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'Bufale web, Azzariti: ''È impensabile e pericoloso ipotizzare sanzioni'''

Gaetano Azzariti, costituzionalista: Il pensiero critico deve essere salvaguardato e non può avere limitazioni: fa parte della sfera delle libertà.

'Bufale web, Azzariti: ''È impensabile e pericoloso ipotizzare sanzioni'''
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2 Gennaio 2017 - 06.48


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Intervista al costituzionalista Gaetano Azzariti.

Il professor Gaetano Azzariti, costituzionalista de La Sapienza di Roma, vuol fare una premessa: “In questo dibattito sulle fake news si confondono tre diversi piani: la disinformazione, ovvero la propaganda, l’informazione falsa e il pensiero critico. Gli ultimi due sono già regolamentati: se si dà un’informazione falsa esistono sanzioni giuridiche. Il limite del rimedio giudiziario è che arriva tardi, ma c’è. Il pensiero critico deve essere salvaguardato e non può avere limitazioni perché fa parte della sfera delle libertà. In cui rientrano i reati d’opinione, che nel nostro ordinamento sono fin troppi e andrebbero sfrondati. Un caso emblematico è quello di Erri De Luca che sul Tav ha espresso un’opinione critica, discussa e pure discutibile. Ma la sua libertà di pensiero non poteva essere limitata: l’art. 21 della Carta garantisce un principio che sta alla basa della vita democratica”.

Il problema riguarda quindi la disinformazione.

È un terreno molto scivoloso, ma non si può pensare a sanzioni né pubbliche né private. Per una ragione semplice: qui non vale il rapporto vero-falso. La propaganda può essere becera, ma non si può multare. L’unico vero contrappeso è il pluralismo informativo.

Si può dare a un’Authority il compito di multare la disinformazione?

No. Facciamo un esempio: il referendum del 4 dicembre. Si è affermato che con la riforma costituzionale si sarebbero risparmiati 500 milioni di euro. È stato possibile contraddire questa informazione, citando per esempio i dati forniti dall’Ufficio studi del Senato. La disinformazione sulla “riduzione dei costi” è caduta quando un’altra informazione ha chiarito agli italiani che era un imbroglio. Se avessero creduto a quella non verità, o post-verità come si dice ora, l’esito referendario poteva essere diverso; è stato, invece, quello che conosciamo anche grazie al fatto che una notizia con maggior fondamento è prevalsa. Un problema ulteriore è il seguente: se un tempo la disinformazione arrivava dai partiti, ora è istituzionale. Una volta l’informazione istituzionale era noiosa e asettica, oggi è gioiosa e tendenziosa.

A cosa si riferisce?

Si pensi alla cosiddetta “buona scuola”: forse chi l’ha proposta ci crede pure che quella riforma è “buona”, ma è evidentemente un caso di propaganda. Come si può pensare che un’Autorità possa servire per ristabilire la “verità” e magari ci dica quale riforma sia buona o cattiva, solo la discussione pubblica può stabilirlo. Tornando all’intervista del presidente dell’Antitrust, mi pare di capire che l’idea, secondo me condivisibile, sia quella di non poter affidare a chi gestisce i social network il controllo sui contenuti per un potenziale conflitto d’interessi. La soluzione però non può essere trasferire il potere sanzionatorio a un’Agenzia o a una rete di Agenzie. È vero, il web è un tubo complesso. Ci sono molti imbecilli in giro, come diceva Eco. Ma non si può impedire loro di parlare: il passo successivo è impedirgli di votare. L’unico antidoto, ripeto, è il pluralismo informativo. Non dimentichiamo anche che […]

[…]

Per leggere anche il resto dell”intervista, clicca qui:



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