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La povertà è un furto

La povertà non è un fatto di natura ma il prodotto di società ingiuste perché inegualitarie e predatrici. In piedi umanità contro il furto della vita! [R. Petrella]

La povertà è un furto
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9 Gennaio 2017 - 22.29


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di Riccardo Petrella

L’IMPOVERIMENTO

La povertà è il risultato dei processi di esclusione umana, sociale, economica e politica fra gli esseri umani (e tra le comunità umane) tipici delle società ingiuste fondate sull’ineguaglianza e l’appropriazione predatrice della vita.

Prima di essere economica, politica o sociale, la povertà è «culturale», cioè è parte dei processi che operano nell’immaginario collettivo concreto, evolutivo delle persone, dei gruppi sociali e dei popoli. È parte della maniera di «vedere l’altro». Gli impoveriti crescono nelle nostre teste.

L’impoverimento non casca dal cielo. Non si nasce poveri, come si nasce donna o uomo, alti o bassi, bianchi o neri, ma si diventa impoveriti.

L’immaginario, la visione non sono sufficienti per fabbricare l’esclusione. Su questa incidono le scelte, i valori, le istituzioni e le pratiche collettive che fanno di una comunità umana un possibile luogo e spazio sociale generatore o no, chi più e chi meno, di esclusione.

UN FURTO, DI COSA?

Il furto della vita. Quando in passato la legge stabiliva che solo le persone aventi un reddito superiore a una certa somma potevano votare ed essere eletti a «governare il paese» o, come in Svizzera fino al 1972, le donne erano escluse dal diritto di voto, la legge legalizzava la privazione per tante persone del potere di essere cittadino attivo, di partecipare alla vita politica. Erano impoverite sul piano civile e politico. Il furto aveva luogo ancor prima della loro nascita.

La forma più avanzata di furto della vita, alla nostra epoca, è stata legalizzata nel 1980 allorché la Corte suprema degli Stati Uniti ha autorizzato la brevettabilità del vivente a scopo di lucro, seguita nel 1998 dall’Unione europea. La brevettabilità del vivente significa che è possibile per una persona o un’impresa diventare proprietario esclusivo di un microbo, di una molecola, di una specie vegetale, animale e persino di un gene umano per un periodo da 18 a 25 anni (rinnovabile) e farne l’uso che vuole in nome della conoscenza e della potenza tecnologica. La brevettabilità si traduce in una mercificazione del vivente secondo processi di appropriazione fondati sulla rivalità e l’esclusione.

Così, per esempio, nel campo dei semi, un gruppo sempre più ristretto d’imprese private mondiali si è impadronito del potere di decisione, controllo e uso del capitale biotico del pianeta privando la stragrande maggioranza dei suoi abitanti della garanzia universale pubblica del diritto alla vita (all’alimentazione, alla salute e alla conoscenza…).

Peraltro milioni di contadini sono stati espropriati ed espulsi dalle loro terre in Asia, in Africa ed in America latina e costituiscono il grosso del «popolo mondiale degli impoveriti» e degli affamati. I brevetti sui semi obbligano a pagare un prezzo di mercato per avere accesso a quei beni e servizi essenziali per la vita , quindi, strumentali al diritto alla vita. E ciò costituisce un furto.

A non altro si pensa quando si parla di furto legalizzato nel caso della mercificazione dell’acqua potabile e della privatizzazione dei servizi idrici, compreso il trattamento delle acque reflue.

E che dire delle legislazioni introdotte negli ultimi anni anche nei paesi ricchi detti «sviluppati» in materia del lavoro che hanno stravolto, il mondo del lavoro e la condizione umana e sociale dei lavoratori? Tutti abbiamo sempre riconosciuto il legame fondamentale tra lavoro, reddito,benessere, dignità, da un lato, e diritti sociali, civili e politici, dall’altro. E sappiamo che, nel contesto attuale, il licenziamento è l’anticamera dell’entrata nei processi di impoverimento e di esclusione sociale.

Perché allora, come è successo in queste ultime settimane la Corte europea di giustizia e la Corte di cassazione italiana hanno sentenziato che il licenziamento per soli motivi di redditività (per fare più profitti) è legittimo? Con le loro sentenze, contrarie alla lotta centenaria per la difesa della dignità umana, le due Corti si sono iscritte tra i soggetti produttori d’impoverimento e, quindi, partecipanti al furto della vita.

CHE FARE?

Analisi dettagliate specifiche e rigorose consentono di identificare nei vari campi i soggetti, i processi ed i meccanismi dell’impoverimento in quanto furto della vita. Lo stesso dicasi delle tendenze emerse in favore della concezione ed entrata in funzione di nuove forme di investigazione, valutazione e condanna del furto come atto criminale rispetto alle regole scritte o vissute del diritto internazionale.

