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François Hollande, il sionista di sempre

'La Francia ha progressivamente abbandonato la sua politica d''indipendenza per stare a fianco degli USA e dell''ultimo stato coloniale. [Thierry Meyssan]

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François Hollande, il sionista di sempre
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24 Novembre 2013 - 15.23


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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°60

di
Thierry Meyssan
.

François
Hollande si è fatto eleggere presidente coltivando le ambiguità.
Eppure bastava leggere le sue precedenti dichiarazioni per constatare
il suo sostegno senza eccezioni allo Stato di Israele. Il
cambiamento che aveva annunciato ai suoi elettori non si è
verificato. Ci fu al contrario la continuità con il suo
predecessore. Non possiamo che riscontrare che la Francia ha
progressivamente abbandonato la sua politica d”indipendenza per stare
a fianco degli Stati Uniti e dell”ultimo stato coloniale.

Valérie
Trierweiler e François Hollande ricevuti da Shimon Peres e Benjamin
Netanyahu (18 novembre 2013).

Alcuni
commentatori hanno spiegato la posizione francese nei negoziati del
5+1 con l”Iran come se fosse dettata dall”Arabia Saudita, oppure
facendo riferimento alla ebraicità del suo ministro degli Esteri,
Laurent Fabius. Tutto questo significa ignorare che la politica
francese in Medio Oriente è profondamente cambiata da nove anni in
qua.

Tutto
è iniziato nel 2004 con la rottura tra Jacques Chirac e Bashar
al-Assad. Il presidente siriano aveva promesso al suo omologo
francese di favorire
Total
in occasione di una gara d”appalto. Ma quando la proposta francese
pervenne al palazzo, era così svantaggiosa per il paese che il
presidente cambiò idea. Infuriato, Jacques Chirac ruppe con la Siria
e presentò la risoluzione 1559 al Consiglio di sicurezza.

Poi,
i francesi elessero Nicolas Sarkozy senza sapere che era stato
parzialmente allevato da uno dei principali dirigenti della CIA,
Frank Wisner Jr. Non contento di essere stato costruito dagli Stati
Uniti, si era scoperto di radici ebraiche e aveva coltivato le sue
relazioni israeliane. La sua politica internazionale è stata dettata
da Washington, ma poiché a quel tempo non vi era alcuna differenza
tra quella d”Israele e quella degli Stati Uniti, è apparso soltanto
che facesse un blocco unico con loro.

François
Hollande è stato designato per 10 anni alla carica di segretario
generale del suo partito a causa della sua mediocrità: non essendo
leader di alcuna corrente né essendo vassallo di alcun leader,
poteva mantenere l”ordine a casa sua custodendo un equilibrio tra i
pretendenti che puntavano all”Eliseo. Si è tenuto fermo al principio
di non avere mai un”opinione personale, di rimanere il più
invisibile possibile. Cosicché durante la sua campagna elettorale
presidenziale ognuno ha creduto di avere a che fare con un uomo
moderato che avrebbe saputo circondarsi di personalità esperte. I
suoi elettori ne risultano le prime vittime.

La
realtà di François Hollande si è rivelata solo una volta giunto
all”Eliseo. Esperto di politica interna, non ne sa granché di
relazioni internazionali. In questo campo, le sue convinzioni gli
provengono da illustri personalità socialiste.

Così,
ha posto la sua candidatura sotto l”egida di Jules Ferry, teorico
della colonizzazione. Su
Le
Figaro
,
il suo amico, il presidente israeliano Shimon Peres, lo ha paragonato
in modo encomiastico a Léon Blum e a Guy Mollet, benché
quest”ultimo non sia più popolare in Francia. Nel 1936, il primo
aveva proposto di oltrepassare il Regno Unito con la creazione dello
Stato di Israele in Libano, che era sotto mandato francese Nel 1956
il secondo tentò di impadronirsi del Canale di Suez, con l”aiuto
dell”esercito israeliano.

