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Quel che ignorate sugli accordi USA-Iran

Cosa è in gioco in questo imbroglio diplomatico e come Washington intende organizzare il Levante e il Golfo per i prossimi 10 anni. [Thierry Meyssan]

Quel che ignorate sugli accordi USA-Iran
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6 Aprile 2015 - 20.33


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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°123

di
Thierry Meyssan
.

Per
due anni, gli Stati Uniti negoziano segretamente un cessate il fuoco
regionale con l”Iran. Raggiunto un accordo bilaterale, hanno
annunciato una soluzione per il conflitto nucleare e le sanzioni
economiche nel contesto di negoziati multilaterali che trascinavano
dal 2003. Testimone privilegiato, Thierry Meyssan rivela ciò che è
in gioco in questo imbroglio diplomatico e come Washington intenda
organizzare il Levante e il Golfo per i prossimi 10 anni.

I
colloqui bilaterali segreti

Dal
marzo 2013, gli Stati Uniti e l”Iran si parlano in segreto. Questi
contatti sono iniziati segretamente in Oman. Per gli iraniani,
soffocati da un assedio economico e monetario senza precedenti nella
Storia, non si trattava di cedere di fronte all”imperialismo, ma di
raggiungere un cessate il fuoco di pochi anni, il tempo di riprendere
le forze. Per gli Stati Uniti, che sperano di spostare le loro truppe
dal Vicino Oriente verso l”Estremo Oriente, questa opportunità
dovrebbe essere accompagnata da garanzie precise che Teheran non ne
approfitti al fine di estendere un po” di più la propria influenza.

La squadra
statunitense era diretta da due negoziatori senza pari, Jake Sullivan
e William Burns. Non sappiamo chi componesse la delegazione iraniana.
Sullivan era stato uno dei principali consiglieri della Segretaria di
Stato Hillary Clinton, ma non ne condivideva né il cieco sostegno a
Israele, né il fascino per i Fratelli Musulmani. Organizzò le
guerre contro la Libia e contro la Siria. Quando la Clinton fu
espulsa dal presidente Obama, divenne consigliere per la Sicurezza
nazionale del vicepresidente Biden.
È
stato in questa veste che ha intrapreso i colloqui con l”Iran. Per
quanto riguarda Burns, si tratta di un diplomatico di carriera. E,
dicono, uno dei migliori degli Stati Uniti. Si è unito alle
discussioni in qualità di vice del segretario di Stato John Kerry.

Da questi
colloqui sono scaturite almeno due decisioni. In primo luogo, la
Guida della Rivoluzione, l”Ayatollah Ali Khamenei, avrebbe garantito
di escludere Esfandiar Rahim Mashai
—
l”ex

responsabile dei servizi segreti dei Guardiani della Rivoluzione
divenuto capo di gabinetto e consuocero di Mahmud Ahmadinejad
—
dalla corsa per la presidenza. In questo modo, l”Iran avrebbe
abbassato i toni nelle istanze internazionali. Poi, gli Stati Uniti
avrebbero garantito di far abbassare ugualmente i toni dei loro
alleati anti-iraniani e avrebbero sbloccato i negoziati 5+1 sul
nucleare in modo da porre fine alle sanzioni.

In
effetti, con sorpresa di tutti, il Consiglio dei Guardiani della
Costituzione (la metà dei cui membri è nominata dall”Ayatollah
Khamenei) censura la candidatura di Esfandiar Rahim Mashai, mentre i
sondaggi lo davano vincente fin dal primo turno. Grazie alla
divisione del campo dei Rivoluzionari, abilmente gestita dalla Guida,
lo sceicco Hassan Rohani fu eletto. Era l”uomo della situazione,
questo nazionalista religioso, che era stato il capo negoziatore per
il nucleare dal 2003 al 2005. Aveva accettato tutte le richieste
europee, prima di essere sollevato dal suo incarico da Mahmud
Ahmadinejad, quando questi divenne presidente. Rohani aveva seguito i
suoi studi di diritto costituzionale in Scozia e fu il primo contatto
iraniano di Israele e degli Stati Uniti nel corso dello scandalo
Irangate. Durante il tentativo di rivoluzione colorata del 2009,
organizzato dalla CIA con l”aiuto degli ayatollah Rafsanjani e
Khatami, prese posizione in favore dei filo-occidentali contro il
presidente Ahmadinejad. Per inciso, la sua appartenenza al clero
consentirebbe ai mullah di riprendere lo Stato dalle mani dei
Guardiani della Rivoluzione che ne avevano preso il controllo.

