Il fracking di Renzi e quello di Obama | Megachip
Top

Il fracking di Renzi e quello di Obama

'Pubblichiamo dal suo blog l''invettiva di Fulvio Grimaldi contro Renzi e gli altri protagonisti del gioco di complicità con l''Impero, fra guerre e distruzioni ambientali.'

Il fracking di Renzi e quello di Obama
Preroll

Redazione Modifica articolo

11 Aprile 2014 - 00.21


ATF

di Fulvio Grimaldi


“L’abuso di
comprare e vendere voti si diffuse e il denaro iniziò a svolgere un ruolo
importante per l’esito delle elezioni. Più tardi questo processo di corruzione
si estese ai tribunali. E poi all’esercito e, alla fine, la Repubblica fu
assoggettata al potere di imperatori”
. (Plutarco)

“Non
contano i voti, conta chi li conta”.
(Stalin)

“Viviamo
nel mondo di Alice, dove i populisti danno del populista ai politici veri e i
terroristi del terrorista alle loro vittime”.
(Anonimo)

“Uno
Stato totalitario davvero efficiente è quello in cui uno strapotente esecutivo
di boss politici e il loro esercito di manager controlla una popolazione di
schiavi che non devono essere coartati poiché amano la propria servitù
”.
(Aldous Huxley)


In
fondo troverete il grido di rabbia, paura e dolore, del “manipolo di
professoroni” sbertucciato dall’esimia accademica neo-carfagnana che viene
fatta passare per ministra delle riforme. Da molti di costoro mi/ci distanziano
spazi stellari, ma, in assenza di un’insurrezione di milioni contro  la dittatura in corso d’opera, ritengo d’uopo
unirsi a quel grido.


Briganti
di passo, psicopatici, sciacquette e pali da rapina

E’ impressionante, agghiacciante, ma per nulla
paradossale se ci ricordiamo di Togliatti, del Berlinguer Nato e compromissorio
e di quante costoro hanno filiato di creature deformi, che si abbia oggi un
premier di quel post-partito, impegnato nella più reazionaria e fascistica
mutazione degli assetti del paese. Cambiamento, sì, alla Mussolini si direbbe,
ma non basta: ritorno ai Paleologi di Bisanzio, con i piddini, autentica
estrema destra nazionale, nel ruolo degli eunuchi di corte. Fateci i raggi X, a
questo cambiamento, è vedrete lo scheletro della carogna feudale.

Se avete visto il magnifico e sconvolgente “The wolf of Wall Street”, di quel bimbo
di Andersen (“Il re è nudo”) che è Martin Scorsese, avrete compreso l’affinità antropologica
tra quei cannibali e il loro sottoprodotto al mandolino, Renzi. Ma, per capire
il modello che stanno mettendo in opera, conviene fare un breve elenco dei
tratti fisiognomici di una classe di criminali che ha imperversato sulle
Americhe e poi sul mondo dalla Mayflower in qua.


Dal genocidio degli indio-americani a oggi, gli Usa hanno
superato qualsiasi altro Stato della storia per numero di guerre e vittime; in
media una guerra all’anno, sempre portate, mai ricevute. Dal 1945 al 2014 sono
intervenuti militarmente in 90 paesi. Attualmente sono impegnati con forze
speciali, Ong, quinte colonne, bombardieri e droni, colpi di Stato effettuati o
tentati, sanzioni, destabilizzazioni e mercenariato surrogato, in 135 paesi. I
serial-mass-killer insediati nella Casa Bianca dal 1991 hanno ammazzato 3
milioni in Iraq, 40mila in Afghanistan, 4000 in Serbia, 100mila in Libia,
130mila in Siria, migliaia in Pakistan, Yemen, Somalia. Altri milioni li hanno
fatti uccidere da proconsoli e ascari in Ruanda (dove si sono confrontati
Francia e Usa per chi facesse scannare più hutu), Congo, Mali, RAC,
Latinoamerica. E abbiamo saltato Vietnam, Corea, Centroamerica. Con il 4% della
popolazione mondiale contano per il 75% dell’inquinamento globale, l’80% del
traffico e consumo di stupefacenti e il 65% dell’acqua dolce del mondo è stata
avvelenata dagli agro-tossici Usa. Ogni anno la polizia Usa uccide più di 5000
persone disarmate. Con 2,5 milioni di detenuti, sono il paese con il più alto
tasso di carcerazione del mondo. Lo 0,01 più ricco possiede il 23% della
ricchezza nazionale, il 90% più povero il 4%. La loro teoria economica chiamata
“crisi” ha procurato al 3% un più 75% di ricchezza, alle multinazionali più
171%.


