui andiamo allo scontro
frontale, sapendo che chi vincerà, chiunque esso sia, non farà prigionieri
.





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