‘di Michele Giorgio
Gerusalemme, 7 agosto 2013, Nena News – Bashar Assad l”altro 
giorno ha invocato l”uso della forza come unica strada per chiudere la 
partita con i ribelli armati. Da parte sua Ahmad Jarba, il capo della 
Coalizione Nazionale dell”opposizione, ha precisato che lui alla 
conferenza di Ginevra II sul futuro della Siria potrebbe andarci ma con 
in tasca molte «precondizioni».
Di fronte a queste posizioni che restringono i margini di una possibile trattativa, sono
 solo due le certezze per la Siria: che Ginevra II, evocata ieri anche 
dai ministri degli Esteri di Italia e Russia, Emma Bonino e Serghiei 
Lavrov, non si farà neanche a settembre; e che si è consolidata la 
frattura in tre parti di un Paese che fino a due anni fa era altamente 
centralizzato, ognuna con una propria bandiera, forze di sicurezza e
 sistema giudiziario. In questo quadro sono avvenuti i sequestri del 
gesuita Paolo Dall”Oglio, da una settimana nelle mani di jihadisti 
islamici, e del giornalista de La Stampa Domenico Quirico. Bonino
 si è detta «speranzosa» su una positiva conclusione della vicenda di 
Quirico. «Vorrei dire a lui e sua moglie che non ci diamo per persi e 
continuiamo a cercare», ha affermato la ministra degli Esteri.
Le linee di demarcazione emerse sul terreno sono mobili ma offrono 
indicazioni chiare. La Siria che abbiamo conosciuto fino alla primavera 
del 2011, con a capo Assad, ha una presa salda su un vasto corridoio 
che va dal confine meridionale con la Giordania, comprende Damasco e 
Homs (appena riconquistata dalle truppe governative) e arriva fino alla 
costa mediterranea, dove gran parte della popolazione appartiene alla setta alawita (sciita) del presidente.
I ribelli, quasi tutti sunniti, controllano il territorio con parti 
di Idlib e Aleppo, lungo il fiume Eufrate, fino al confine a Est. Il 
territorio nord-orientale è in buona parte nelle mani della minoranza 
curda che difende la sua conquistata autonomia non più da Damasco 
(l”avversaria storica) ma dagli «arabi», ossia qaedisti e jihadisti, 
appoggiati da battaglioni e clan familiari legati all”Esercito Libero 
Siriano (Esl, la milizia che dovrebbe rispondere agli ordini della 
Coalizione Nazionale di Jarba). 
Una «spartizione» fluida che vede il governo centrale controllare nel 
Nord i capoluoghi, con l”eccezione di Raqqa e parti di Aleppo, e alcune 
basi militari e posti di blocco. Due giorni fa i qaedisti dello Stato 
Islamico in Iraq e nel Levante e del Fronte al Nusra hanno conquistato 
un”importante base aerea nel distretto di Aleppo dopo un assedio durato 
otto mesi. Ormai le autorità centrali sanno di non potere recuperare i 
territori persi a Nord e concentrano gli sforzi nel centro e nel Sud 
della Siria e intorno a Damasco per spazzare vie le ultime roccaforti 
dei ribelli.
Dietro le quinte della guerra civile si svolge un intenso commercio 
tra “nemici”, con jihadisti e qaedisti che attraverso oscuri mediatori 
vendono proprio al governo centrale il petrolio estratto dai giacimenti 
che controllano nel Nord-Est del Paese. Pozzi che stanno 
gradualmente passando alle milizie curde che, capeggiate dai Comitati di
 Protezione Popolare del partito Pyd (espressione locale del Pkk), da 
alcune settimane sono impegnate in combattimenti violenti con gli 
islamisti. I curdi hanno creato proprie forze di polizia e un sistema
 di istruzione che ha al suo centro l”insegnamento della lingua 
nazionale in sostituzione dell”arabo. I jihadisti e l”Els invece hanno 
messo un piedi, specie a Raqqa, strutture amministrative e giudiziarie 
fondate sulla legge coranica.
A Damasco e nel resto del territorio centromeridionale il potere 
centrale cerca di tenere in vita, tra le difficoltà della vita 
quotidiana e la crisi economica, la gestione precedente alla guerra 
civile fondata su di un modello sostanzialmente laico a garanzia delle 
minoranze etniche e religiose che puntellano la stabilità del regime. E 
sulla costa, risparmiata in gran parte dal conflitto, l”esistenza scorre
 più o meno come in passato. A Tartus e Latakiya le spiagge sono 
affollate di bagnanti in questi giorni. Non a caso i ribelli hanno 
lanciato un”offensiva negli ultimi giorni, nella zona a Nord di 
Latakiya, allo scopo di «portare la guerra» a casa di Assad. Da lunedì è
 in corso un attacco su Qardaha – centro abitato con il mausoleo del 
padre del presidente, Hafez Assad – con 10 brigate jihadiste che hanno 
preso il controllo di una decina di piccoli centri alawiti nei pressi 
della cittadina di Salma, popolata invece da sunniti. 
Ahmad 
Abdelqader, un miliziano delle Brigate islamiste «Ahrar al-Jabal», uno 
dei gruppi coinvolti nell”operazione, ha detto a Zaman al Wasl che 
centinaia di famiglie alawite sono in fuga. Dopo Qardaha l”obiettivo è la stessa Latakiya (con un”ampia comunità sunnita). Ma questa regione è troppo importante per Assad
 e l”esercito governativo aiutato dalla milizia dei Comitati di Difesa 
Nazionale, ha lanciato la controffensiva con l”appoggio dell”aviazione.
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