Una macchina da devastazione, saccheggio, terrorismo e
morte che, nel nostro paese, ha espettorato una serie di zombie addestrati a tirarsi
uova marce di giorno e banchettare insieme di notte, come dal ‘700, sotto varie
denominazioni, partito repubblicano e partito democratico nordamericani
insegnano. E, come in ogni teatro di marionette che si rispetti, i pupi si
scambiano i ruoli, a seconda delle temperie e delle urgenze di “cambiamento” e
“innovazionie”, da Bertinotti a Renzi, da Occhetto a Letta, da Berlusconi ai
fascisti dichiarati. Di questo avvicendarsi di parti in commedia oggi vediamo l’espressione
più chiara, del tutto de mimetizzata: il blob che si definisce centrosinistra,
socialdemocrazia, rappresentante di classe operaia e ceti popolari, mette in
campo un manipolo di trucidi e sciacquette che soffiano al finto avversario il
modello Chiesa-Wall Street-Pentagono-mafia; gli altri, mutati da grassatori,
puttanieri, ladri, in “moderati”, saltano il fosso e si pretendono a fianco di
operai, ceti medi scarnificati, euroschifati e perfino Putin. Di tutto questo
l’incarnazione più lineare è il capobastone del Colle, transitato dagli inni ai
carri sovietici di Budapest a quelli agli F-35 Usa. Povera Tina Anselmi: la
sinistra che al posto di Marx, ma anche solo di Nenni, appende sopra il letto
Licio Gelli. Chi l’avrebbe mai detto? Forse Lenin quando se la prendeva con
Kautsky


Il mio costante peregrinare tra oasi di sanità umana mi
vieta di condividere la mannaia sul nostro futuro calata da coloro che ci
dicono  di meritare la classe dirigente
di cui sopra, perchè i tratti antropologici di questa corrisponderebbero a
quelli del popolo tutto. Sinnedoche in cui una parte, numericamente una
particina, di ciarlatani e delinquenti viene fatta passare per il tutto, per la
nazione. Dante, Michelangelo, Leopardi, Garibaldi, Gramsci, Rino Gaetano e
Pepito Rossi compresi.  Però è vero che
il sangue nelle vene di costoro, se non intorbidito, si deve essere un bel po’
diluito, se riusciamo a resistere in poltrona davanti a certi vaudeville, oltre
a tutto sempre più Grand Guignol. Con, per opposizione, solo una ruspa truccata
da tanko di chi si vorrebbe fare lo stesso spettacolo tutto da solo.


Lo stupefacente e agghiacciante fatto che un saltimbanco,
incolto e abissalmente ignorante, spargitore di fuffa tossica, manifestamente
imbroglione e bugiardo al solo sguardo volpino da pusher, al solo arricciarsi
della boccuccia a culo di gallina, possa aver affascinato, interessato, anche
solo incuriosito, questi vasti pezzi di società italiana (fuori se la ridono),
è la dimostrazione di cosa ci hanno fatto vent’anni di vaudeville
berlusconiana, con la stuoina “centrosinistra” a fargli strofinare le scarpe.


Il volgare e mediocre Stenterello schiamazzone,
accademico ineguagliato di populismo, restauratore mascherato da rottamatore,
confezionato con un tweet di Bilderberg e carburato da euro-merda e cianuro, ha
fatto meglio in pochi mesi  di Andreotti in
quarant’anni. Si permette di definirsi rullo compressore e, pur essendo di
cartone, l’ignavia di massa gli consente di fare il lavoro dello schiacciasassi
che tutto asfalta e sotto cui niente vive. Nel settore dei bordelli di Stato
che va dal Quirinale a Piazza Navona, i lenoni congiurati perfezionano la
“profonda sintonia” tra pappa, prostitute e clienti, che consacra l’unione tra gli
opposti di un tempo: l’uomo di potere con l’uomo d’onore, il laico con il
bigotto, l’incensurato con il condannato, il presidente con il delinquente,
pace sociale e unità nazionale. Assimilata la pseudo-opposizione parlamentare
sindacale e mediatica, quella residua delle istituzioni e dell’intelletto è
considerata stravaganza di comici e, insistendo in piazza, eversione e
terrorismo (vedi No Tav o No Muos).


