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Quelle relazioni complesse tra uomo e ambiente

Cosa sono i Sistemi Socio-Ecologici e perché parlarne in relazione alla Resilienza. [Veronica Olivotto]

Quelle relazioni complesse tra uomo e ambiente
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1 Febbraio 2014 - 20.14


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di Veronica Olivotto

Un modo di capire la resilienza é di associarla ai cosiddetti Sistemi Socio-Ecologici (SSE), ovvero le interrelazioni che esistono tra l’ambiente e le attivitá umane. Queste interazioni sono complesse perché sono composte da sistemi ecologici (quali gli oceani, laghi, fiumi, foreste, pascoli e l’atmosfera) e da sistemi umani (quali le strade, sistemi d’irrigazione e comunicazione).

I sistemi socio-ecologici quindi riconoscono che non esiste ambiente senza l’uomo e neppure sistemi sociali senza l’ambiente (in questo [url”video”]http://www.stockholmresilience.org/21/news–events/seminar-and-events/whiteboard-seminars/7-2-2011-ecosystem-services-and-human-well-being.html[/url], Tim Daw spiega le connessioni tra i due). Chiaramente quando si parla di attivitá umane s’intende la crescente domanda di risorse (per esempio l’acqua potabile) proveniente dai centri urbani e allo stesso tempo la grande quantitá d’inquinamento che questi producono.

La resilienza dei dei SSE urbani dipende dalla capacità di [b][url”generare servizi ecosistemici”]http://www.isprambiente.gov.it/it/temi/biodiversita/argomenti/benefici/servizi-ecosistemici[/url] (ecosystem services)[/b]. I SSE sono composti da sottosistemi multipli le cui dinamiche ecologiche sono strutturate da diverse variabili interne similmente a quanto accade in un organismo umano, composto da organi, i suoi tessuti, le cellule e le proteine.

In un SSE complesso è possibile distinguere dei sottosistemi quali le risorse (per esempio la pesca costiera), le unità di risorse (per esempio le aragoste), gli utenti (i pescatori) e i sistemi di governo di tali risorse (per esempio l’insieme di organizzazioni e regole che governano la pesca in una determinata regione). Questi sistemi sono in parte separati ma allo stesso tempo interagiscono producendo sia effetti a livello dell’SSE sia retroazioni (feedbacks) sui sottosistemi e i suoi componenti ([url”Ostrom, 2009″]http://vw.slis.indiana.edu/talks-fall09/Lin.pdf[/url]).

Quindi gli SSE sono caratterizzati da relazioni multiscalari che avvengono a più livelli. Secondo il modello panarchico* la natura delle interazioni tra livelli può essere di due tipi: top-down quando i cicli più ampi e lenti determinano le condizioni per i cicli sottostanti più piccoli e veloci, o bottom-up quando ciascun livello comunica un piccolo set d’informazioni al livello superiore influenzandone l’evoluzione ([url”Holling, 2001″]http://www.esf.edu/cue/documents/Holling_Complexity-EconEcol-SocialSys_2001.pdf[/url]). Questa spiegazione è piuttosto astratta ma fa parte di quello che Holling definisce “metafore proficue” perchè hanno la possibilità di generare ipotesi testabili.

Holling ci da anche un esempio (che traduco dal suo libro):

“A livello ecologico un esempio di questa situazione occorre quando in una foresta ci sono le condizioni perchè si sviluppi un incendio che si propoga prima verso le fronde di un albero, successivamente ad un’area della foresta fino ad estendersi a tutta essa. Ciascun ciclo in questa cascata di eventi muove verso un sistema più ampio e lento. Un esempio in campo sociale è quello per cui un gruppo di attivisti riesce ad influenzare e cambiare organizzazioni regionali o istituzioni perché quest’ultime sono diventate obsolete o vulnerabili. Un esempio pratico avvenne nel New Brunswick (Canada) quando un piccolo gruppo di attivisti, opponendosi agli insetticidi usati nella foresta, riuscì nel tempo a trasformare le legislazioni e pratiche del sistema regionale di gestione forestale del territorio” ([url”Holling e Gunderson, 2002:76″]http://www.amazon.com/Panarchy-Understanding-Transformations-Natural-Systems/dp/1559638575[/url])

