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Analisi dei fallimenti di Syriza

Un'analisi del terribile scenario di un partito nato per esprimere il meglio della tradizione di sinistra e che oggi è in fase di dissoluzione fra austerity, delusioni cocenti, incapacità storiche

Analisi dei fallimenti di Syriza
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28 Giugno 2017 - 23.35


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di Pete Dolack.

 

Così tanti avevano riposto le loro speranze in Syriza; così tanti sono stati amaramente delusi. La Coalizione della Sinistra Radicale greca si è dimostrata del tutto incapace di resistere alle enormi pressioni impostele e sono i lavoratori greci a pagarne il prezzo, non esclusi quelli che hanno votato per Syriza.

Come dovremmo analizzare lo spettacolo deprimente di quello che era stato un partito genuinamente di sinistra, in realtà una coalizione di forze di sinistra provenienti da una varietà di prospettive socialiste, che si sta autodistruggendo così rapidamente? La risposta semplicistica consisterebbe nel lavarsene le mani e condannare Syriza come “opportunista”, ma non impareremo nulla con un atteggiamento simile. Se facciamo sul serio nell’analizzare lo spettacolare fallimento di Syriza – compresi quelli che si aspettavano in anticipo tale risultato – è inevitabile scavare tra le macerie.

Ci sono molte correnti che attraversano Syriza, in aggiunta ad altre tendenze di sinistra all’esterno. Né c’è stata carenza di persone che temevano quale sarebbe stato il destino di Syriza, compresi leader al suo interno, prima che assumesse il potere, ci ricorda Helena Sheehan nel suo nuovo libro The Syriza Wave: Surging and Crashing with the Greek Left * [L’onda di Syriza: ascesa e caduta nella sinistra greca]. Scrivendo con eccitazione e dolore la professoressa Sheeran, una veterana del lavoro di solidarietà con la sinistra greca, cavalca tali onde mentre racconta le previsioni e l’ottimismo prima, e la depressione e lo shock dopo, in Grecia e tra gli alleati di Syriza in Europa.

Il prologo a questo fallimento è ben noto, ma la professoressa Sheehan ci porta attraverso di esso con uno stile che riflette ciò che accadeva allora e il suo stesso ottimismo. Il fatto che sappiamo come questa vicenda finirà non distrae dal suo stile di scrittura; rafforza, piuttosto, le emozioni mentre riviviamo quello che all’epoca pareva essere l’imminente primo colpo serio all’austerità globale e alla presa sempre più forte del capitale finanziario. Non era un ottimismo alla Pollyanna, poiché nessuno che facesse sul serio aveva dubbi sull’immenso compito che attendeva Syriza se fosse stata eletta. Certamente la Grecia non poteva essere una piccola isola socialista in un mare immenso di capitalismo; i problemi della Grecia allora e adesso possono avere soluzioni solo europee e internazionali.

Tuttavia qualcuno deve farsi avanti per primo. La sinistra internazionale vedeva speranza in Syriza e gli economisti di Syriza lavoravano a soluzioni. C’era molta serietà politica poiché Syriza era vista come l’ultima speranza; il fatto che potesse arrivare il fascismo, considerata la crescente minaccia di Alba Dorata, concentrava le menti.

La professoressa Sheehan presenta questo scenario, aprendo il suo libro nel 2012, l’anno in cui è firmato un secondo memorandum che impone ai greci misure d’austerità più dure e in cui Syriza sale da presenza parlamentare minoritaria a prossima seconda al principale partito greco di destra, Nuova Democrazia. Fornendo le analisi, le speranze e le paure di una varietà di attivisti greci raccolti in ripetute visita, racconta i forti tentativi di Syriza di coinvolgere gruppi dei movimenti sociali (in contrasto con il settarismo del Partito Comunista greco) e per rendere la dirigenza di Syriza inter-generazionale.

 

In punta di piedi verso l’elezione attraverso una marcia indietro?