Da parte loro,
gli Stati Uniti davano istruzioni ai loro alleati sauditi affinché
abbassassero anche loro i toni e accogliessero con benevolenza il
nuovo governo iraniano. Per alcuni mesi, Riyadh e Teheran si fecero
dei sorrisi, mentre lo sceicco Rohani entrava in contatto personale
con il suo omologo statunitense.

Il
piano della Casa Bianca

L”idea
della Casa Bianca era di prendere atto del successo iraniano in
Palestina, Libano, Siria, Iraq e Bahrain e di lasciare che Teheran
godesse della sua influenza in questi paesi, in cambio di una
rinuncia a proseguire l”espansione della sua Rivoluzione. Avendo
abbandonato l”idea di spartirsi il Vicino Oriente con i russi,
Washington prevedeva di distribuirlo all”Arabia Saudita e all”Iran,
prima di ritirare le sue truppe.

L”annuncio
di questa possibile divisione improvvisamente rafforzò la lettura
degli eventi regionali in un conflitto sunnita (sauditi) – sciita
(iraniani), il che è assurdo perché la religione dei capifila
spesso non corrisponde a quelle dei loro sostenitori.

Tuttavia, questa
divisione ha riportato il Vicino Oriente al periodo del Patto di
Baghdad [1], vale a dire della guerra fredda, salvo che l”Iran
prendeva il posto dell”URSS e le aree di influenze erano distribuite
in modo diverso.

Oltre al fatto
che ciò non poteva che sconvolgere l”attuale Federazione russa,
questa nuova spartizione riportava di nuovo Israele all”epoca in cui
non disponeva dell”ombrello statunitense. Inaccettabile dal punto di
vista del primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore
dell”espansione del suo Paese
«dal
Nilo all”Eufrate
».
Così ha tentato tutto quel che gli è stato possibile per sabotare
il resto del programma.

Pertanto, mentre
un accordo nucleare è stato raggiunto a Ginevra nei primi mesi del
2014, la negoziatrice statunitense, Wendy Sherman, ha fatto leva
sulle pretese israeliane per alzare la posta in gioco. Lei ha
affermato improvvisamente che Washington non si sarebbe accontentata
delle garanzie circa l”impossibilità per l”Iran di costruire la
bomba atomica, ma avrebbe preteso altresì delle garanzie sulla sua
rinuncia a sviluppare missili balistici. Questa esigenza sorprendente
fu bloccata dalla Cina e dalla Russia, che fecero valere il fatto che
essa non era prevista dal Trattato di non proliferazione nucleare né
dall”ambito di competenza del 5+1.

Questo episodio
attesta che la bomba atomica non è mai stata la preoccupazione degli
Stati Uniti in questa materia, sebbene abbiano usato questo pretesto
per contenere l”Iran con un terribile assedio economico e monetario.
Inoltre, il presidente Obama lo ha implicitamente riconosciuto nel
suo discorso del 2 aprile, riferendosi alla fatwa della Guida della
Rivoluzione che vieta questo tipo di arma. In realtà, la Repubblica
islamica dell”Iran ha fermato il suo programma nucleare militare poco
dopo la dichiarazione di Khomeini contro le armi di distruzione di
massa, nel 1988. A partire da ciò, Teheran ha continuato solo le
ricerche civili, sebbene alcune potessero avere implicazioni
militari, per far girare i motori delle navi da guerra, ad esempio.
La posizione dell”Imam Khomeini ha assunto forza di legge con la
fatwa dell”Ayatollah Khamenei, il 9 agosto 2005 [2].