Un Capo dello Stato complotta per anni contro il suo
popolo con un Piduista mafioso. Quando costui è sentenziato avanzo di galera
per aver truffato i suoi governati e maltrattato e sputtanato il paese peggio
di Alessandro Borgia, lo rimette in carreggiata insieme al suo clone, l’Ornithomimus Velox. Per eliminare ogni
intralcio alla corsa di questo tiro-a-due, il raccapricciante catafalco carica
la batteria a un vecchio pecoraro, lo rinomina “capo della mafia” e gli fa
minacciare di morte quelli che stanno per dimostrare che, da quando così
stabilirono gli Usa all’atto dello sbarco del ‘43, mafia e repubblica italiana
cosa nostra sono. Da Lima e Mangano ai picciotti renziani Faraone e Gentile, è
il nuovo che avanza.


Nessun Mussolini, nessun Hitler e nemmeno i falsari
elettorali delle democrazie borghesi avrebbero avuto la protervia di
presentarci una legge elettorale così spudoratamente da roulette truccata con
la calamita sotto. Una legge che vieta agli elettori di scegliere i loro
rappresentanti, che, escludendo da ogni voce in capitolo milionate di
cittadini, dà, alla tibetana, potere di vita e di morte sui sudditi a chi
arriva al 20% del 50% di italiani che votano. Neanche la Gorgone Fornero, del
rettilario bancario,  avrebbe osato
sognare la socialdemocratica riduzione in panico e schiavitù delle generazioni
presenti e a venire, grazie ai 36 mesi a tempo determinato, a zompi intervallati
di 4 mesi, dopodiché fuori dalle palle e sotto un altro. Infine, per elevare
l’indispensabile tasso di criminalità, il bellimbusto pitocco fa passare una
legge sulla custodia cautelare che esime dal gabbio quelli che, forse, si
beccherebbero fino a 4 anni, cioè in prima fila i compari elettori e
finanziatori dai colletti bianchi.



Verticalizzare

Dopo l’avvenuta evirazione dei Comuni, abolizione delle
provincie per collocare negli enti sostitutivi altri 30mila clienti, come
dimostrato dai Cinque Stelle, ma soprattutto per togliere di mezzo gli organismi
intermedi di rappresentanza, potenzialmente più vicini al territorio e più
distanti dalle cosche apicali. Obliterazione, grazie allo tsunami
propagandistico dei “costi della politica”, di quell’istanza d’appello e di
controllo che è il Senato. La sua scomparsa, per risparmiare, dicono, 300
milioni (fatti passare per 1 miliardo) ci costerà quanto costò alle libertà
romane, nel passaggio dalla Repubblica al Principato, il Senato trasformato in innocua
camera di compensazione di latifondisti e usurai. Riduzione delle pene per il
voto di scambio, per chi si fa comprare – e obbligare – dai voti procurati
dall’altra criminalità, a conferma dell’unità di gestione aziendale di Stato e
mafia. Voto di scambio sono anche i “o così, o me ne vado”, il classico ricatto
alla “SAW”,  e gli 80 euro “alle
famiglie”. Il “cambiamento” renziano ci riporta al napoletano Lauro che dava
una scarpa prima del voto e l’altra, semmai, dopo.


L’altra sera, a “Servizio Pubblico”, impressionava il confronto
tra una delle neo-Santanchè piddine, tale Picierno, e la senatrice Cinque
Stelle, Paola Taverna, la senatrice dell’incomparabile intervento sulla fiducia
al saltimbanco  Da una parte una robotina
smorfiosa, livorosa, scomposta e scalmanata, della serie che il saltimbanco da
Rignano sull’Arno estrae dal bussolotto sottratto al guitto mannaro, che
sbraitava a memoria balle e supercazzole del suo Fuehrer vernacolare.
Dall’altra, un essere umano in volo sulle ali dell’ironia, dell’intelligenza e
dei dati di fatto. Sarà pure giunto a conclusione indebite il buon Lombroso, ma
davvero colpisce la transumanza, sulla scia di quella dei contenuti, delle
caratteristiche morfologico-comportamentali,  dal personale craxiano a quello berlusconiano
a quello renziano (i fenomeni da Casa degli Orrori di Monti non hanno avuto il
tempo per adeguarsi). Una cosa li accomuna indefettibilmente: l’espressione al
tempo ottusa, volpina e tracotante. Ignara di tutto, salvo che del sillabo del
capo. Tanto enfatica quanto piatta come la deiezione sotto la scarpa.


