Il movente degli attentati di Parigi e di Bruxelles | Megachip
Top

Il movente degli attentati di Parigi e di Bruxelles

'Solo l''ipotesi di un''operazione decisa dalla Turchia riesce oggi a reggere nell''individuazione di chi sta dietro gli attentati di Parigi e Bruxelles [Thierry Meyssan]'

Il movente degli attentati di Parigi e di Bruxelles
Preroll

Redazione Modifica articolo

28 Marzo 2016 - 21.20


ATF

«Sotto i nostri
occhi» – Cronaca di politica internazionale n°175

di Thierry Meyssan.

Non sappiamo ancora chi sia stato il
mandante degli attentati di Parigi e Bruxelles. Diverse piste sono state esposte.
Tuttavia, solo l”ipotesi di un”operazione decisa dalla Turchia riesce oggi a
reggere. Thierry Meyssan racconta il conflitto segreto che tormenta le
relazioni tra l”Unione europea, la Francia e la Turchia da cinque anni in qua.

Nel 2011, Alain Juppé per la Francia e Ahmet Davutoğlu per la Turchia decidevano segretamente
di creare un Sunnistan a cavallo tra l”Iraq e la Siria (questa sarà la funzione
di Daesh) e uno pseudo-Kurdistan al fine di espellere i curdi dalla Turchia. Il
loro progetto è stato sostenuto da Israele e dal Regno Unito.

DAMASCO (Siria) – È troppo presto per
identificare con certezza il mandante degli attentati che hanno colpito Parigi
il 13 novembre 2015 e Bruxelles il 22 marzo 2016. Tuttavia, per il momento,
solo gli elementi che andremo ad esporre ne forniscono una spiegazione
ragionevole.

* * *

Subito dopo la morte del fondatore
dell”islamismo turco, Necmettin Erbakan, e allorquando era appena iniziata la
“primavera araba”, il governo Erdoğan stipulò un accordo segreto con
la Francia. Secondo un diplomatico che ha studiato questo documento, esso fissa
le condizioni della partecipazione della Turchia alle guerre contro la Libia
(che era appena iniziata) e contro la Siria (che sarebbe seguita). La Francia,
rappresentata dal suo ministro degli Esteri Alain Juppé, si impegna
espressamente a regolare la “questione curda” senza “minare
l”integrità del territorio turco”; una formula contorta per dire che si
sarebbe creato allora uno pseudo-Kurdistan e che vi sarebbero stati espulsi i
membri del PKK. Questo progetto di pulizia etnica, che non è nuovo, era stato fin
lì evocato esclusivamente nella letteratura militare israeliana che descriveva
il nuovo Stato a cavallo tra la Siria e l”Iraq.

Il 31 ottobre 2014, François Hollande accompagna Recep Tayyip Erdoğan sui gradini dell”Eliseo. Un altro
ospite è appena uscito con discrezione dalla porta sul retro, il curdo Salih Muslim.

Il 31 ottobre 2014, il presidente
François Hollande coglie l”occasione di una visita ufficiale di Recep Tayyip Erdoğan
a Parigi per organizzare un incontro segreto all”Eliseo, con il co-presidente
dei curdi di Siria, Salih Muslim. Quest”ultimo, tradendo i curdi della Turchia
e il loro leader Abdullah Öcalan, accetta di diventare il presidente dello
pseudo-Kurdistan che dovrebbe essere creato una volta rovesciato il presidente
democraticamente eletto Bashar al-Assad.

È il momento della battaglia di Kobane.
Per diversi mesi, i curdi siriani difendono la città di fronte a Daesh. La loro
vittoria contro i jihadisti rovescerà la scacchiera politica: se davvero si
vuole combattere i jihadisti occorre allearsi con i curdi. Tuttavia, i curdi
siriani hanno ottenuto la nazionalità solo all”inizio della guerra, fino a quel
momento erano rifugiati politici turchi in Siria, cacciati dal loro paese
durante la repressione degli anni 80. Gli Stati membri della NATO consideravano
allora il PKK, la principale formazione curda della Turchia, come un”organizzazione
terroristica. Ormai vanno a distinguere il PKK turco cattivo dall”YPG siriano
buono, benché le due organizzazioni siano sorelle.

Dopo la battaglia di Kobane, François Hollande cambia di campo e rimarca il
suo sostegno ai curdi con il ricevere all”Eliseo, l”8 febbraio 2015, una
delegazione dell”YPG.

