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Lo ‘Stato profondo' attacca la Francia

Perché la Francia? Quale sentimento profondo radicato nella psicologia delle masse si vuole aggredire e far reagire? Quale dinamica socio-politica si vuole sfruttare?

Lo ‘Stato profondo' attacca la Francia
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15 Luglio 2016 - 23.17


ATF

di Simone
Santini
.

All’indomani del massacro di Nizza è ancora
più necessario comprendere quali siano gli obiettivi e le strategie di lungo
termine delle centrali del terrore. Il
terrorismo non si muove mai lungo direttrici irrazionali
. Categorie come
“vendetta” o “odio” possono essere necessarie a mobilitare o convincere singoli individui al martirio, ma non
fanno parte, se non in maniera molto limitata, della forma mentale di chi tali
strategie pianifica e porta avanti con archi temporali di anni o addirittura
decenni.

Si può fare l’esempio del terrorismo politico
degli anni ’70 in Italia. La stagione conosciuta come “strategia della tensione”, con i suoi vari addentellati, fu la risposta alle istanze di cambiamento sociale
e politico
che venivano da ampi settori della società italiana, potenzialmente rivoluzionarie, per
renderle inerti e inglobarle nel sistema.

Così, attraverso l’innesco degli “opposti
estremismi”, si ottenne il risultato di terrorizzare e compattare verso una
sorta di centro governativo i ceti medi e popolari
; si istituzionalizzava il
Partito comunista fino a farlo diventare il più insormontabile bastione della
tenuta “democratica” del sistema stesso, scacciando appunto fuori da esso tutte
le possibili tentazioni anti-sistema; si spingevano ai margini estremi le
istanze considerate più pericolose lasciandole a gruppi fanatici e irrilevanti.

Sullo sfondo la necessità ultima di
consolidare e preservare un impianto di potere nazionale e, soprattutto, internazionale
(la divisione in blocchi della guerra fredda) che proprio in Italia, per la sua
straordinaria e peculiare composizione sociopolitica, aveva un possibile punto
di rottura.

Le centrali
terroristiche
che pianificano tali strategie di amplissimo respiro,
composte da “menti raffinatissime”, si
annidano nei gangli fondamentali degli Stati
, vi lavorano nell’ombra e
quasi mai sono composte da quella nomenclatura politica, più o meno
transitoria, che sta in superficie (con essa può entrare anzi in conflitto,
specie nelle fasi di transizione).

Non a caso si è elaborata la definizione, per
queste centrali, di “Stato profondo”,
uno Stato non legato a dinamiche democratiche, che occupa stabilmente le sue posizioni
di potere attraverso modelli di cooptazione, autosufficiente per mezzi e
conoscenze, capace di influenzare, intimidire, ricattare il ceto politico ed
economico, e che risponde e si confronta con logiche di potere internazionale e
sovranazionale. 

Tali strutture, attraverso i servizi di
sicurezza statali, riescono a infiltrare e utilizzare gruppi militari
ideologizzati o criminali. I servizi ufficiali possono essere “deviati” nella
loro azione, si possono creare organismi paralleli o occulti, “zone grigie” in cui diventa
indistinguibile l’azione legittima di intelligence da quella antidemocratica.

Gli stessi rapporti tra le centrali e i
gruppi terroristici avvengono soprattutto con il metodo della “etero-direzione” per cui tali gruppi, quanto
meno ai livelli operativi, non hanno
mai la percezione di un controllo.

Agenti provocatori, infiltrati, catene di
comando sufficientemente lunghe affinché si perda il contatto tra chi
concepisce una azione e chi la esegue. Non
sempre si ha, poi, un ordine diretto
. Molto più spesso si creano condizioni
favorevoli, si suggeriscono obiettivi, finché cellule di fatto autonome o
addirittura “lupi solitari” non passano all’azione.

Nel caso
francese
, dagli attentati di Tolosa di Mohammed Merah nel 2012, attraverso Charlie Hebdo, il Bataclan, fino agli
attentati di Bruxelles, si sono avuti bagliori di questi contatti, di diversa
entità, tra gli attentatori e livelli di direzione superiori, collegati più o
meno direttamente con apparati di sicurezza ufficiali. Non sappiamo ancora molto
sull’esecutore dell’eccidio di Nizza,
ma non ci sarà da stupirsi se, nei prossimi giorni, emergeranno “stranezze” sul
suo conto.

Per raggiungere al meglio i loro scopi,
queste centrali non creano mai dal nulla tendenze politiche o sociali, ma
sfruttano quelle già esistenti nelle società di riferimento. Le amplificano o
le mortificano, a seconda delle convenienze. Creano le condizioni favorevoli
affinché tali tendenze, del tutto spontanee e spesso sostanzialmente autonome,
si consolidino e si affermino, oppure vengano ostacolate e respinte. Tali
centrali maneggiano perfettamente la
psicologia delle masse. La plasmano e la dominano
.

Oggi la prima domanda da porsi è la seguente:
perché la Francia?

E poi: quale
sentimento profondo
radicato nella psicologia delle masse si vuole
aggredire e per ottenere quale reazione?

E quindi: quale dinamica socio-politica in corso in Francia si intende
sfruttare e quali risultati si vogliono raggiungere?