Mascherine da festa cotillon che si agitano ai piani
bassi dei palazzi dove, in alto, si scatenano i lupi mannari di Wall Street.
Rispetto a quella realizzata nel ’22, la loro dittatura in fieri parrebbe
l’avanspettacolo di Bonolis a fronte di una tragedia di Euripide. Ma le cose
stanno molto peggio. Rispetto ai triumviri e federali di Mussolini, ai
gauleiter e feldmarescialli di Hitler, fenomeno assediato dal resto del mondo,
questi sono i tentacoli di una piovra gigante che abbranca mezzo emisfero,
trequarti  di tutte le bombe atomiche,
mezzo patrimonio produttivo e finanziario, le tecnologie di controllo e
soppressione più avanzate e la complicità del più potente istituto per la
manipolazione religiosa di coscienze  di
tutti i tempi.


A proposito di quest’ultimo, capeggiato oggi dal
quasi-santo Francesco, a strappare i veli dall’umile buonismo esibito da costui
basta la pronuncia della gerarchia cattolica del Venezuela, capeggiata dal
nunzio nominato dal papa, Parolin, avverso al “despota” Maduro, e a sostegno
delle bande di terroristi scatenati dalla Cia contro la nazione bolivariana.
Oscenità imperialista che si affianca alla nomina a consigliere del papa di Oscar
Maradiaga, primate dell’Honduras e complice di quei golpisti che proseguono
nella strage di oppositori, contadini e indigeni. Fin dal suo primo
“buonasera”, si sarebbe dovuto capire che il Bergoglio silente tra i generali
argentini, sarebbe stato l’anti-Chavez dell’America Latina.


Torniamo a bomba. Del rilievo dato al burattino italiota dalla
strategia del Nuovo Ordine Mondiale sono stati testimoni gli augusti visitatori
che si sono precipitati a Roma a completare l’agenda che a Renzi era stata
commissionata nei giri per Londra, Berlino, Bruxelles e Parigi. Per Obama,
d’intesa con il proconsole sul Colle, è stata la consueta
intimazione-consacrazione del vassallo di turno. Per la regina Elisabetta è
stato il rinnovo del patto tra classe dirigente italiana e la secolare loggia
Rothschild-Windsor, sancito nel 1992 in forma definitiva sul suo yacht
“Britannia”, quando emissari come Soros, Draghi, Andreatta, e bancari vari,
concordarono con Ciampi e poi Amato e Prodi la privatizzazione dell’Italia e la
sua riduzione a piattaforma mediterranea di guerre d’aggressione e a hub del
traffico di energia e stupefacenti, terra di rapina per multinazionali
perfezionata nel TTIP, “Partneriato Transatlantico per Commercio e Investimenti”.


Prima mossa domestica, capitoletto dell’ordine di
servizio imperiale eseguito in Ucraina, Venezuela, Iran, Siria, non i soli
F-35, ma la messa fuori gioco di Paolo Scaroni, AD dell’ENI. Non si tratta di
compiangere un lestofante, con stipendio milionario, che s’è aperto la strada
verso giacimenti e rotte petroliferi in tutto il mondo a forza di creste e
tangenti. Così fan tutte ed è la condizione in questo mondo di merda per
assicurare al tuo paese rifornimenti energetici. Specie se di fornitori
incorrotti ne hai solo uno, il Venezuela e quell’altro onesto, la Libia, l’hai
regalato ai terroristi Al Qaida. E per farcene prevedere la detronizzazione
basterebbe la corifea delle banche (“basta
col contante, tutto per via bancaria
”), Milena Gabanelli, con la sua
ossessiva denuncia delle malefatte del capo dell’ENI, in “profonda sintonia”
con l’avversione al tipo da parte di governanti e petrolieri angloamericani,
per le libertà che si prendeva nel saltare, insieme a russi, iraniani, africani
e centroasiatici, i tubi del petrolio e del gas sotto controllo Usa. Per molto
meno Enrico Mattei, e Giorgio Mazzanti furono fatti fuori, uno per attentato,
l’altro per scandalo. Sette sorelle, vecchie, ma sempre arrapate. In un sistema
in cui i petrolieri texani devono tenere in mano il rubinetto dell’energia e
neutralizzare, come predica Brzezinski, demonio all’orecchio di Obama, Bush,
Clinton, Reagan e Nixon, la fisiologica tentazione europea verso l’orizzonte
euroasiatico, Uno come Scaroni risulta incompatibile. Ci vogliono, come per la
Jugoslavia, quinte colonne imperiali che contribuiscano alla debolezza e subalternità
del proprio continente e dei suoi singoli Stati. Renzi è perfetto.