È evidente quindi che lo sviluppo a lungo termine degli SSE é determinato dal cambiamento, che include periodi di crescita/espansione, collasso/crisi e riorganizzazione. Alcuni autori ([url”Carpenter et al., 2001″]https://groups.nceas.ucsb.edu/sustainability-science/2010%20weekly-sessions/session-102013-11.01.2010-emergent-properties-of-coupled-human-environment-systems/supplemental-readings-from-moderator-discussant-jim-heffernan/Carpenter%20et%20al%202001%20Metaphor%20to%20Measurement.pdf/view[/url]) spiegano il concetto di resilienza in relazione ai sistemi socio-ecologici definendola secondo tre parametri: 1) la quantitá di perturbazione che il sistema puó assorbire rimanendo stabile; 2) la capacitá del sistema di auto-organizzazione; 3) l’abilitá del sistema di apprendere e adattarsi (Capacità Adattativa).

In altre parole, secondo Gunderson e Holling (2002), gli SSE necessitano di persistenza. Proprio perché gli SSE sono complessi e caratterizzati da relazioni non lineari (perciò poco prevedibili) la gestione di questi sistemi deve essere resiliente, ovvero aperta al cambiamento, mantenendo una visione regionale invece che solamente locale, ed enfatizzando l’eterogeneità dei sistemi necessari ad accogliere ed assorbire le instabilità portate da eventi futuri. In questo senso la resilienza socio-ecologica si collega alla sostenibilità quando si propone di mantenere la prosperità dei sistemi sociali, economici ed ecologici.

La resilienza di un SSE non è solamente determinata dalla capacità di adattarsi al cambiamento pur rimanendo entro certi limiti che garantiscono stabilità (thresholds), ma è anche caratterizzata dalla capacità di cogliere le opportunità che una perturbazione può comportare di modo da creare le condizioni per la ricombinazione di strutture esistenti, la rigenerazione dei sistemi e l’emergere di nuove traiettorie. Questo implica che un’altra delle proprietà dei SSE è la capacità trasformativa, ovvero la capacità di creare un sistema nuovo quando il sistema vigente diventa insostenibile ([url”Walker et al, 2004″]http://www.ecologyandsociety.org/vol9/iss2/art3/[/url]).

Ad esempio la trasformazione di un SSE può avvenire in seguito alla realizzazione che le legislazioni ed azioni intraprese nel passato sono fallite sotto la spinta di crisi nella disponibilità di risorse o da cambiamenti nei valori sociali. In generale le strade e meccanismi che generano la trasformazione dei SSE sono tutt’altro che compresi.

In conclusione i SSE consentono di guardare sia alle dinamiche dei sistemi (i cicli adattativi, e le relazioni multiscalari o panarchie) che alle proprietà dei sistemi (la resilienza, la capacità adattativa e la capacità trasformativa). Tuttavia ci sono alcune inerzie che rallentano la capacità di studio di questi sistemi: per esempio le scienze ecologiche e sociali hanno spesso seguito traiettorie differenti risultando in modelli di studio sconnessi e in soluzioni “a modello unico”.

Le previsioni degli esperti sulla crisi delle risorse si evidenzia nell’incapacità dei diversi utenti che ne usufruiscono di sviluppare leggi e regole che possano governare efficacemente i SSE, sistemi che, come spiegato sopra, sono sostanzialmente beni pubblici, open-access, e di grande valore per l’umanità.

Alla povertà di modelli governativi efficaci si aggiunge il mancato supporto a quelle azioni, e strategie di livello locale che hanno il potenziale di regolare le risorse in modo più efficiente. Per questo è fondamentale che il principio di diversità non interessi solamente la biodiversità ma anche le risorse istituzionali, spingendo verso processi di co-gestione delle risorse, che accolgono la complessità dei processi SSE verso uno sviluppo resiliente.

* In ambito socio-ecologico i modelli panarchici sono caratterizzati da domini di crisi continuativa.

(28 gennaio 2014)

Immagini| [url”www.sciencemag.org”]www.sciencemag.org[/url]; [url”http://www.huffingtonpost.it/”]http://www.huffingtonpost.it/[/url]

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