Colpo di scena, l”8 febbraio 2015, la
Francia torna al suo precedente impegno. François Hollande riceve all”Eliseo,
ufficialmente questa volta, il co-presidente dei curdi della Siria fedeli a Öcalan,
Asya Abdullah, e la comandante Nesrin Abdullah in uniforme leopardata. Salih Muslim
è assente dalla riunione.

Erdoğan risponde sponsorizzando un
attentato di Daesh a Suruç contro una manifestazione filo-curda, il 20 luglio
2015. Impadronendosi della retorica occidentale antiterrorista, dichiara allora
guerra sia a Daesh sia ai curdi, ma utilizza i suoi mezzi militari solo contro gli
ultimi. Così facendo, mette fine al cessate il fuoco e rilancia la guerra
civile nel proprio paese. Senza uno pseudo-Kurdistan in Siria, provocherà
l”esodo dei curdi verso l”Europa.

Il 3 settembre 2015, la pubblicazione
della fotografia di un bambino curdo annegato mette il segno sull”inizio di una
vasta ondata migratoria dalla Turchia verso l”Unione europea, soprattutto verso
la Germania. Durante le prime settimane, i leader tedeschi si rallegrano di
questo massiccio afflusso di nuovi lavoratori di cui la loro industria pesante
ha un grande bisogno, mentre i media esprimono la loro compassione per i
profughi in fuga dalla dittatura siriana. Inoltre, il 29 settembre, i dirigenti
francesi e tedeschi hanno approfittato dell”empatia verso i migranti per
studiare la possibilità di sovvenzionare la continuazione della guerra con il versamento
di 3 miliardi di euro alla Turchia; un dono che sarà presentato all”opinione
pubblica come un aiuto umanitario per i rifugiati.

Alla fine di settembre 2015, la Russia
ha iniziato la sua operazione militare contro i jihadisti di tutte le bande. Erdoğan
vede così svanire il suo progetto. Spinge allora Salih Muslim a lanciare
un”operazione di curdizzazione forzata del nord della Siria. Alcune brigate
curde espellono dalle scuole gli insegnanti arabi e assiri e li rimpiazzano con
insegnanti curdi. I siriani si ribellarono e si appellano ai russi che calmano
la situazione, non senza evocare una possibile ulteriore federalizzazione della
Siria. La Francia è un utente non raggiungibile.

Il 13 novembre, la Turchia esasperata dalle
giravolte di François Hollande prende la Francia in ostaggio e sta dietro agli
attentati a Parigi, che causano 130 morti e 413 feriti.

Ho scritto allora: «I governi francesi che si sono succeduti hanno stretto alleanze con
Stati i cui valori sono opposti a quelli della Repubblica. Si sono
progressivamente impegnati a combattere guerre segrete per loro, prima di
ritirarsi. Il presidente Hollande, il suo capo di stato maggiore particolare
generale Benoit Puga, il suo ministro degli Esteri Laurent Fabius e il suo
predecessore Alain Juppé sono ora oggetto di ricatto al quale non si possono
sottrarre se non rivelando in cosa hanno invischiato il paese»
[1].

Terrorizzata, Parigi torna precipitosamente
al piano Juppé del 2011. Con Londra, fa adottare il 20 novembre la risoluzione
2249 del Consiglio di Sicurezza. Con la scusa di combattere contro Daesh, si
tratta di giustificare la conquista della Siria settentrionale per creare,
finalmente, questo pseudo-Kurdistan, dove Erdoğan potrà espellere i “suoi”
curdi. Ma gli Stati Uniti e la Russia ritoccano leggermente il testo in modo
che la Francia e il Regno Unito non possano intervenire senza essere invitati
dalla Siria; una situazione che non manca di ricordare l”operazione coloniale
fallita nel 1956, quando le truppe franco- britanniche tentarono di occupare il
Canale di Suez, con il sostegno di Israele e Turchia, ma dovettero ritirarsi di
fronte alle facce accigliate di USA e URSS.