In Francia lo “Stato profondo” ha a
disposizione un piccolo esercito di islamisti
fanatizzati
. Non sono fondamentalisti islamici in senso classico, ma,
piuttosto, dei balordi, dei disadattati sociali o piccoli criminali, cittadini
francesi di seconda o terza generazione di origine araba che assumono gli
stilemi dell’Islam più retrivo e feroce come riscatto esistenziale.

Lo Stato profondo consente agli ascari jihadisti di attaccare la
Francia. Il bersaglio è la coscienza del
popolo francese
. Si intende sollevare un moto di reazione furente contro il
mondo “altro”, in questo caso musulmano, aizzare l’odio che fa da contraltare a
paura e impotenza. Allo stesso tempo si
vuole determinare una reazione contro l’establishment
. La coscienza
dell’uomo medio, specie se così fortemente sollecitata, non percepisce le
sfumature ma solo il bianco e il nero. Scatta una potente dinamica identitaria
di “noi” e “loro”. Si mescolano razzismo etnico o religioso-culturale,
xenofobia, sciovinismo, recriminazione verso le istituzioni per non avere
garantito la sicurezza, ribellione al potere costituito (le caste dei politici parassiti
e affini). È una manipolazione sociale
che non attecchisce su ogni strato della popolazione, ma solo su alcuni ben
determinati, quelli che servono al progetto
.

Qui si inserisce l’ulteriore elemento, la dinamica politica in atto in Francia, che
può ben essere, di per sé, del tutto spontanea, indipendente, ed estranea all’azione
dello Stato profondo. Il Front National
di Marine Le Pen sta dilagando nelle
fasce popolari, anche in quelle che furono storicamente di “sinistra”, ma anche
nei ceti medi conservatori impoveriti dalla crisi e dalla globalizzazione. Lo Stato profondo prende a schiaffi questo
“popolo”, lo scuote e minaccia e lo spinge in braccio al Front National, senza
che il partito debba necessariamente avere un ruolo nella regia o nella
attuazione di questa “strategia della tensione” transalpina
.

Si entra così in una nuova fase, in un nuovo
ordine, o, meglio, in un caos da riordinare. Ciò che era impensabile fino a
qualche anno fa ora diventa possibile. Non è più vergognoso votare il Front
National, non è più scandaloso che Marine Le Pen diventi presidente.

L’Unione
europea ha fatto il suo tempo, non serve più
. Le élite
sovranazionali “imperiali” (a cui gli Stati profondi rispondono) hanno come
architrave strutturale del proprio potere la divisione politica ed economica
dell’Europa continentale (cioè da Lisbona a Mosca). Nell’età contemporanea a
tale scopo è servita, per quasi mezzo secolo, la “cortina di ferro”.

Poi, durante un ventennio di transizione,
l’Unione europea con il suo allargamento verso oriente, è stata la gabbia dorata (per la Vecchia Europa) o
l’illusione (per la Nuova Europa)
dentro cui neutralizzare le istanze di autodeterminazione, sovranità e
indipendenza dei popoli europei. Ma il
laboratorio non ha tenuto
.

La convergenza naturale dovuta alla
strutturale e straordinaria complementarità
fra mondo germanico e mondo russo
porta ad un’inarrestabile e fatale (dal
punto di vista imperiale) ricerca di coesione. Non sono sufficienti le
transitorie turbolenze politiche artatamente create (come in Ucraina) a
scongiurare il pericolo. Serve una nuova fase, epocale.

Il
programma elettorale di Marine Le Pen prevede la fine dell’euro e l’uscita
della Francia dall’Unione. Un minuto dopo l’Unione europea sarebbe dissolta
. La
Francia avrebbe anche una nuova collocazione geopolitica, più vicina alla
Russia e molto meno atlantica.  Si
andrebbe a porre in netta contrapposizione con il mondo germanico anche dal
punto di vista economico e ricreerebbe quel solco storico che è esistito nei secoli e che nel corso del XX ha
provocato anche due guerre mondiali. L’Europa
tornerebbe a spezzarsi e dividersi nel suo stesso cuore.
La Germania per
non perdere posizioni verso l’asse franco-russo non potrebbe che rispondere
alle sirene dell’Impero atlantico, dismettendo completamente le sue ambizioni
di autonomia.

Sono scenari che potranno avere accelerazioni
o sommovimenti carsici, che potremo vedere realizzarsi compiutamente, nei loro
vari aspetti, in pochi anni come in decenni. Ma se è proprio questa la
direzione che è stata impressa alla storia, allora i popoli europei sono
destinati ad essere solo ignari strumenti nelle mani di élite ferocissime? No,
in realtà. Dalla consapevolezza possono scaturire opportunità inaspettate.

Stiamo certamente assistendo ad una transizione epocale che coinvolgerà e
sconvolgerà l’Europa
. La dissoluzione dell’Unione europea, che qui abbiamo
vaticinato, può anche essere volta a un percorso di autodeterminazione e nuovo
rinascimento. Lo Stato profondo e le
élite sovranazionali non sono infallibili e possono anche essere, al loro
interno, divise
. Dinamiche possono sfuggire al controllo e ritorcersi loro
contro.

Che il popolo francese voti pure Marine Le
Pen, se vorrà farlo. E i francesi escano pure dall’Unione, decretandone la
fine, se vogliono. Ma non lo facciano in preda alla paura, lo facciano con
consapevole, fiera, onesta determinazione. Solo in questo modo i popoli possono
sconfiggere lo Stato profondo
.

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