La
vedova nera e la ragnatela

Che per diffondere il Nuovo Ordine Mondiale ci si serva
di nazisti in Ucraina, fascisti e Vaticano in Venezuela, terroristi psicolabili
in tutto il Medioriente, sta nell’ordine delle “profonde sintonie” connaturate a
satrapi del Golfo e totalitarismi soft (e meno soft) euro-atlantici. Cosa nota fin
dai tempi della collaborazione di Wall Street con Berlino dal ’33 al ’42, come da
Gladio, Pinochet, e Papadopulos. L’obliterazione fin della farlocca democrazia
borghese a vantaggio del nuovo feudal-tecnofascismo, dall’empireo affidato alla
guida del Moloch statunitense, risulta indispensabile per la riduzione di tutti
gli altri, temuti mercanti europei in testa, alla sottomissione e dipendenza.
Il frenetico tour di Obama tra i valvassori europei e partner del Golfo serve, si,
a strigliare somari e ronzini che tirano il carro a stelle e strisce, a
rifilargli i bidoni volanti della Lockheed, a stabilizzare basi militari
d’attacco contestate da genti indisciplinate, a rimpannucciare con il tocco
accademico servi cretini a Palazzo Chigi e al Matignon, a ricondurre ad armonia
gli israelo-sauditi incazzati per i mancati interventi in Siria e Iran, a
infliggere sanzioni castranti a chi ci tiene in vita con mercato e gas….  

Ma va visto in sinergia con le mattanze in atto in
Afghanistan, avamposto asiatico anti-russo, il caos creativo del terrorismo nel
Pakistan nucleare, le stragi da droni in Somalia e Yemen, capisaldi
geostrategici non normalizzati, lo sminuzzamento della Siria antisraeliana,
come prima della Libia, le spedizioni degli ascari francesi nel Sahel
dell’uranio e del petrolio, lo spolpamento dell’Ucraina dagli enormi terreni da
assegnare alle multinazionali del cibo e dell’agrocombustibile e dei missili da
piazzare sui piedi di Putin, lo scatenamento del naziterrorismo contro il
Venezuela bolivariano. Tutto questo ambaradan ha per posta qualcosa di più
strategico e vitale perfino del modello totalitario da imporre ovunque, a
garanzia del dominio su risorse e mercati e dell’universalizzazione della Nato.
Perfino della disintegrazione del blocco asiatico russo-cinese, unico
contraltare geopolitico. Qui è in gioco una dittatura mondiale, fatta gestire
agli Usa con stampelle anglosassoni che, attraverso il controllo del rubinetto
dell’energia, regoli i rapporti di forza globali


