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Il sarin: volatile come le promesse di Washington

«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°37. Inutile inventare l’uso da parte di Damasco di armi di distruzione di massa, la guerra finirà. [Thierry Meyssan]

Il sarin: volatile come le promesse di Washington
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17 Giugno 2013 - 00.38


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di Thierry Meyssan.

La Siria ha utilizzato oppure no il gas sarin contro
la sua opposizione armata? Dopo aver ossessionato le colonne dei giornali, la domanda
ha trovato per Parigi, Londra e Washington una risposta positiva. La linea
rossa sarebbe stata attraversata. La guerra sarebbe dunque imminente. In
realtà, questo gioco dei media arriva troppo tardi. In termini di diritto
internazionale, la Siria non è firmataria della Convenzione sulle armi chimiche
e può pertanto utilizzarle liberamente. Inutile inventare l’uso da parte di Damasco
di armi di distruzione di massa, la guerra volge al termine.

La questione
dell’uso del gas sarin da parte delle truppe regolari siriane somiglia a un gioco truccato. Interpellato
su questo argomento, il portavoce del ministero degli Esteri siriano, Jihad
Makdisi, dichiarò, il 23 luglio 2012, che il suo paese poteva anche disporne e farne
uso esclusivamente contro dei nemici esterni. Questa dichiarazione è stata
interpretata dalla stampa degli Stati membri della NATO e del CCG come una
minaccia contro i «ribelli», nella
misura in cui Damasco afferma che essi siano – come fu un tempo in Nicaragua – dei
«Contras» in gran parte stranieri. Designava,
infatti, e senza possibili contestazioni, sia i paesi membri della NATO sia
Israele. Il portavoce era stato molto chiaro sul fatto che nessun’arma di
questo tipo sarebbe stata utilizzata contro degli «insorti» siriani.

Indipendentemente
da ciò, i propositi di Jihad Makdisi erano troppo buoni per una NATO che, nel
2003, non aveva esitato a inventare «armi
di distruzione di massa»
irachene. Per due volte, il 20 agosto e il 3
dicembre 2012, il presidente Barack Obama mise in guardia la Siria contro il
ricorso alle armi chimiche. «Se iniziassimo
a vedere certe quantità di armi chimiche dispiegate o utilizzate, ciò cambierebbe
il mio calcolo e la mia equazione»
, dichiarava, tanto per cominciare. E
aggiungeva: «Voglio essere assolutamente chiaro
con Assad e con quelli che sottostanno al suo comando: il mondo vi guarda, l’uso di armi chimiche è e sarà
considerato del tutto inaccettabile. Se fate il tragico errore di utilizzare
queste armi chimiche, ci saranno conseguenze e ne risponderete»
.

I falchi liberali e i neoconservatori fanno quindi una
campagna per un intervento militare occidentale.
Secondo loro, la Siria avrebbe sperimentato una «primavera araba» brutalmente repressa
da un «dittatore». La comunità
internazionale dovrebbe intervenire in nome dei grandi ideali. Ovviamente non
una parola sugli anni di preparazione e di finanziamento di questa «primavera araba» da parte della NATO e del
CCG, per appropriarsi degli idrocarburi siriani e imporre un regime sionista islamista.
Così, la professoressa Anne-Marie Slaughter, ex direttrice della pianificazione
con Hillary Clinton (2009-2011), paragona sulle colonne del Washington Post il lasciar fare di Obama
in Siria al caso ruandese [1].

Nel 2003, la
prova delle «armi di distruzione di massa» irachene provenne da un testimone a
sorpresa. Mentre il capo della missione degli ispettori delle Nazioni Unite,
Hans Blix, conferma davanti al Consiglio di sicurezza che tali armi non
esistono più in Iraq dal 1991, Hussain al-Shahristani, uno scienziato in esilio,
espone una testimonianza che dà ragione al Segretario di Stato Colin Powell:
Saddam Hussein possiede armi chimiche, batteriologiche e nucleari. Le sue
parole sono confermate dall’Istituto Internazionale di Studi Strategici (IISS)
di Londra. Nessuna delle sue affermazioni resisterà alla prova dei fatti. Una
volta che l’Iraq sarà invaso, saccheggiato e distrutto, Washington ammetterà di
aver sbagliato, intanto che il suo falso testimone diventerà Vice Primo
Ministro dell’Iraq «liberato» mentre
l’IISS continua le sue perorazioni.

Questa
volta, il lavoro di intossicazione è da attribuire a Francia e Regno Unito. Le
due potenze coloniali che si erano spartite il Medio Oriente nel 1916 spingono
a un intervento militare occidentale, nonostante i tre veti russi e cinesi. Il
27 maggio, alla vigilia di un incontro cruciale dei ministri dell’UE sulla
possibile fornitura di armi ai «ribelli»,
Le Monde ha pubblicato un’inchiesta
di Jean-Philippe Rémy attestante l’uso di gas sarin a Damasco. Il giornalista
ha dato conto dei campioni di sangue e urine che sono stati testati da un
laboratorio militare francese. Il ministro degli esteri francese, Laurent
Fabius, reagisce come un orologio, seguito dal governo britannico che denuncia un
«crimine di guerra». In definitiva,
secondo la Casa Bianca: «La nostra
comunità di intelligence conferma che il regime di Assad ha usato armi
chimiche, compreso il gas sarin, su piccola scala, contro l’opposizione più
volte durante lo scorso anno»
.

