Sexting e cyberbullismo. Difendere la fragilità umana dalle logiche del caos | Megachip
Top

Sexting e cyberbullismo. Difendere la fragilità umana dalle logiche del caos

Uno stupro alla luce degli smartphones. Le violenze sono sempre esistite, ma a livello di massa non erano mai esistite forme così accessibili di autoinganno

Sexting e cyberbullismo. Difendere la fragilità umana dalle logiche del caos
Preroll

Redazione Modifica articolo

14 Settembre 2016 - 21.59


ATF

di
Paolo Bartolini
.


Lo spunto per
questa riflessione ci è dato da un episodio
di cronaca particolarmente scabroso
. In estrema sintesi, poiché il fatto è
chiarissimo e deprimente oltremisura:
una ragazza a Rimini subisce violenza sessuale in un bagno di una discoteca; le “amiche” della vittima non trovano di meglio da fare che riprendere
con i loro smartphones l’intera
scena, per poi propagarla sui canali di “comunicazione” a loro disposizione.

Abbiamo già
parlato di come
la violenza e il caos siano la cifra del nostro tempo, tuttavia questa
notizia ci offre l’opportunità di collegare in maniera ancora più precisa la
diffusa adesione al male che registriamo nella società di mercato e la
superfetazione degli strumenti multimediali che – paradossalmente, ma non
troppo – dovrebbero mettere in contatto gli stessi umani che non esitano,
quotidianamente, a lacerare il tessuto dei loro rapporti, a produrre separazione
e competizione nonostante il desiderio bruciante di essere riconosciuti, di
essere qualcuno-per-l’altro.

Il problema
centrale, che viene alla luce in modo sconcertante nel barbaro episodio di
Rimini, ruota attorno al totale
disconoscimento
, da parte di molti ragazzi ma non solo, del bisogno di riconoscimento sotteso al
loro desiderio compulsivo di “visibilità”.

C’è qui però un cortocircuito da sottolineare: il
bisogno arcaico dello sguardo dell’altro per accedere a una vita che possa
dirsi pienamente umana è inevitabilmente intriso di fragilità ontologica, ma
essere fragili, consapevoli della dipendenza che ci lega agli altri, è un segno
di debolezza inconciliabile con le leggi del nostro tempo. Tenerezza, compassione, fragilità condivisa sono esperienze reiette
nell’epoca della forza ostentata, del successo a tutti i costi e del “vantaggio
competitivo”.

Accade dunque che
– e qui risultano preziose le scoperte maturate in seno alla psicologia del profondo – la parte di
noi che non accettiamo, e che ci condannerebbe a sentirci degli sconfitti nella
lotta per l’esistenza, venga umiliata, aggredita, “fatta fuori” per evitare
contraccolpi sull’immagine sociale che si intende dare ai propri simili. Ecco
dunque che, letto in chiave psicoanalitica, l’episodio che stiamo commentando rivela
l’intrico dolorosissimo di menti obnubilate dall’impotenza.

Troviamo allora,
in un unico quadretto che mescola
miserie vecchie e nuove
, un maschio
predatore
, violento, che non concepisce la sessualità se non nella forma
abusante dell’appropriazione, e delle ragazze
svuotate
che, riprendendo tra gli sghignazzi la violenza sulla loro “amica”
ubriaca, ottengono un doppio risultato indispensabile per negare il loro/il
nostro vuoto epocale: da un lato otterranno delle visualizzazioni, susciteranno
con il macabro video un interesse “virale” che da sole non sanno accendere
nelle relazioni umane di tutti i giorni, dall’altro violenteranno e
distruggeranno per interposta persona la fragilità che le minaccia da dentro,
il loro stesso bisogno di aiuto.

Le nuove tecnologie,
che sono perlopiù il prodotto di una logica di intrattenimento finalizzata
all’accumulazione di capitale e hanno l’obiettivo
di tenere costantemente connessi i consumatori ipermoderni
(sulla connessione obbligatoria alla rete si vedano gli scritti di
un pensatore acuto e intransigente come Lelio
Demichelis
), funzionano inevitabilmente da moltiplicatore per questo ibrido
di esibizionismo necrofilo e di ostentazione di potere.

Gli schermi,
sempre più piatti, attraverso cui guardiamo il mondo per molte ore al giorno,
stanno diventando scudi protettivi che inibiscono il processo empatico mentre,
allo stesso tempo, ci illudono di essere con gli altri “in tempo reale”.               

La società in cui
viviamo non è per questo più malvagia di altre; la violenza e l’insensibilità sono sempre esistite, ma la novità
assoluta è che, a livello di massa, non erano mai esistite prima delle forme così
accessibili di autoinganno
, delle difese patologiche dalla vita tutte
incentrare sul mito della potenza.

Essere abbastanza
duri, amorali e furbi da conquistare con la forza l’attenzione degli altri,
l’apprezzamento, in definitiva lo sguardo amoroso di altri umani: questo è il
disperato, perché inconsapevole, movimento centrifugo che travolge intere
generazioni prive di una via per entrare in contatto con la propria
interiorità, per esplorare i labirinti
del bisogno e del desiderio di cura, amore e riconoscimento
.

Serve, da parte
della scuola, delle famiglie, delle associazioni, delle istituzioni, un immenso
sforzo nella direzione opposta. Solo una consapevolezza
crescente della nostra fragilità e interdipendenza
può porre le basi per
abbracciare la finitudine della vita e prenderci cura dei bisogni di tutti e
del pianeta.

In quel bagno
sudicio di una discoteca, riprodotto in mille frammenti apparentemente senza
senso, hanno tentato di uccidere la nostra fragilità, di spegnere nei fumi
dell’alcol e della prepotenza l’alba della coscienza e di una solidarietà
possibile.

Sta a noi
riconoscere che quella sporcizia, volenti o nolenti, ci appartiene e che un mondo nel quale non si dia spazio alla
fragilità preziosa dei corpi e delle anime è nemico della vita
.

Educare i giovani
non è possibile se prima, noi adulti, non abbiamo il coraggio di ammettere che
le regole del gioco a cui prendiamo parte sono da rifare. O meglio: che è tempo
di imprimere delle regole a una dinamica socio-economica e culturale che si
nutre di liberismo e conosce solo la legge
del più forte
, che nel nostro caso è immancabilmente anche il più stupido.

[GotoHome_Torna alla Home Page]

DONAZIONE

Native

Articoli correlati