Il Pakistan e Iran non devono realizzare l’oleodotto che
li unirebbe. Iran, Iraq e Siria non si sognino di approvvigionare, con una
nuova pipeline, l’Europa. Russia ed Europa non devono collegarsi tramite i due
tubi “North Stream” e “South Stream”. Il Venezuela la deve
smettere di assicurare a basso prezzo e con notevoli ricadute politiche e
sociali i paesi poveri dell’area e, magari, domani l’Europa. I recentemente
scoperti enormi giacimenti di gas nel bacino est del Mediterraneo devono essere
sottratti a titolari come Siria, Libano, Gaza, Egitto (apposta paralizzati da
costanti fibrillazioni indotte) e Cipro e messi tutti sotto controllo
israeliano. Ovunque, in questi fastidi recati a “Big Oil”,  c’è stata anche lo
zampino dell’ENI di Scaroni (“Senza il
gas russo siamo nei guai
”). Tutti i percorsi indicati lacerano per il lungo
e per il largo la rete sotto controllo anglo-franco-statunitense e vanificano
il sogno del rubinetto tutto suo. Solleticano l’insubordinazione dell’America
Latina, legano Europa ai detestati Russia e Iran, garantiscono i rifornimenti
alla secca Cina. Nell’impossibilità nella fase di mettere le grinfie su questi
cruciali oleo- e gasdotti, l’Occidente imperiale preme per ridurne
l’importanza, il beneficio ai concorrenti, specie europei, e il reddito ai
produttori.



Fratturare
il mondo

Lo strumento si chiama scisti. Il metodo per estrarli dal
sottosuolo, “fracking”, fratturazione
idraulica. L’esito, la destabilizzazione del pianeta dalle profondità alla
superficie, l’inquinamento delle falde e dei terreni attraverso l’immissione
forzata di enormi quantità d’acqua mista a sostanze chimiche tossiche che
spaccano la roccia e liberano le riserve fossili. E, come sperano, la graduale
riduzione dei flussi dagli Stati indipendenti, sostituiti dal gas liquefatto che
dai destinatari deve poi essere rigassificato. Costi di gran lunga superiori
all’estrazione dai giacimenti e perfino alle energie rinnovabili (quelle che i
petrolieri raccomandano a Sgarbi di demonizzare) e, perciò, uso della potenza
militare, di cecchini nazisti, tagliagole jihadisti e vicerè obbedienti, per
imporne  l’inconveniente adozione.


Il commercio tra Europa e Russia è 10 volte quello tra
Europa e Usa. L’Europa orientale trae un terzo della sua energia dalla Russia e
una bella fetta dall’Iran. L’Italia quasi metà, con il resto che arriva dall’Algeria,
anche per questo in costante guerra di bassa intensità con le armate di
complemento jihadiste, non più dalla Libia, e da fonti minori. Berlino ha 6000
aziende operanti in Russia. Unica a far valere questa situazione è la Germania,
che tenta una resistenza sia alle sanzioni a Mosca, sia alla deriva nazista dell’Ucraina
favorita dagli Usa (il suo candidato al governo di Kiev era il “moderato”
Klitschko, “fottuto”, nelle sue stesse parole, dalla sottosegretaria Usa,
Nuland, con il candidato amerikano Jatseniuk).


Renzianamente Obama 
(vengono tutti dalla stessa caverna) ha promesso a noi e agli altri
bischeri europei tanto gas dai suoi scisti da farci rinunciare a quello finora
preso dalla Russia. E’ vero che le riserve nordamericane  sembrano vaste e sono già fratturate da
migliaia di trivelle (con altrettanti rivolte della popolazione locale). Ma, se
l’Europa ha un po’ di rigassificatori per il gas liquefatto negli Usa, questo
paese non dispone neanche di un solo liquefattore. Nella migliore delle ipotesi
il gas da scisti arriverà in Europa fra quattro anni, convogliato dal primo
liquefattore costruito, capace di spedirci la miseria di 4 miliardi di BCF di
gas al giorno. Basta appena per il Belgio. Quanto poi alla minaccia obamiana di
intaccare le riserve Usa, per abbassare il prezzo dell’idrocarburo e rovinare così
l’economia russa, vale la picconata sui coglioni di chi vuol far dispetto alla
moglie.

E ricordiamo: il fracking  per scisti incastrati tra rocce da far
esplodere, e che dovrà col TTIP essere imposto a un’Europa che già si è
dichiarata disponibile e ha iniziato a spaccare il sottosuolo (anche  in Italia), sarà costosissimo e quindi
provocherà ribellioni tra i consumatori. Sconvolge la pancia della Terra con
l’immissione forzata di gigantesche quantità d’acqua – in prospettiva della
guerra dell’acqua che si sta per scatenare in tutto il pianeta – e conseguente
rottura verticale e orizzontale di ciò che stabilizza i nostri piedi e le
nostre case. Scarseggerà l’acqua per bere, per irrigare, per tutto, e conflitti
e megamigrazioni sconvolgeranno quel che resta della stabilità globale. Questa
specie di deflagrazione nucleare sotterranea è, per i geologi, la certa causa
di fenomeni sismici (non se ne vociferava al tempo del terremoto in Emilia,
regione in cui già si fratturava?). Gli esperti di flussi e gli idrogeologi
prevedono la deviazione, la scomparsa e l’inquinamento a vasto raggio delle
falde acquifere ad opera della chimica frammista all’acqua. Anche qui siamo a
Taffazzi.