Ciò nonostante a sinistra c’è stata la critica che Syriza stava “annacquando il suo vino” o voleva solo gestire il capitalismo anziché creare il socialismo. I dirigenti di Syriza lo negavano energicamente, affermando che avrebbero cancellato i tagli d’austerità, ripristinato salari e pensioni e ridistribuito ricchezza e potere. Non si sarebbe ancora trattato di socialismo, ma “era mirato ad aprire un nuovo percorso al socialismo per il ventunesimo secolo”. Un segnale di pericolo, tuttavia, era che il partito era diviso tra il restare nell’eurozona, anche se l’euro e l’Unione Europea nel suo complesso erano considerati terreno di lotta. Alcuni in Syriza, come Costas Lapavitsas, sostenevano che Syriza doveva essere pronta a una rottura con l’Unione Europea. Nonostante questi avvertimenti non fu formulato alcun lavoro preparatorio sistematico per un “Piano B”.

L’austerità avrebbe potuto abbattersi sui greci più duramente che altrove in Europa, ma non si trattava di un’anomalia specifica nei confronti di un piccolo paese che i dirigenti della UE consideravano agevole da prevaricare. Non era una battaglia locale, scrive la professoressa Sheehan:

“Questi tagli alle paghe, alle pensioni e ai servizi pubblici, queste privatizzazioni di proprietà pubbliche, questa ridistribuzione della ricchezza dal basso verso l’alto; queste non erano misure temporanee contingenti. Era qualcosa di intrinseco a una ristrutturazione sistemica del capitalismo… Dove un tempo c’erano esperimenti di socialismo all’est, c’erano a quel punto oligarchie. Prossimi sull’agenda: i progressi realizzati dal movimento sindacale in occidente andavano cancellati [pag. 58].”

Tuttavia nessun successo in un singolo paese europeo sarà sostenibile a meno che non sia seguito da successi simili in altri paesi.

“Yannis Tolios, un economista, anche eletto nel comitato centrale [di Syriza], espose vigorosamente il problema, ma con un accento diverso: ‘Se avere il socialismo in un singolo paese è considerato difficile, avere il socialismo in tutti i paesi contemporaneamente è quasi impossibile’. La Grecia doveva andare avanti, che il resto fosse pronto o no, ma era un percorso pericoloso.” [pag. 59].

Syriza si sarebbe ricostituita in un partito unificato, con i suoi gruppi costituenti precedenti, compreso il maggiore, Synaspismos, sciolti (anche se alcuni rimasero all’esterno). Un quarto del comitato centrale era costituito da membri della Piattaforma di Sinistra, una fazione organizzata che promuoveva la cancellazione dell’austerità con ogni mezzo necessario, con la maggioranza del comitato centrale eterogenea ma a favore di Alexis Tsipras. Critici interni lamentavano che troppo potere era concentrato nelle mani del leader del partito e del suo circolo interno, né la preoccupazione che Syriza si stesse spostando troppo in direzione della destra era confinata alla Piattaforma di Sinistra.

I membri più attivi di Syriza ritenevano che il problema fosse il capitalismo e che il socialismo fosse la soluzione, scrive l’autrice, ma avevano “smesso di sognare attacchi a palazzi d’inverno”. Scrive:

“Non si stavano aspettando un’insurrezione a tutto campo, che avrebbe distrutto il capitalismo un giorno e inaugurato il socialismo il giorno successivo. Facevano piani per un processo protratto, che avrebbe incluso vincere elezioni multipartito, entrare in negoziati difficili, accettare alleanze non attraenti, rimediare ai danni fatti, costruire il nuovo all’interno del guscio del vecchio” [pag. 85].

 

Vincere un’elezione, ma non necessariamente conquistare il potere

Mentre Siryza si preparava ad assumere il governo crescevano le aspettative, ma il Programma di Salonicco del 2014 del partito era considerato da molti una significativa ritirata. Syriza stava annacquando il suo vino persino prima delle elezioni successive? Quale che fosse la forza del vino, Syriza vinse le elezioni del gennaio 2015. La “troika” delle istituzioni della UE e il Fondo Monetario Internazionale che avevano dettato l’austerità ai precedenti governi greci non persero tempo nel fare un giro di vite sul nuovo governo in quello che fu visto come un tentativo diretto di umiliare Syriza. I negoziati si trascinarono e in mezzo a una grande solidarietà internazionale il primo ministro Tsipras indisse un referendum quell’estate per presumibilmente rafforzare la sua posizione negoziale.

