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Chi esce dall'UE e chi entra in Sé

Al tempo dei commenti facili sul web, è istruttivo seguire opinionisti improvvisati che, anche sui siti lontani dal mainstream, sfogano disagio e rabbia sociale.

Chi esce dall'UE e chi entra in Sé
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16 Ottobre 2013 - 01.25


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di Paolo Bartolini

Al tempo di Internet e del commento facile, è veramente istruttivo
seguire le uscite di opinionisti improvvisati che, anche sui siti di informazione meno compromessi con il mainstream, danno libero sfogo al loro disagio e alla rabbia sociale repressa. Che tutti parlino di tutto, che ognuno ritenga di poter dire la sua su qualsiasi argomento (arricchendo le proprie “tesi” con insulti gratuiti), questo è un diritto inalienabile per i cultori della democrazia orizzontale a portata di Rete.

D’altronde i nuovi media interattivi hanno reso possibile tutto ciò semplificando al massimo il linguaggio e le idee da condividere online.

Alcuni l’hanno capito per tempo e si sono prontamente attrezzati per definire le regole implicite che guidano un gioco solo apparentemente privo di vincoli. È facile allora che, a partire da queste premesse, sorgano e si diffondano visioni della realtà
fin troppo lineari
.

Sul versante psicologico, al contempo, lo scasso ambientale, sociale e democratico causato dagli spasmi del capitalismo globale, condiziona non solo le grandi masse abbandonate al consumismo, alla pubblicità e all’intrattenimento di infimo
livello
, ma persino coloro che dovrebbero proporre alternative, concrete e praticabili, per uscire dal labirinto dell’attuale modello di sviluppo. Essi –
per una concomitanza di motivi che include in primis la mancanza di
una formazione umana e politica diffusa
, nonché la disarticolazione dei processi di pensiero dovuta al dominio delle nuove tecnologie e del loro linguaggio ipersemplificato – non fanno altro che dedicarsi al Nemico fantasticando azioni di sabotaggio e di ribellione che rimangono fini
a se stesse e aumentano il senso di impotenza dei cittadini. Qui siamo dinnanzi alla tendenza, già nota nelle psicologie del profondo, a proiettare fuori di sé la propria Ombra.

Ecco dunque che, per rimanere alla realtà italiana, la persistente violenza esercitata sui popoli da coloro che governano le sorti dell’Unione Europea, si capovolge facilmente in una reazione automatica di rifiuto verso l’Europa e la moneta unica.

Il nemico ora ha un volto e può attrarre l’odio, il risentimento, il dolore e l’ansia di migliaia di individui che soffrono per l’attuale disastro economico, ecologico
ed occupazionale. Evidentemente gli Stati Uniti prima, e l’Unione Europea adesso, hanno fornito a molti scontenti del nostro tempo materiale grezzo dar forma a un sentimento di esclusione e di rabbia che, senza referenti esterni su cui sfogarsi, rischierebbe di portare all’implosione.

Eppure, ci piaccia o meno, serviranno tanto gli Stati Uniti quanto un’Europa realmente democratica per tentare i primi passi in direzione di una graduale risoluzione dei problemi connessi ai cambiamenti climatici, all’esaurimento delle risorse, alla regolazione della finanza mondiale e al antenimento della pace.

Difatti solo grandi attori
sovranazionali
potranno dialogare tra loro per raggiungere una mediazione tra i diversi interessi che sappia anteporre l’Umanità alle brame di possesso nutrite dai vari e confliggenti centri del potere finanziario.

Caduto il muro di Berlino, morto il comunismo storico e ferma restando la convinzione che il capitalismo sia entrato in una nuova fase di contraddizioni strutturali difficilmente superabile mediante le premesse neoliberiste, ci sembra sia giunto il tempo di fare spazio ad una sensibilità nuova in ambito di conflitto e di critica
sociale
.

Tale sensibilità, che è soprattutto una nuova forma di saggezza per i nostri tempi, deve muovere in prima istanza dal riconoscimento delle nostre ombre
interne
, dei nostri fantasmi, della nostra propria brama di crescere a spese degli altri.

Solo un percorso siffatto, che muova da un’integrazione adulta delle nostre ambivalenze, per poi rivolgersi all’esterno mediante azioni concrete di modificazione dell’esistente, potrà trasformare l’azione politica e approdare a quella che Erich
Neumann
ha giustamente chiamato “la nuova etica”.

Evidentemente la nostra proposta non è affatto semplice né immediata, è piuttosto radicale ma in modo assai differente dai radicalismi politici del
Novecento
e dai loro strascichi odierni. La questione che solleviamo riguarda, infatti, niente meno che il nostro ruolo individuale nella Transizione che
ci aspetta e la capacità, da parte di ciascuno di noi, di mantenere un’analisi chiara e veritiera di ciò che accade fuori di noi, senza però dimenticare la collisione di mondi che avviene ogni giorno ed ogni notte nel nostro spazio psichico. È in esso, dobbiamo ammetterlo, che ha messo radici il Potere negli ultimi decenni, riproducendo nel microcosmo individuale le tensioni immani prodotte dalle dinamiche sociali ed economiche contemporanee.

Qui si gioca la guerra più difficile da vincere, l’unica che valga la pena di affrontare per
dar vita ad una società finalmente liberata dall’avidità e dall’ignoranza.

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