Il
grande bluff

Per tutto questo la minaccia di Obama, l’agitarsi delle
lobby petrolifere si riveleranno presto un bluff. I rubinetti da controllare
sono troppi e tutta la strategia dei rifornimenti non danneggerà più di tanto
l’export russo. In compenso manderà in rovina l’Europa. L’ha esplicitato
brillantemente la sottosegretaria Usa, Nuland, col suo “fuck the EU”. Due conseguenze già viste con la guerra alla
Jugoslavia e che molto innervosiscono la riluttante Merkel. D’altra parte pare
un dato, forse non del tutto acquisito, che, nella partita per l’Ucraina, gli
Usa abbiano incassato una scopa, con tanto di settebello. Il ritorno in Russia
della Crimea, assicura, sì, a Mosca i porti e la leva economico-militare del
Mar Nero e del Mediterraneo. Ma tutto l’armamentario orientale della Nato si è
collocato sui piedi dei russi.


Ora esplodono, sì, le rivolte dei russi dell’Est ucraino,
quello ricco e produttivo, che non vogliono essere mutilati del corpo a cui
storicamente e culturalmente appartengono, oltrettutto da parte di un coacervo
di ladri, servi e nazisti. Milioni di russi in Ucraina non ci stanno e le bande
di ratti nazisti di “Settore Destro”, le forze speciali ucraine, i sicari Nato,
perfino i famigerati tagliagole mercenari di “Blackwater”, che gli Usa hanno
dettato a Kiev di spedire alla riconquista della regione russa di Donetsk,
Luhansk e Kharkiv, potranno, per il momento, riprendersi i palazzi di Stato. Ma
l’insubordinazione di quelle popolazioni destabilizzerà Ucraina e progetto euro-atlantico.
Se vi si aggiunge che il 61% di tutti i cittadini ucraini non condivide la
scelta UE, e che ora si beccheranno l’olio di ricino di UE e FMI, si avranno
buone ragioni per assistere a un gioco con gli esiti tutt’altro che sanciti
dalla presa nazista di Kiev.


Spuntata l’arma del baratto quattro bombole di gas
americano contro una sicura, abbondante, di lunga durata e meno costosa,
fornitura di energia russa o, comunque, extra-statunitense; ridicolizzato un
presunto “isolamento” russo, alla vista delle dimensioni e del potenziale del
blocco euroasiatico e delle alleanze che mantiene in tutto il mondo dei non
allineati a Washington, non rimane che la tempesta di contumelie e calunnie
contro Putin.  E qui, leggendo il
“manifesto”, ancora una volta si constata la “profonda sintonia”, l’unità nella
marcia, sebbene al fianco sinistro in coda, con le armate della restaurazione
del colonialismo. Sono gli stessi che si stracciano le vesti per ogni barcone
di migranti che arriva o affonda  e che
poi porgono passarelle di carta stampata 
per aiutare quelle armate a superare il guado verso il “caos creativo”.
Proprio quello che produce quei migranti.


A Putin il “manifesto” & Co., in “profonda sintonia”
con Obama, Nato, “Repubblica”, indirizzano petardi tipo “zar Putin”,
“l’autocrate”, “il despota”, 
“l’omofobo”, il “compare di merende di Berlusconi”, il “carceriere delle
Pussy Riot”, “l’oligarca”. Saranno ventilatori di guano. E poco ci manca alle
“orde incivili degli slavi” del giovane e promettente Napolitano.Tutto deja vue, con Saddam, Gheddafi, Assad,
Chavez, Ahmadinejad, e via spigolando tra i tarli nel rudere dell’Impero. Noi
rispondiamo con un semplice: “Putin, grazie di esistere!”



[GotoHome_Torna alla Home Page]

Native

Articoli correlati