Il problema
è che non ci sono problemi: in primo luogo, l’uso di gas sarin è stato vietato
nel 2007 dalla Convenzione sulle armi chimiche che non è stata ratificata né da
Israele, né dalla Siria [2]. Di fatto, questi due stati possono fabbricarne,
detenerne  e farne uso legalmente senza
commettere «crimini di guerra». In
secondo luogo, l’uso di gas sarin da parte delle truppe regolari, benché
confermato da Parigi, Londra e Washington, rimane altamente improbabile. Il
caso riportato da Le Monde può solo sorprendere:
l’esercito arabo siriano ne avrebbe fatto uso a Damasco, nel quartiere di
Jobar, senza che il gas attraversasse la strada e raggiungesse la popolazione
civile dal resto della capitale. I combattenti colpiti non soffrivano di crisi
epilettiche, il che indicherebbe una debolissima disseminazione. Si curerebbero
con fialette di atropina, ma anche con trattamenti locali, specie collirio, che
apparirebbe inutile per un gas che penetra attraverso la pelle. In breve, le
prove franco-anglo-statunitensi non resisteranno probabilmente di più all’esame
dei fatti di quelle accumulate da George W. Bush e Tony Blair contro l’Iraq.

Nei casi in
cui l’uso di gas sarin venisse considerato un abominio tale da richiedere una
risposta internazionale, c’è ben da domandarsi perché mai le accuse di Carla
del Ponte, membro della Commissione d’inchiesta dell’Alto Commissariato per i
Diritti Umani, non abbiano suscitato le stesse reazioni. Ella ha dichiarato, il
5 maggio 2013, alla televisione svizzera: «Nel
corso della nostra indagine la nostra squadra investigativa ha interrogato nei
paesi vicini le varie vittime nonché i medici negli ospedali da campo ivi dispiegati,
e ho letto la settimana scorsa in un rapporto che vi sono degli indizi concreti,
anche se non sono stati ancora provati in modo inconfutabile, che è stato
utilizzato del sarin. Lo si può dedurre dal modo in cui le vittime sono state
trattate. Ed è stato usato dagli oppositori, ossia dai ribelli, e non dal
governo»
. Le osservazioni della magistrata semplicemente confermavano quanto
rivendicato dall’Esercito siriano libero il quale, il 5 dicembre 2012, mostrava
dei penosi tentativi di dotarsi di armi chimiche e minacciava gli alauiti di farne
uso contro di loro [3]. Tuttavia, non vi è stata alcuna reazione, vista la sferzante
smentita apportata dalla sua stessa Commissione, alla domanda dell’Alto Commissario,
Navy Pilai. In assenza di consegne politiche, le parole dell’ex procuratrice elvetica
impegnavano soltanto lei.

Una volta
ammesso l’uso di sarin da parte dell’esercito regolare, la Casa Bianca dispone
di un argomento per legalizzare quel che ha già fatto fin dall’inizio del
conflitto: fornire armi ai «Contras» [4].

Precipitandosi
sulla breccia, il generale Salim Idriss, comandante in capo dell’Esercito siriano
libero, ha ordinato razzi anticarro e missili terra-aria. Possono essere utili,
ma non decisivi, perché ciò di cui il suo “esercito” ha bisogno, sono
gli uomini molto più che i materiali. Tuttavia, le consegne degli Stati Uniti
dovrebbero essere limitate ad armi leggere e munizioni: la guerra volge al
termine. Washington non spera più di conquistare la Siria, bensì soltanto di fare
liquidare Il Fronte al-Nosra da parte dell’ESL. Coloro che hanno creduto nelle
sue promesse ne faranno le spese. La Turchia è paralizzata da una rivolta contro
i Fratelli musulmani, incarnati da Recep Tayyip Erdoğan, mentre Washington ha appena
costretto l’emiro Hamad Al-Thani a cedere il trono del Qatar a suo figlio
Tamim. I tempi della nuova suddivisione del Medio Oriente, tra russi e statunitensi,
si avvicina.

Note

[1] «Obama should remember Rwanda as he weighsaction in Syria», di Anne-Marie Slaughter, The
Washington Post
, 26 aprile 2013.

[3] «L’ELS mostra il suolaboratorio di armi chimiche», Rete
Voltaire
, 5 dicembre 2012.

[4] «Exclusive: Obama authorizes secret U.S.support for Syrian rebels Â», di Mark Hosenball, Reuters, 1
agosto 2012.

Traduzione a cura di Matzu Yagi.

Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Al-Watan” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”.

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