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Siria. La morte per fame imposta dalla UE

Le sanzioni economiche imposte alla Siria sono un crimine di cui nessuno parla, la causa della spaventosa miseria che sta flagellando il popolo siriano.

Siria. La morte per fame imposta dalla UE
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6 Novembre 2013 - 00.51


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Ha fatto il giro del mondo il caso di Nasr
una bambina di Homs morta di fame “per l”assedio imposto dalle truppe
di Assad”. Notizia per metà falsa. Completamente vera, invece, quella di
Farida,
dodici schegge di granata nel cervello che non potevano essere rimosse
perché il generatore dell”0spedale di Aleppo era senza carburante. Ma
anche in questo caso la colpa non è “di Assad” ma delle sanzioni
economiche imposte alla Siria dall”Unione Europea.


 Un crimine di cui nessuno parla. Sanzioni responsabili della spaventosa miseria che, insieme alle epidemie,
sta flagellando la Siria. Sanzioni economiche che i ministri degli
Esteri dell’Unione Europea – Bonino in testa – (con buona pace dei
“digiuni di Pace” e le lacrime di coccodrillo) annunciano di confermare,
intendendo affrontare la fame che sta dilagando in Siria con due miliardi di euro in “aiuti umanitari”, (e il conseguente foraggiamento di sempre più compiacenti ONG) e con l’apertura di “corridoi umanitari” .



 


Corridoi umanitari?


Nel Diritto internazionale, il termine “corridoio umanitario” (humanitarian corridor),
è generalmente inteso come una fascia di territorio di un paese in
guerra in cui le attività belliche vengono sospese per consentire il
passaggio di convoglî per il trasferimento dei profughi e per
l’assistenza alle popolazioni. Corridoi umanitari, in questi giorni,
sono chiesti, ad esempio, dalla Croce Rossa Internazionale e dal Presidente di turno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU;
ma, nell’agosto di un anno fa, erano stati chiesti (insieme alla
istituzione di “zone cuscinetto” e “No Fly Zone”) anche dai ministri
degli Esteri di Francia e Gran Bretagna e dalla Turchia. Nell’ottobre di quest’anno, stessa richiesta dal vice ministro degli esteri italiano Lapo Pistelli,
all’ultimo incontro dei “Paesi Amici della Siria” (quelli, per capirci,
che stanno supportando gli assedi dei “ribelli” a numerose città della
Siria).


Il
governo di Damasco e la Russia hanno sempre evidenziato come la
richiesta di apertura di “corridoi umanitari” rischia di configurarsi
come una palese violazione della sovranità dello stato siriano e, quindi
pretesto per scatenare la guerra. Vi è a tal proposito la davvero
sospetta richiesta di “corridoi umanitari a guida turco-saudita”
avanzata un anno fa da Anthony Zinni, inviato USA per il Medio Oriente,
il quale – dopo aver specificato che gli aiuti sarebbero stati scortati
da militari – aggiungeva che se le truppe di Assad fossero intervenute
“avrebbero la peggio, come accadde a quelle di Saddam”.


Corridoi
umanitari come possibile quinta colonna per una invasione, quindi. Ma
poi c’è un altro aspetto della questione corridoi umanitari; e cioè il
suo lasciare intendere che in Siria esisterebbero delimitati territori
dove la popolazione sta soffrendo la fame e dove bisogna concentrare gli
aiuti. Non è così. Oggi tutta la popolazione siriana è allo stremo,
addirittura alla fame. E questo non solo per le distruzioni, gli assedi,
i blocchi stradali… dei “ribelli”, ma per il collasso dell’intera
economia nazionale determinata dalle sanzioni.



 


Le sanzioni alla Siria


Le prime sanzioni
(sostanzialmente di ordine militare) contro la Siria risalgono al 9
maggio 2011; il 23 settembre 2011, Catherine Ashton, Alto Rappresentante
per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell”Unione europea,
presenta una nuova serie di sanzioni, di taglio prevalentemente
economico: oltre all’embargo del petrolio, anche il divieto alle aziende
europee di qualsiasi intervento nell”industria petrolifera siriana (pur
se finalizzato al ripristino della funzionalità degli impianti colpite
da atti bellici o terroristici); il divieto di costituire joint-ventures
con aziende siriane; il divieto di fornire alla Banca centrale siriana
banconote e monete prodotte nell”UE; il congelamento dei beni di 18
entità bancarie e commerciali siriane aventi sede in paesi dell”Unione
Europea; il divieto di fornire coperture assicurative per contratti
stipulati con aziende siriane. Nell’aprile 2012 le sanzioni conoscono un
ulteriore inasprimento con il divieto di esportare in Siria prodotti e
tecnologie “dual use”, inseriti – cioè – nel famigerato Regolamento N. 1334/2000
del Consiglio dell’Unione Europea che dovrebbe elencare prodotti e
tecnologie utilizzabili per costruire manufatti sia ad uso civile che
militare. In realtà l’inserimento in questo Regolamento di componenti
quali, ad esempio, alcuni tipi di circuiti elettronici (oggi comunemente
inseriti nella stragrande maggioranza delle apparecchiature) impedisce
di fatto (anche per il lunghissimo iter burocratico
che dovrebbero seguire le aziende) l’esportazione in Siria di ricambi
per alcune produzioni, quali quelle farmaceutiche o alimentari.