In ogni caso,
Washington nel considerare che Netanyahu è un “fanatico
isterico”, ha passato il 2014 a raggiungere un accordo con
Tsahal. A poco a poco ha preso piede l”idea che – nell”ambito della
spartizione regionale tra l”Arabia Saudita e l”Iran – si dovesse
immaginare un sistema di protezione per la colonia ebraica. Da qui il
progetto di creare una sorta di nuovo Patto di Baghdad, di NATO
regionale, formalmente sottoposta alla presidenza saudita in modo da
essere accettabile per gli arabi, ma in realtà presieduta da Israele
così come il vecchio Patto era presieduto
di
fatto

dagli Stati Uniti sebbene non ne fossero membri. Questo progetto è
stato reso pubblico dal presidente Obama nella sua
Dottrina
di Sicurezza Nazionale
,
il 6 febbraio 2015 [3].

L”accordo
nucleare e la fine delle sanzioni furono dunque rinviate a più
tardi. Washington ha organizzato la rivolta di Tsahal contro Benjamin
Netanyahu, con la convinzione che il Primo ministro non sarebbe
rimasto a lungo al potere. Ma nonostante la creazione di
Commanders
for Israel’s Security

e gli appelli di quasi tutti gli ex alti ufficiali a non votare
Netanyahu, costui è riuscito a convincere il suo elettorato che
fosse l”unico a difendere la colonia ebraica. È stato rieletto.

Per quanto
riguarda la Palestina, Washington e Teheran avevano convenuto di
congelare la situazione di Israele e di creare uno Stato palestinese
in conformità con gli accordi di Oslo. Netanyahu, che spiava non
solo i negoziati dei 5+1, ma anche i colloqui bilaterali segreti, ha
reagito con forza annunciando pubblicamente che, in vita sua, Israele
non lascerà mai riconoscere uno Stato palestinese. Ha dichiarato di
fatto che Tel Aviv non intendeva rispettare la sua firma degli
accordi di Oslo e che conduceva dei negoziati con l”Autorità
palestinese da una ventina d”anni unicamente per guadagnare tempo.

La
Forza araba congiunta

Con la fretta di
finire, Washington e Londra hanno scelto la ribellione yemenita per
concludere. Gli sciiti Huthi alleati ai soldati fedeli all”ex
presidente Saleh avevano preteso e ottenuto le dimissioni del
presidente Hadi che aveva improvvisamente cambiato idea. In realtà
quest”ultimo non era da molto tempo né legale né legittimo. Era
stato prorogato al potere alla fine del suo mandato, sulla base
d”impegni che non aveva mai inteso rispettare. Né gli Stati Uniti né
il Regno Unito avevano particolare simpatia per alcuno dei due campi
che avevano sostenuto alternativamente in tempi diversi. Così hanno
lasciato che l”Arabia Saudita affermasse che questa rivoluzione era
un colpo di Stato e tentasse ancora una volta di annettere questo
paese. Un”operazione militare è stata messa su da Londra per
sostenere Aden dallo stato pirata del Somaliland. Contemporaneamente,
prendendo a pretesto la crisi yemenita, la Lega Araba ha reso
pubblica la parte araba della nuova NATO regionale: la Forza
congiunta araba.

Tre giorni dopo,
è stato ugualmente reso di pubblico dominio l”accordo dei 5+1 che
era stato negoziato un anno prima. Tuttavia, nel frattempo, il
Segretario di Stato John Kerry e il suo omologo iraniano, Mohammad
Javad Zarif, hanno passato in rassegna per un giorno intero tutti i
punti politici in discussione. È stato deciso che Washington e
Teheran avrebbero ridotto la tensione in Palestina, Libano, Siria,
Iraq e Bahrain nei prossimi tre mesi e che l”accordo di Ginevra
sarebbe stato firmato solo alla fine di giugno e per 10 anni se le
due parti avessero mantenuto la parola.

Conseguenze

È
probabile
che Netanyahu cercherà nuovamente, nel corso dei prossimi tre mesi,
di far fallire il piano statunitense. Non ci sarà dunque da
sorprendersi se si assisterà ad azioni terroristiche o a omicidi
politici non rivendicati, ma la cui responsabilità sarà attribuita
a Washington o a Teheran in modo da impedire la firma prevista per il
30 Giugno 2015.

Logicamente,
Washington incoraggerà pertanto un”evoluzione politica in Israele
che limiti i poteri del Primo Ministro. Occorre interpretare in
questo senso il discorso molto duro del presidente Reuven Rivlin
quando ha incaricato Netanyahu di formare il prossimo governo.