Caso particolarmente rilevante e prezioso l’operato di Tribunali internazionali sui crimini dell’umanità o in materia ambientale. Il che significa che il furto può essere combattuto e condannato ed anche eliminato. In Europa, nel campo dell’acqua, sono oggi i tribunali locali – la magistratura di base, autonoma, libera – che dichiarando illegittima la cessazione dell’erogazione dell’acqua o dell’elettricità per insolvenza o morosità, consentono di arrestare il furto, indipendentemente dall’azione dei cittadini stessi.

La giurisprudenza, però, per quanto importante, non è sufficiente. Il furto della vita, rappresentato dall’ineguaglianze e l’esclusione fatte sistema, è l’atto più grave che gli esseri umani abbiano operato e possono fare all’umanità.

Altrettanto forte e sistematica deve essere la lotta contro di esso. Cinque secoli fa, l’uguaglianza rispetto al diritto alla vita fu all’origine di Utopia, l’opera di Tommaso Moro cui, in Occidente, si continua a fare riferimento per valorizzare la costruzione di un altro mondo. Personalmente preferisco ricordare che l’uguaglianza fu alla base della rivoluzione francese e della dichiarazione universale dei diritti umani più di duecento anni fa e della rivoluzione bolscevica contro lo zarismo proprio cent’anni fa.

L’uguaglianza ha ispirato le lotte per il diritto alla vita negli ultimi cinquant’anni in America latina e in Africa e, recentemente, la «primavera araba». Non bisogna mai arrendersi, per la memoria e nel rispetto dei milioni di vittime che sono morte nel passato per difendere la dignità umana , la liberta per tutti, la giustizia e la fraternità.

Oggi, proprio quando il mondo sembra ulteriormente sprofondato nelle barbarie in nome del denaro, non è ammissibile la dispersione degli sforzi. Il fattore più critico alla base di quel che sta succedendo strutturalmente è il sistema finanziario creatosi nel corso degli ultimi quarant’anni.

L’obiettivo principale, integrante tutto il resto, deve essere la demolizione di detto sistema. Tutto vi si rapporta: il tempo, lo spazio, la conoscenza, la tecnologia, i desideri, le cupidigie, la violenza, il potere, la negazione dei diritti, lo sgretolamento delle comunità umane, l’asservimento dell’umanità.

Anche se sembra irrealizzabile, è essenziale promuovere una coscienza ed una volontà coordinate di azioni contro i derivati, la finanza algoritmica al millesimo di secondo, la speculazione e i paradisi fiscali, il segreto bancario, l’incompetenza e la furfanteria delle banche, le grandi concentrazioni bancarie e la banca totale, l’esistenza e il potere delle agenzia di rating, gli inciuci tra soggetti finanziari e organismi dediti al governo delle attività e servizi pubblici quali gli ospedali, l’educazione, l’università, la ricerca scientifica, contro la finanziarizzazione criminale dell’economia, per la ricostruzione delle casse di risparmio pubbliche locali e la separazione tra attività di risparmio e attività di reddito e la loro regolazione funzionale, contro l’indipendenza politica della Bce e delle altre banche centrali, per una nuova generazione di finanza cooperativa e mutualistica, per le monete locali e la demonetizzazione dei beni e servizi pubblici essenziali per la vita, per il primato del potere politico eletto e partecipato sul dominio oligarchico di soggetti finanziari privati mondiali.

Le politiche cosiddette di riduzione e di eliminazione della povertà condotte da quasi mezzo secolo dai gruppi dominanti a livello nazionale e internazionale sono fallite e restano una beffa malvagia nei confronti degli impoveriti.

Una beffa ancor più malvagia se si pensa che l’arricchimento sempre più scandalosamente elevato dei supermiliardari rispetto ai 3,6 miliardi di persone appartenenti alla metà della popolazione mondiale la più povera, legittimato dalle politiche dei dominanti, induce quest’ultimi ad esaltare i miliardari filantropi come i benefattori dell’umanità (Warren Buffet, Bill Gates, i fratelli WalMart…)!

Nessuna delle misure sopra menzionate a proposito della messa fuorilegge del sistema finanziario attuale figura nelle proclamazioni dell’Onu sulla povertà (vedi l’agenda post-2015 sui Sustainable Development Goals -SDG) o nei programmi «antipovertà» dell’Unione europea. Esse/i sono la prova, se necessario, dell’allineamento e sottomissione totale degli Stati agli interessi e priorità dei gruppi oligarchici mondiali.

In piedi, esseri umani. La povertà è un furto, a opera di un sistema mondiale ingiusto.

In piedi, umanità, insieme. Questo è l’augurio, «Un manifesto 2017 per la dignità universale».

L”articolo è stato pubblicato su [url”il manifesto”]www.ilmanifesto.info[/url] del 5 gennaio 2017.

Fonte: [url”Banning poverty”]http://www.banningpoverty.org/la-poverta-e-un-furto/[/url]

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