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Segreti e torture: battaglia legale sulla via per Guantanamo

Segreti e torture: battaglia legale sulla via per Guantanamo
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13 Dicembre 2010 - 10.02


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guantanalegodi Giulietto Chiesa.

La Corte d”Appello di San Francisco, nella seduta plenaria di settembre 2010, ha rifiutato la richiesta di cinque vittime delle “extraordinary renditions” di poter portare in giudizio una filiale della Boeing, la Jeppesen Dataplan, che fu direttamente responsabile della logistica dei trasferimenti illegali di numerosi sospetti di terrorismo, arrestati in diversi Stati direttamente dal – o sotto richiesta del – governo americano, e trasferiti in prigioni segrete al di fuori degli Stati Uniti, prima di essere infine portati a Guantanamo e, in quelle prigioni segrete, torturati. (AFP/ 09 dicembre 2010).

Le cinque vittime sono un egiziano, un italiano, uno yemenita, un iracheno e un etiope, gli ultimi due sono residenti legalmente in Gran Bretagna e sono difesi dai legali dell”Associazione Americana per la difesa delle Libertà Civili (Aclu).

La Corte d”Appello di San Francisco ha deliberato con un voto di stretta misura, 6 contro 5, di respingere la richiesta delle 5 vittime adducendo la prevalenza del segreto di stato su ogni altra considerazione legale.

Ora le cinque vittime hanno fatto ricorso contro quella decisione alla Corte Suprema, che deve deliberare in merito, ma che potrebbe anche rifiutare di esaminare il dossier.

Siamo di fronte a una decisione di enorme rilievo, che influenzerà sotto molti profili le relazioni internazionali e la situazione politica interna agli Stati Uniti.

Il Presidente Obama ha già ripetutamente mostrato di non voler permettere alla giustizia americana e internazionale di perseguire i responsabili delle gravissime violazioni delle leggi internazionali e della stessa Costituzione degli Stati Uniti, perpetrate dall”Amministrazione che lo ha preceduto. L”ostacolo frapposto è sempre il “segreto di Stato”.

Tanto più ingiustificabile, moralmente e politicamente, un tale atteggiamento, quando si ricordi che sia l”ex presidente Bush, sia l”ex vice-presidente Cheney, hanno riconosciuto pubblicamente di avere autorizzato loro, direttamente e personalmente, l”uso della tortura contro i prigionieri della “guerra al terrorismo internazionale”. Cioè il vertice degli Stati Uniti ha ammesso di avere violato la Convenzione Internazionale contro la tortura, commettendo con ciò un crimine contro l”umanità che non ammette prescrizione.

Le “extraordinary renditions” sono state riconosciute come avvenute dalle stesse autorità americane e sono state severamente condannate dalla risoluzione del Parlamento Europeo del 2008, votata a conclusione dei lavori di una Commissione Straordinaria dello stesso Parlamento che lavorò per oltre un anno sui materiali d”inchiesta che avevano permesso di individuare le responsabilità e le correità di diversi governo e servizi segreti europei.

Faccio appello alle associazioni per i diritti civili, alla comunità giuridica internazionale, perché non si lasci perpetrare, restando in silenzio, un ulteriore atto di violazione dei diritti umani.

A distanza di dieci anni nessun processo è stato celebrato negli Stati Uniti contro i presunti responsabili degli attentati dell”11 settembre 2001. L”unico processo, annunciato ma di fatto mai cominciato, contro Khaled Sheikh Mohammed, non può prendere avvio perché l”imputato è stato sottoposto a torture e, quindi, l”intera istruttoria a suo carico è priva di ogni valore giurisprudenziale.

Altrettanto prive di ogni valore sono le conclusioni della Commissione d”Inchiesta sull”11 settembre, espresse nel rapporto finale “9/11 Commission Report”, in gran parte fondato sulle stesse confessioni di Khaled Sheikh Mohammed e di altri, tutti ripetutamente sottoposti a torture patite in diverse carceri segrete, situate in Afghanistan e in altri paesi, tra cui europei, e proseguite a Guantanamo.

In queste condizioni il segreto di Stato costituisce una copertura fin troppo trasparente di pratiche criminali che mettono a repentaglio la stessa convivenza internazionale.

La Corte Suprema degli Stati Uniti non deve poter decidere sotto il vuoto pneumatico del silenzio internazionale. Se gli Stati Uniti non sono in grado di imporre il rispetto delle loro stesse leggi da parte dei poteri dello Stato, la comunità internazionale deve esercitare le sue prerogative legali dall”esterno e imporre la sua superiore legittimità.

 

Giulietto Chiesa,
presidente di Alternativa,
ex deputato del Parlamento Europeo

 

 

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