– Lo Yemen non è
mai stato affrontato nelle discussioni bilaterali. Se l”accordo sarà
firmato, questo paese potrebbe quindi rimanere l”unico punto di
conflitto nella regione nel corso dei prossimi 10 anni.

– Mentre
Washington conclude un accordo con Teheran e promuove un”alleanza
militare intorno all”Arabia Saudita, conduce una politica inversa con
le società di quegli Stati. Da un lato, promuove una divisione della
regione tra gli Stati, dall”altro sta frammentando le società
attraverso il terrorismo e ha anche appena creato uno sotto-Stato
terrorista, l”Emirato Islamico (“Daesh”).

– In origine, gli
Stati Uniti avevano progettato di costruire la Forza araba congiunta
con gli Stati del Golfo e la Giordania, ed eventualmente il Marocco
più tardi. Vi è là una coerenza tra i regimi interessati.
Tuttavia, l”Oman si è tenuto in disparte benché sia membro del
Consiglio di cooperazione del Golfo. Nel mentre l”Arabia Saudita sta
cercando di usare la sua influenza per includere sia l”Egitto sia il
Pakistan, ancorché quest”ultimo non sia arabo.

Per quel che
concerne l”Egitto, Cairo non ha alcun margine di manovra e deve
rispondere positivamente a tutte le richieste, senza mai impegnarsi
in atti. Il paese non ha alcun mezzo di sussistenza e non può
nutrire la sua popolazione se non grazie agli aiuti internazionali,
vale a dire grazie all”Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti,
alla Russia e agli Stati Uniti. L”Egitto si trova imbarcato nella
“Tempesta decisiva” in Yemen, sempre a fianco delle genti del
Sud, così come durante la guerra civile (1962-1970), tranne che per
il fatto che gli ex comunisti sono diventati membri di al-Qa”ida e
che il Cairo è ormai un alleato della monarchia saudita. In tutta
evidenza, l”Egitto dovrebbe cercare di ritirarsi quanto prima da
questo pasticcio.

– Al di là del
Levante e del Golfo, gli sviluppi regionali andranno a porre problemi
alla Russia e alla Cina. Per Mosca, se il cessate il fuoco di 10 anni
rappresenta una buona notizia, è amaro dover abbandonare le sue
speranze a favore dell”Iran per il solo motivo di aver tardato nel
ricostruire le proprie forze dopo la dissoluzione dell”URSS . Di qui
l”accordo con la Siria per sviluppare il porto militare di Tartus. La
Marina russa dovrebbe stabilirsi in modo permanente nel Mediterraneo,
sia in Siria sia a Cipro.

Per quanto
riguarda la Cina, il cessate il fuoco statunitense-iraniano si
tradurrà rapidamente in un trasferimento dei GI”s dal Golfo
all”Estremo Oriente. Già ora, il Pentagono prevede di costruire la
più grande base militare del mondo nel Brunei. Per Pechino, adeguare
il suo esercito al livello è ormai una corsa contro il tempo: la
Cina deve essere pronta ad affrontare l”Impero statunitense prima che
questo sia in grado di attaccarla.

NOTE:

[1]
Il trattato dell”Organizzazione del Medio Oriente (CENTO) o “Patto
di Baghdad” era un”alleanza regionale, inizialmente guidata da
Londra, poi da Washington benché gli Stati Uniti non ne fossero
membri, per contenere l”influenza sovietica, nonché per stabilizzare
le potenze filo-occidentali. Fu firmato nel 1955 e si concluse nel
1974 con la guerra turco-cipriota. Fu ufficialmente sciolto nel 1979
dalla Rivoluzione iraniana. Ricomprendeva l”Iraq, l”Iran, il
Pakistan, la Turchia, il Regno Unito.


[2]
Per uno studio completo della crisi nucleare iraniana si legga: “
Chi
ha paura del programma nucleare iraniano?

di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 4 luglio 2010.


[3]
Obama si riarma
di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 9 Febbraio 2015

Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano“Al-Watan”(Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su“Information Clearing House”, in francese sul “Réseau Voltaire”.

Thierry Meyssan, 5 aprile 2015.

Traduzione a cura di Matzu Yagi.


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