Durante i cinque mesi e mezzo dell”intervento
russo in Siria, le relazioni turco-russe non hanno smesso di deteriorarsi.
L”attentato contro il volo 9268 Metrojet nel Sinai, le accuse di Vladimir Putin
al vertice del G20 di Antalya, la distruzione del Sukhoi-24 e le sanzioni russe
contro la Turchia, la pubblicazione di fotografie aeree delle autocisterne che
trasportavano il petrolio rubato da Daesh attraverso la Turchia, ecc. Dopo aver
considerato di andare in guerra contro la Turchia, la Russia decide finalmente di
giocare in modo più sottile e di sostenere il PKK contro l”amministrazione Erdoğan.
Sergei Lavrov convince il suo partner statunitense ad approfittare dell”incombente
destabilizzazione della Turchia per organizzare un rovesciamento del dittatore
Erdoğan. Il regime turco, che sa di essere minacciato sia dalla Russia sia
dagli USA, sta cercando di riguadagnarsi qualche alleato. Il primo ministro
Ahmet Davutoğlu si reca il 5 marzo a Teheran, mentre il ministro degli Esteri
iraniano, Mohammad Javad Zarif, si muove ad Ankara il 18 marzo. Ma la
Repubblica islamica non ha intenzione di litigare con le superpotenze.

Il 14 marzo, Putin annuncia il ritiro dei
bombardieri russi, il progetto di pseudo-Kurdistan ridiventa quindi possibile.
Ma Mosca e Washington si prendono una mossa di vantaggio: cominciano a fornire
indirettamente armi al PKK.

Per malasorte, stavolta è l”Unione
europea a non voler più sentire parlare di colonizzazione del Nord della Siria.
La maggioranza degli Stati membri segue la politica estera imposta da Parigi da
cinque anni, con la mancanza di successi che conosciamo. Per marcare il loro
nervosismo, diversi Stati, tra cui il Belgio, hanno concesso l”asilo politico
ai leader curdi turchi. Manifestano il loro malumore al vertice UE-Turchia del 17-18
marzo, durante il quale sono costretti ad adottare definitivamente la
concessione di 3 miliardi di euro annuali ad Ankara.

Ho denunciato allora il comportamento
delle élites europee che, accecate dalla
loro ossessione anti-siriana, riproducevano lo stesso errore del 1938. All”epoca,
ossessionate dal loro anticomunismo, avevano sostenuto il cancelliere Hitler
durante l”annessione dell”Austria e durante la crisi dei Sudeti (accordi di
Monaco di Baviera), senza rendersi conto che stavano armando il braccio che andava
a colpirli [2].

Durante il vertice UE-Turchia, e dunque
in modo indipendente dalle decisioni che sono state prese lì, il presidente Erdoğan
pronuncia un discorso televisivo per celebrare il centounesimo anniversario
della battaglia di Çanakkale (la “Battaglia dei Dardanelli”; la
vittoria dell”Impero ottomano sugli alleati) e in memoria delle vittime
dell”attentato perpetrato ad Ankara pochi giorni prima. Tra l”altro dichiara:

«Non c”è alcuna ragione per cui la bomba che è esplosa ad Ankara, non
esploda a Bruxelles o in un”altra città europea (…) Ecco, faccio appello agli
Stati che aprono le loro braccia che, direttamente o indirettamente ,
sostengono le organizzazioni terroristiche. State accogliendo un serpente nel
vostro letto. E questo serpente che voi nutrite vi può mordere in qualsiasi
momento. Forse guardare le bombe che esplodono in Turchia sui vostri schermi
televisivi non significa nulla per voi; ma quando le bombe cominceranno a
esplodere nelle vostre città, capirete sicuramente come ci sentiamo. Ma allora
sarà troppo tardi. Smettetela di sostenere attività che voi non tollerereste
mai nel vostro proprio paese, tranne quando sono rivolte contro la Turchia»
[3].

Quattro giorni dopo, degli attentati
colpiscono Bruxelles, causando 34 morti e 260 feriti. E affinché non si pensi a
una coincidenza, bensì a un atto deliberato, la stampa turca il giorno dopo si
rallegrava della punizione inflitta al Belgio [4].

Da quando il presidente Erdoğan ha rilanciato
la guerra civile, questa è costata la vita a oltre 3 500 persone in Turchia.

NOTE

[1]La Repubblica francese presa in ostaggio” di Thierry
Meyssan, Rete Voltaire, Megachip, 16 novembre 2015.

[2]Il suicidio europeo di fronte alla Turchia“, di
Thierry Meyssan, Rete Voltaire, Megachip, 21 Marzo 2016.

[3]“Erdoğan minaccia l’Unione Europea”, di Recep Tayyip Erdoğan, Traduzione Matzu Yagi, Rete Voltaire, 18 marzo 2016.

[4]
«
La Turquie
revendique le bain de sang de Bruxelles
»,
par Savvas Kalèdéridès, Traduction Christian, Réseau Voltaire, 24 mars
2016.

Thierry Meyssan, 27 marzo 2016.

Traduzione a cura di Matzu Yagi

[GotoHome_Torna alla Home Page]

Native

Articoli correlati