Ma
vediamo da vicino gli effetti delle sanzioni che – secondo la Ashton
avrebbero dovuto “aiutare il popolo siriano a realizzare le sue
legittime aspirazioni”. Uno degli studi più approfonditi è “The syrian catastrophe: socioeconomic monitoring report first quarterly report (january – march 2013) prodotto dal Syrian Centre for Policy Research (una struttura accademica che, tra l’altro, non può certo dirsi “Pro-Assad”).


Qualche dato da questo documento.


L’economia
siriana, sostanzialmente in ascesa fino ai primi mesi del 2011,
(l’ultimo decennio registrava un tasso medio di crescita del PIL del
4,45% all’anno), già nella seconda metà di quell’anno (anche, per
l’instabilità dovuta agli scontri militari tra bande di “ribelli” ed
esercito regolare) conosce una contrazione del 3,7% ; nel gennaio 2012
la contrazione, rispetto all’anno precedente sale al 18,8 per cento, nel
dicembre la contrazione arriva all’81% con un tasso di disoccupazione
al 35% (contro il 10,6 pre crisi), mentre sono 3 milioni coloro che non
hanno più un reddito.


Bloccate le esportazioni di petrolio da parte dello stato siriano (ma non da parte dei “ribelli”)
e con le aziende impossibilitate a rifornirsi di pezzi di ricambio,
quello che era uno dei paesi più floridi del Medio Oriente precipita in
un abisso di miseria.



 


Un Paese alla fame


Una tragedia testimoniata da questo davvero toccante appello – pubblicato in Italia dal quotidiano “Avvenire” – delle Suore Trappiste in Siria



 â€œâ€¦..In
città ci si inventa qualcosa, si vende di tutto pur di guadagnare
almeno il pane. Si affitta un’auto, ci si improvvisa trasportatori verso
destinazioni pericolose, dove nessuno accetta di andare. Come George,
padre di tre figli, che pur di lavorare è morto in questo modo ai
confini della Turchia, ucciso da cecchini, “liberatori della Siria”. In
molte campagne i contadini non osano seminare: troppo pericoloso. E poi
manca il gasolio, senza gasolio non vanno le pompe dell’acqua, con cosa
si irriga ? E i trattamenti e i concimi, molti dei quali importati,
soprattutto dopo che sono state bruciate fabbriche chimiche e magazzini,
sono costosissimi e, anche se si dispone di denaro, spesso introvabili.
I più poveri, che hanno solo qualche mucca, la stanno vendendo: tra
mangimi e foraggi il costo degli alimenti è al minimo 60-70 lire siriane
al chilo, quando un litro di latte si vende a 25. I rapimenti, in
tragica crescita, e la delinquenza, sono un’altra conseguenza delle
sanzioni. Certo, direte: che ingenuità! Le sanzioni sono fatte apposta
per esasperare un Paese, e un Paese esasperato significa pressione sui
suoi politici e quindi un intervento democratico efficace. È ciò che
vogliono i vostri politici. Ma la nostra domanda è: lo volete anche voi?
Volete davvero questo? Volete avere responsabilità sulla sofferenza e
la morte di tante persone innocenti, in nome di un “intervento” che loro
non vi hanno chiesto? Sì, il popolo siriano vuole la sua libertà e i
suoi diritti, ma non così, non in questo modo. Così si uccide la
speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo.
” (…)


“Vi
imploriamo di riflettere su una guerra a cui si dà il consenso in nome
di una sedicente prassi democratica. Stiamo parlando delle sanzioni
internazionali, e della strage quotidiana che provocano. Ci commuoviamo e
ci indigniamo (giustamente) alla notizia che in un bombardamento sono
morti bambini e donne. Perché non ci sconvolge il fatto che ci siano
intere famiglie ridotte alla fame a causa nostra? Pensate sia più duro
morire improvvisamente sotto le bombe, o morire di inedia, un giorno
dopo l’altro? È più crudele raccogliere il corpo dei propri figli sotto
le macerie, o vederli lamentarsi e soffrire per giorni per la mancanza
di cibo e medicine? Le sanzioni stanno uccidendo molto più delle bombe.
Uccidono i corpi; uccidono la speranza.


Siete
convinti che bisogna pur pagare un prezzo per ottenere libertà e
democrazia? Allora digiunate, voi, nelle piazze europee, a favore della
Siria. E lasciate che qui ognuno scelga se e come dare la vita per ciò
in cui crede. Costringere un popolo alla fame, alla rabbia, alla
disperazione, perché si ribelli, è forse metterlo in grado di esercitare
una scelta democratica? Che razza di idea di democrazia e di libertà è
mai questa? Il lavoro è una grande forza per un popolo, dà dignità, crea
prospettive, educa alla libertà vera. Uccidere il lavoro è un altro
modo di uccidere vite. Le sanzioni internazionali sono uno strumento
iniquo, perché ipocrita: lascia l’illusione di non sporcarsi le mani con
il sangue altrui.”



 



La Redazione di Sibialiria

Fonte: [url”http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2061″]http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2061[/url]

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