I greci risposero votando pesantemente “no” a ulteriore austerità. Il governo Syriza fece allora un considerevole dietrofront. Otto giorni dopo il primo ministro Tsipras firmò un accordo persino più sfavorevole rispetto a quello che era stato preteso dalla troika. Più di metà del comitato centrale di Syriza firmò una lettera dell’opposizione e la maggior parte dei membri di Syriza erano furiosi. Ciò fu ignorato.

Alcuni dirigenti di Syriza offrirono giustificazioni pubbliche per questa svolta degli eventi, sostenendo che il partito era in una maratona e che la gara non era finita, e che il partito conservava spazio di manovra e per continuare a essere un partito di sinistra attraverso collegamenti con reti di solidarietà. Altri, tuttavia, sostennero che il nuovo accordo era una capitolazione disastrosa. Una via alternativa all’austerità era uscire dall’eurozona. La tesi contraria era che l’analisi a sostegno di un ritiro dall’eurozona era corretta ma ciò nonostante un percorso simile non andava intrapreso a causa dei rapporti di forza pesantemente a sfavore ll’economia greca.

Ci furono argomenti sia a favore del restare sia a favore del lasciare l’eurozona ma i sostenitori del contrasto all’austerità di entrambi gli schieramenti raccomandarono passi forti quali ripudiare il debito, nazionalizzare le banche e imporre controlli sui capitali. Non furono presi in considerazione: Syriza non ebbe mai un “Piano B”.

Rimanere nell’eurozona era preferito dalla maggioranza dei greci, un fattore che indubbiamente ebbe influenza sul partito. Ma assumendo il governo senza un piano alternativo al negoziato con la troika, in particolare con dirigenti UE del tutto freddi a ogni argomento greco, Syriza si era messa in un angolo. Scuse di dirigenti di Syriza circa il motivo per cui, anziché cancellare l’austerità, avevano accettato la sua intensificazione, erano solo ciò: scuse. La professoressa Sheehan contesta aspramente tali scuse:

“Una cosa era alludere a una pistola puntata alla tempia e ammettere una sconfitta, ma altra cosa era rigirare la frittata e dichiarare una grande vittoria morale e dirigere l’attacco contro chiunque si esprimesse diversamente. Ci fu parecchio violazione della logica elementare, fuga da evidenze empiriche, e negazione di colpevolezza etica … Il punto riguardo alla concettualizzazione delle contraddizioni non sta nell’affermarle e compiacersene, bensì nel lottare per risolverle, trascenderle, creare una nuova sintesi da esse. Come se espropriazioni economiche intensificate e capitolazione politica non fossero brutte abbastanza, aggiunsero offuscamento intellettuale e degrado morale alla spaventosa realtà che si stava manifestando … Non si può costruire una sinistra quando si getta all’immondizia la base stessa delle proprie convinzioni. E’ derivato da un misto di sfacciato opportunismo, genuina confusione, stress psicologico e sofisticherie postmoderniste” [pagg. 133-134].

Syriza, nonostante la frenetica attività dei tre anni precedenti, era salita al governo impreparata. E, bizzarramente, con la convinzione che con la troika si potesse ragionare.

 

Una missione suicida seguita da una purga

Poi ci fu la “missione suicida per la sinistra”: Syriza presentò in parlamento una proposta di legge di 977 pagine da votare immediatamente senza tempo per leggerla. La Piattaforma di Sinistra votò no come fazione unificata e una diversa fazione parlamentare di Syriza, il Gruppo 53+, denunciò il soffocamento della democrazia, e tuttavia Syriza nel complesso votò sì e il nuovo accordo fu approvato con il sostegno della maggior parte degli altri partiti. “Non credo si possa fare il male per fare il bene”, è la succinta valutazione dell’autrice.

