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[con nota di Pino Cabras]
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NOTA DI PINO CABRAS
Fa molto bene Claudio Messora a sottolineare che il vero obiettivo della campagna contro le ”fake news” non erano certo quei cialtroni che infestano il web di notizie false, razziste e irresponsabili per acchiappare clic, che pure ci sono e da chissà chi sono mossi.
No, il vero obiettivo politico era ogni forma di dissidenza informativa, ogni voce non inserita in quell”oligopolio che controlla – con apparente pluralismo ma sostanziale totalitarismo – la galassia dei media tradizionali, un mainstream in radicale crisi di credibilità e ormai in modalità panico.
E fa anche bene Messora a non fare tanti giri di parole quando fa i nomi dei maggiori artefici di questa sistematica volontà di censura, che stanno dentro le istituzioni e nelle aziende dominanti delle telecomunicazioni. Sono nomi che si muovono in un sistema legato mani e piedi al blocco d”interessi di cui Hillary Clinton sarebbe stata il maggiore garante, se non avesse subito il rovescio elettorale. E” un blocco che ha una sua ideologia e che ha ancora molto potere: perciò vuole trasformare l”ideologia in misure concrete, mirate, inesorabili. Così, accanto al lavoro ai fianchi ideologico (in cui si fa aiutare persino da gente che crede di difendere la libertà ), fa un lavoro più sporco, inteso a prosciugare le risorse del dissenso.
Oltre alle personalità e istituzioni citate da Messora, è bene ricordare anche la NATO, un”organizzazione sempre più attenta a inserire nelle azioni di guerra anche la “guerra della percezione”: ha persino redatto un “Manuale di Comunicazione Strategica”, che intende coordinare e sostituire tutti i dispositivi antecedenti che si occupavano di Diplomazia pubblica, di Pubbliche relazioni (Public Affairs), di Pubbliche Relazioni militari, di Operazioni sui sistemi elettronici di comunicazione (Information Operations) e di Operazioni Psicologiche. Sono azioni coordinate ad ampio spettro, portate avanti da strutture dotate di risorse immani e che lavorano ventiquattr”ore su ventiquattro in coordinamento con i grandi amministratori delegati di imprese del calibro di Google.
L”offensiva è dunque in atto e viene da lontano. Un”eminenza grigia molto importante dell”Amministrazione USA uscente, Cass Sunstein, anni fa scrisse un saggio in cui – oltre a teorizzare l”«infiltrazione cognitiva» dei gruppi dissenzienti, da perfezionare spargendo disinformazione, confusione, e calunnie – invitava il legislatore a prendere «misure fiscali» (diceva proprio così) contro i propugnatori delle “teorie cospirazioniste†e per l’assoluto divieto di esprimersi liberamente su quanto sia disapprovato dalle autorità . Ci siamo a suo tempo chiesti dove volesse andare a parare, il prof. Sunstein. Voleva dire che chi dissente paga pegno allo Stato? E come diavolo doveva chiamarsi questa nuova imposta? All”epoca erano misteri e deliri di un professore di Harvard, un costituzionalista che ripudiava i capisaldi della Costituzione scritta americana. Ma nel frattempo quel delirio si è fatto strada e si è fatto sistema di potere. E” bene ricordarlo a quelli che si scandalizzano per Trump senza accorgersi che le ossessioni contro la libertà di espressione hanno colonizzato le istituzioni e i media in cui hanno riposto fiducia, anche a casa Clinton e a casa Obama.
Oggi attaccano Byoblu.com. Ma sarà presto un attacco contro tutti i dissidenti. E” una questione già maledettamente seria.
Anche chi non va d”accordo con Byoblu, con Megachip, con PandoraTV.it e altri ancora, farà bene a sostenerli economicamente e difenderli politicamente. Lo dovrà fare per salvare il pluralismo da un”ondata di “maccartismo 2.0“, un”isteria che vuol fare tabula rasa dell”informazione non allineata.
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