‘
Sulle
pagine de la Repubblica del 9 aprile 2014 si può leggere la traduzione di una
clamorosa inchiesta del grande giornalista investigativo Seymour Hersh, appena pubblicata
dalla London Review of Books. I
lettori della grande corazzata di De Benedetti potranno leggere soltanto oggi
quel che i lettori del nostro piccolo motoscafo pirata hanno potuto leggere giÃ
nel 2013 in decine di articoli: l”attacco chimico dello scorso agosto nell’area
siriana della Ghouta, alle porte di Damasco, fu un complotto ordito per dare il
pretesto a un intervento in Siria degli USA e di altri paesi NATO. Il governo
siriano non aveva affatto causato quella strage.
premio Pulitzer rivela quello che già sapevamo: si orchestrava
un casus belli per bombardare
pesantemente la Siria. Al centro di tutto c’era (e c’è tuttora, ritengo) un orribile
traffico di armi, di azioni stragiste, di corridoi terroristici («la Linea dei ratti»),
un area ambigua di mestatori che non conoscono fin dove arrivano le leve che li
manovrano, un ambiente in cui matura l’inganno che vuole attribuire la strage
chimica ad Assad, per dire che lui ha attraversato «la Linea rossa» e va punito. La leva più vicina che guida i fili dei burattini è la
Turchia di Erdoğan, il cui governo nel giro di pochi anni è passato dallo
slogan “zero problemi con i vicini†all’essere il buco nero della
destabilizzazione dell’area. Il suo strumento di governo sono i complotti “sotto
falsa bandieraâ€, così come lo inchiodano alcune
recenti intercettazioni.
offerto già tempo fa ai nostri lettori il privilegio di capire cosa stava
accadendo davvero in Siria. Per questi articoli ci criticavano, ci davano dei “complottistiâ€,
ci irridevano nei commenti per inserirci a forza nella cornice di quelli che
abbaiano al «gombloddo1!1!» (e i detrattori si sentivano tanto come quelli a
cui non la si dà mica a bere). Fanno lo stesso anche oggi che raccontiamo la
crisi ucraina con punti di vista che stridono con la narrazione dominante.
idee estreme su come risistemare il giornalismo: chiudere le redazioni dei
principali canali televisivi mainstream,
cacciare il 90% dei redattori editoriali e tornare al lavoro fondamentale dei
giornalisti che, diceva, è quello di essere un outsider.
‘