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Sinistra europea e i suoi inutili lamenti

Fuori dalle geremiadi della sinistra sconfitta (meritatamente) in Francia, riflettiamo su quanto accade da anni. Prendiamo Hollande e Corbyn... [Giulietto Chiesa]

Sinistra europea e i suoi inutili lamenti
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8 Dicembre 2015 - 15.20


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di Giulietto Chiesa.


Fuori dalle geremiadi della sinistra sconfitta (meritatamente) in Francia, sarà utile cominciare a riflettere su quanto sta accadendo già da qualche anno.


La spiegazione la si trova subito, confrontando la catastrofe di Hollande con il successo contemporaneo di Jeremy Corbyn nel Regno Unito,
in una elezione locale ma molto significativa, nella quale il suo
candidato ha messo in fila, a grande distanza, i conservatori di Cameron
e l’Ukip di Farage.


Due leader “di sinistra” — parrebbe — uno dei quali viene seppellito
dal disgusto popolare e l’altro trionfa. La risposta è che il primo è
“sotto” e il secondo è “sopra”.


“Sotto” vuol dire, in questo caso, “non credibile”, ma anche
neo-liberista, bugiardo, guerrafondaio, antipopolare, europeo di una
Europa che è sempre più lontana dal popolo, dai popoli europei, dalla
solidarietà, dalla giustizia.

“Sopra” vuol dire sincero, contro la guerra, per una politica di
giusta redistribuzione della ricchezza sociale, coraggioso, non succube
del mainstream media, fautore dell’ indipendenza dagli Stati Uniti
d’America.


La sconfitta di Hollande non è un merito preminente della destra, ma di Marine Le Pen. La destra europea, quella vera, si identifica con la grandi banche d’investimento, sovranazionali per definizione. La sinistra europea si è sdraiata sulla politica delle banche e, dunque, è coricata sul letto di morte a fianco di quella della destra.


Dove sta la differenza? Nel rapporto con la gente, con il popolo, con i suoi sentimenti e con le sue paure. Marine Le Pen
festeggia la vittoria centrando il bersaglio: noi rappresentiamo il
nostro paese, la sua sovranità. Anche Corbyn rappresenta la sovranità
popolare contro i maneggi dei padroni universali. L’una e l’altro, non a
caso, vogliono uscire dalla Nato. Uscire dalla guerra. Forse (anzi è
così) sono arrivati a questo approdo per motivi diversi. Ed è certamente
vero che muovono verso questo approdo con intenzioni diverse.

Ma il fatto nuovo è che si muovono verso un approdo antagonista
rispetto a quello della struttura autoritaria e di controllo,
antidemocratica e repressiva che è divenuta l’Unione europea.


Per questo vincono: perché interpretano
l’inquietudine crescente dei popoli europei. I quali percepiscono il
pericolo, anche se non ne comprendono l’origine e le cause. Non possono,
del resto, proprio perché i maggiordomi del Potere (che sono padroni dei media) gliele hanno accuratamente nascoste.


Queste considerazioni non valgono solo per Francia e Regno Unito.
Valgono per tutta l’Europa. I partiti tradizionali, di destra e di
sinistra (affratellati, anzi avvinghiati gli uni agli altri, dal potere e
dal “centrismo”) strinsero un patto con i rispettivi sudditi: noi vi
diamo il benessere e voi ci date i voti. L’Europa è divenuta quello
spettacolo desolante che vediamo adesso, sulla base di quel patto. Che
ha funzionato nell’epoca ingannevole dell’abbondanza.


Ora l’abbondanza è finita con la crescita, che si supponeva (ma non
era) infinita. Le classi subalterne, a cominciare da quelle “medie”,
hanno cominciato solo ora ad accorgersene. Il patto è stato rotto.
Dall’alto. Tutti capiscono che i poteri non sono più capaci nemmeno di
rattopparlo. Non hanno alcuna ricetta che non sia l’egoismo (questo sì
senza fine) dei loro padroni. Tutti vedono che la prossima generazione
vivrà peggio delle precedenti. Non si sentono più rappresentati dai
vecchi partiti e ne cercano di nuovi.


Cioè si allontanano dal “centro”. In qualche caso li hanno trovati.
Il Front National è uno di questi, sulla destra. Syriza, in Grecia, è
uno di questi, sulla sinistra. Ma anche Alba Dorata, sulla destra. Anche
l’UKIP, sulla destra, in Gran Bretagna. Dove non trovano niente di
niente, se li cercano, li costruiscono: è il caso del Movimento 5
Stelle, in Italia. Mentre, sempre in Italia, tutti i partiti
tradizionali, di destra e di sinistra, si frantumano, si frastagliano,
si sciolgono. E i casi di analoghe diaspore verso le periferie si vedono
dovunque: in Finlandia e in Danimarca, in Olanda, in Spagna, in Belgio,
in Portogallo.


Collocare questi sommovimenti nel vecchio schema di sinistra e di
destra è un errore. Non serve a capire la portata della rivoluzione in
corso. Essa richiede, per essere compresa, il ritrovamento dei valori
fondanti del vivere civile, delle regole, della tradizione. Richiede il rifiuto della globalizzazione. Richiede il ritorno alla natura.
Ciascuno, poi, arriverà a suo modo all’approdo, se si riuscirà a
evitare la guerra, cioè a sopravvivere. Dunque questo è l’imperativo del
momento. Poi, forse, si ricomincerà a discutere. Adesso l’essenziale è
fermare i portatori di egoismo e di morte.

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