Durante
i suoi dieci anni alla testa del partito socialista, François
Hollande ha limitato i suoi interventi sul Medio Oriente, dei quali
proponiamo qui una breve antologia:

• Nel
2000, quando il sud del Libano è occupato, prepara con Bertrand
Delanoe il viaggio del Primo Ministro Lionel Jospin in Palestina. Il
suo discorso comprende una condanna di Hezbollah, che assimila a un
gruppo terroristico.

• Nel
2001, esige le dimissioni del geopolitico Pascal Boniface, colpevole
di aver criticato in una nota interna il cieco sostegno del Partito a
Israele.

• Nel
2004, scrive al Consiglio Superiore dell”Audiovisivo per contestare
l”autorizzazione a trasmettere rilasciata ad
Al-Manar.
Non smetterà di esercitare pressioni finché l”emittente della
Resistenza non sarà censurata.

• Nel
2005, è ricevuto a porte chiuse dal Consiglio rappresentativo delle
istituzioni ebraiche in Francia (CRIF). Secondo il verbale della
riunione, avrebbe recato il proprio sostegno ad Ariel Sharon e
avrebbe fortemente criticato la politica araba gollista. Avrebbe
dichiarato:
«C”è
una tendenza che viene da lontano, la cosiddetta politica araba della
Francia e non è ammissibile che un governo abbia una ideologia. C”è
un problema di reclutamento al Quai d”Orsay e all”ENA e questo
reclutamento dovrebbe essere riorganizzato
».

• Nel
2006, prende posizione contro il presidente Ahmadinejad che ha
invitato a Teheran dei rabbini e degli storici, tra cui alcuni
negazionisti. Finge di ignorare il senso di quel congresso, che
puntava a dimostrare che gli europei avevano sostituito la religione
dell”Olocausto alla loro cultura cristiana. E contro ogni evidenza,
spiega che il presidente iraniano intende negare il diritto di
Israele ad esistere e che si appresta a continuare l”Olocausto.

• Si
mobilita per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit,
sulla base del fatto che costui ha la doppia nazionalità francese.
Non importa che il giovane sia stato fatto prigioniero mentre
prestava servizio in un esercito di occupazione nella guerra contro
l”Autorità palestinese, ugualmente alleata della Francia.

• Nel
2010, pubblica con Bertrand Delanoe e Bernard-Henri Lévy, un forum
aperto su
Le
Monde

per opporsi al boicottaggio dei prodotti israeliani. Secondo lui, il
boicottaggio sarebbe una punizione collettiva, inflitta anche agli
israeliani che operano per la pace con i palestinesi. Un ragionamento
che non aveva tenuto durante la simile campagna contro l”apartheid in
Sud Africa.

In
definitiva, prima del riavvicinamento franco-saudita, e ancor prima
di essere presidente, François Hollande aveva già espresso il suo
sostegno allo Stato coloniale israeliano. E aveva già condannato
l”Asse della Resistenza (Iran, Siria, Hezbollah). La verità è
dunque all”opposto: nell”applicare l”accordo di Quincy, l”Arabia
Saudita si è riavvicinata alla Francia in ragione della sua politica
filoisraeliana.

La
politica del Partito socialista in generale e di François Hollande
in particolare ritrova le sue radici nel colonialismo del XIX secolo,
di cui Jules Ferry fu un araldo e Theodor Herzl un promotore. Oggi, i
sionisti del partito si sono riuniti su iniziativa di Dominique
Strauss-Kahn in seno al discreto e potente Circolo Léon Blum … il
cui presidente onorario , Jean РMarc Ayrault , ̬ diventato il primo
ministro di François Hollande.

 

Thierry
Meyssan, 24 novembre 2013.

Traduzione a cura di Matzu Yagi.

Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare
simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Al-Watan” (Siria),
in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua
russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information
Clearing House”
, in francese sul “Réseau Voltaire”.

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