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'In Bulgaria e Moldavia il fascino europeo evapora come un profumo di Chanel senza coperchio. Un ripensamento di massa coinvolge tutto l''Est Europa [Giulietto Chiesa]'

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18 Novembre 2016 - 06.25


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di Giulietto Chiesa.


In Bulgaria (paese Ue) Radev ha stravinto contro la Tsacheva, portavoce di tutti i filo-Bruxelles, ed è ora presidente. In Moldavia (paese che l’Ue voleva impalmare) Dodon ha chiuso la carriera politica della pallida Sandu. E non perché la Sandu è pallida per natura, ma perché la signora è stata portata alla candidatura dalle forze pro-europeiste.


Il fascino europeo sembra, anzi è, evaporato come un profumo di Chanel lasciato senza coperchio. In Bulgaria (paese dell”Unione) Rumen Radev ha stravinto contro la Tsacheva, portavoce di tutti i filo-Bruxelles, ed è ora presidente. In Moldavia (paese che l”Unione voleva impalmare) Igor Dodon ha chiuso la carriera politica della pallida Maia Sandu. E non perché la Sandu è pallida per natura, ma perché la signora è stata portata alla candidatura dalle forze pro-europeiste.


È in corso un ripensamento di massa che coinvolge tutta l”area est-europea e che arriva fino a Budapest e a Praga e, per altri aspetti, coinvolge Varsavia e Podgoriza, Belgrado e Skopje. E la spiegazione è chiara: il potere di attrazione dell””european way of life” è drasticamente diminuito. La crisi economica europea è solo in parte responsabile di quanto sta accadendo. Pesa l”assenza di una leadership europea; pesa la politica aggressiva di questa Europa verso la Russia; pesano gli eventi di Ucraina, dove l”Unione Europea si è accodata e ha partecipato attivamente alla Euromaidan, per tornarsene a Bruxelles con le pive nel sacco e con 40 milioni di speranze che non potranno essere soddisfatte.


L”Unione Europea ha appoggiato regimi corrotti e incapaci, purché antirussi. E ha incentivato la corruzione, invece che combatterla, rovesciando sulle capitali dell”ex Patto di Varsavia centinaia di milioni di dollari e di euro che sono andati a finire in gran parte nelle tasche dei suoi amici. Sia di quelli che già sono entrati â€” come appunto la Bulgaria â€” sia di quelli che, tramite una aggressiva politica di “buon vicinato”, erano destinati a entrare. La Moldavia in testa alla lista, insieme ovviamente all”Ucraina.


Emerge ora un imponente malcontento popolare, unito a una buona dose di nostalgia. Il benessere non è arrivato, e nemmeno è arrivata la democrazia, lo stato di diritto, le libertà civili. La globalizzazione tanto attesa è rimasta fuori dalla porta a Sofia e a Chisinau, e negli spiragli aperti soffia il vento della tensione militare che contrappone la Nato alla Russia. 

Il bilancio del “cambio di campo” non è positivo e gli elettori se ne sono accorti da tempo. 

Non è per caso che sia Radev che Dodon hanno impostato la loro campagna elettorale annunciando espressamente la loro intenzione di un riavvicinamento multilaterale con Mosca. 

Ma la crisi è più profonda di quanto appaia. E non c”è dubbio che “l”effetto Trump” abbia contribuito al suo precipitare, coniugandosi con lo scetticismo anti-europeo che ormai serpeggia anche in Europa occidentale. 

È il progetto globalizzatore, violentemente omogeneizzatore, che non piace più. Specie se non porta lavoro e costringe a emigrare per trovarlo. Bruxelles dovrà ripensare la sua “politica di buon vicinato”, che sta fallendo sotto gli occhi di tutti.

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