Dopo la vergognosa capitolazione, anziché convocare un congresso del partito, il primo ministro Tsipras decise di indire un’elezione lampo, che avrebbe usato per purgare Syriza della sua ala sinistra. Egli caratterizzò la sua campagna attaccando la sinistra e i sostenitori internazionali. I membri della Piattaforma di Sinistra si dimisero per formare un nuovo partito, Unità Popolare, ma con scarso tempo e nessuna risorsa esso non raggiunse la soglia del 5 per cento dei voti. Syriza vinse di nuovo.

Defezioni da Syriza e tentativi di costruire un nuovo partito di sinistra sono proseguiti da allora poiché non solo non è in vista alcun sollievo dal debito nonostante un’umiliante concessione dopo l’altra, ma Syriza sbanda a destra in politica estera e il primo ministro si mette in ginocchio davanti alla chiesa. Ci sono voluti a Syriza solo sei mesi per compiere il percorso che l’ex partito socialista, Pasok, aveva coperto in vent’anni ma senza le genuine riforme che il Pasok aveva attuato nel suo periodo al governo. Mettere in atto ed estendere gli espropri al fine di por loro fine non è dialettica: è nonsenso, segnala la professoressa Sheehan.

Dunque perché Syriza ha intrapreso una via simile? Nessuna risposta sarebbe sufficiente, ma l’autrice, in un’indagine di vasta portata, esplora diverse opinioni offerte da vari attivisti greci. In breve esse comprendono:

  • Le azioni di Syriza costituiscono una ritirata ma non un tradimento, poiché la trasformazione è una maratona dolorosa con molte ritirate.
  • Syriza non aveva un programma coerente ma la sua sinistra era troppo concentrata su una trasformazione dello stato.
  • Syriza ha mancato di contestare la narrazione di “non c’è alternativa” e avrebbe dovuto ripudiare il debito, nazionalizzare le banche ed elaborare una narrazione anticapitalista.
  • Il fallimento di Syriza è radicato nei suoi compromessi di classe e nelle sue costanti rassicurazioni alla destra dl 2012.
  • Unità Popolare ha un futuro, pur avendo “incasinato” le sue prime elezioni-
  • E’ impossibile controllare l’economia all’interno dell’eurozona.
  • Il potere del denaro ha distrutto Syriza.

Helena Sheehan ha scritto uno studio molto utile di Syriza e in particolare della gamma di piattaforme e prospettive e dell’evoluzione di esse mentre il partito si preparava ad assumere il potere e poi si è trovato incapace di gestire, per non parlare di risolvere, contraddizioni interne ed esterne. Che questo sia un documento da un punto di vista personalizzato non significa che The Syriza Wave sia qualcosa di diverso da una seria analisi politica. Il lavoro avrebbe potuto essere rinvigorito in due modi: uno, una discussione più approfondita dei temi economici, comprese le ramificazioni del restare nell’eurozona (o uscirne); e, due, una trattazione di come virtualmente ogni euro dei prestiti della troika vada ai creditori e alle banche piuttosto che al popolo greco, un argomento menzionato di passaggio solo una volta. Questi sono argomenti che non avrebbero dovuto essere trascurati.

Ciò nonostante un lettore alla ricerca di un’analisi politica e di capire che cosa gli attivisti e i capi di Syriza pensavano e facevano, compresi ministri prima e dopo l’assunzione della loro carica, farebbe bene a leggere questo libro. La professoressa Sheehan, nonostante le denunce appropriatamente amare del comportamento del partito in carica rispetto al suo precedente sostegno, finisce su una nota ottimista. Si presume, dopotutto, che noi impariamo dalla sconfitta in modo di poter far meglio nel futuro, vero?

 

* Helena Sheehan, The Syriza Wave: Surging and Crashing with the Greek Left [Monthly Review Press, New York 2016]

 

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

 

Tratto da: http://znetitaly.altervista.org/art/22538?doing_wp_cron=1498689864.9905130863189697265625.

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/analyzing-the-failures-of-syriza/

Originale: Systemic Disorder

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

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