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Le sanzioni come atto di violenza

'La crisi dell''ordine internazionale si aggrava con gli atti della Società delle Sanzioni. L''Europa sta con il cerino in mano: ma avrà ancora gas da accendere? [Midnight Rider]'

Le sanzioni come atto di violenza
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15 Settembre 2014 - 07.38


ATF

di Midnight Rider.

L”8
settembre l”Unione Europea ha approvato ai danni di Mosca un nuovo pacchetto di sanzioni economiche, il terzo da marzo. Le sanzioni sono dettagliatamente
illustrate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 12 settembre, motivate «in considerazione
di azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina».

Le
misure restrittive imposte da Bruxelles impediscono alle aziende europee di
esportare i loro manufatti verso le più importanti imprese del settore petrolifero e della difesa. Anche le cinque principali banche russe sono colpite dalle
sanzioni. Vietata ad esempio l”emissione da parte degli istituti di credito di
obbligazioni e strumenti finanziari con scadenza superiore a 30 giorni.
Inoltre, 24 persone, tra cui gli esponenti politici della Crimea e di
Novorossija, sono state inserite nell”elenco dei soggetti al divieto di viaggio e al congelamento degli asset.

Poche
ore dopo la pubblicazione dei provvedimenti, gli USA hanno approvato misure che
ricalcano quelle europee nei confronti delle stesse entità interessate
dall”embargo di Bruxelles.

Secondo
la percezione generale, le sanzioni sarebbero uno strumento
“pacifico”, infinitamente preferibile ad azioni di tipo bellico, con
il quale esercitare la dovuta pressione per ristabilire la legalità a seguito
di un illecito commesso da parte di un cosiddetto “soggetto
responsabile”, nel caso specifico la Federazione Russa.

Vediamo
quindi a quali illeciti fanno riferimento i tre pacchetti di misure restrittive
varati da marzo ad oggi:


Marzo 2014: il 18 marzo il presidente russo ed il primo ministro della Crimea hanno firmato un accordo che
prevede l”annessione della penisola
alla Federazione Russa in qualità di stato federato. L”accordo è scaturito
sulla base dell”esito del referendum
tenutosi la settimana precedente, in cui gli abitanti della regione hanno
votato a favore dell”annessione alla Russia. Sia il referendum che il risultato
elettorale sono stati dichiarati illegittimi sia da parte del parlamento
ucraino, sia dalla UE e dagli USA, secondo i quali le autorità della Crimea non
hanno la competenza in questi temi. L”annessione è considerata come un atto di
aggressione alla sovranità dell”Ucraina.

Luglio 2014 : il secondo pacchetto di
misure restrittive viene varato sull”onda emotiva dell”abbattimento del Boeing malaysiano in cui viaggiavano 298 persone
tra passeggeri e membri dell”equipaggio. Prima ancora che una commissione d’inchiesta
ufficiale abbia esposto un rapporto informativo sulle cause che hanno provocato
tale abbattimento, USA ed UE, coadiuvate da un”ampia campagna mediatica,
individuano Mosca quale responsabile della catastrofe. L”accusa sostiene che i
ribelli separatisti del Donbass avrebbero erroneamente sparato un missile
terra-aria da un sistema Buk-1, che sarebbe stato loro fornito dalla difesa
russa, così come le armi che l”esercito di Novorossija ha utilizzato nella
guerra civile di questi ultimi mesi.

A parte un filmato sgranato caricato su
YouTube in cui si vede un camion che trasporta un missile, non esistono altre
prove che dimostrino la responsabilità di Mosca nella tragedia. È stato
facilissimo dimostrare l”inattendibilità del video: in un cartellone
pubblicitario che si scorge nello sfondo è indicata una città sotto il
controllo di Kiev. Il rapporto preliminare uscito nei giorni scorsi indica solo
che l”aereo è precipitato per cause esterne, in particolare a causa di una
moltitudine di corpi esterni che avrebbero colpito il Boeing. Il risultato
definitivo dell”inchiesta è previsto soltanto per metà 2015. Ma i sanzionatori
non aspettano né rettificano.

– Settembre 2014: nella serata del 5
Settembre, dopo che gli esponenti politici di Novorossija ed il presidente
ucraino Poroshenko hanno siglato un accordo per il cessate il fuoco a Minsk, voci insistenti danno per imminente
un”altra tranche di sanzioni. Queste erano state fortemente invocate come
strumento di pressione nei confronti della Russia che, secondo un report della
NATO, aveva invaso l”Ucraina per mezzo di truppe militari che combattevano al
fianco dei separatisti.

Per quanto si possa discutere circa
“l”invasione” russa, inizialmente annunciata a causa di un errore di traduzione da parte dell”agenzia Reuters, risulta
quantomeno incomprensibile la tempistica con cui l”Unione Europea avvia la
discussione tra i suoi membri circa l”adozione di nuove misure restrittive nei
confronti della Russia. Infatti durante la conferenza di Minsk, lo stesso
premier della Repubblica Popolare di Donetsk, Aleksandr Zakharchenko, ha
pubblicamente riconosciuto il ruolo di Putin per l”impegno profuso nel
tentativo di trovare un accordo per il cessate il fuoco. 

Il presidente ucraino Poroshenko ha
dichiarato recentemente che le (fantomatiche) truppe russe stanno abbandonando
il territorio ucraino, salvo essere poi smentito dalla NATO.

Nei giorni scorsi sono stati rispettati
gli accordi siglati a Minsk con lo scambio di prigionieri tra le parti. In
altre parole, al momento tutto sta filando per il verso giusto. Risultano
quindi incomprensibili le motivazioni che hanno spinto Bruxelles ad adottare
ulteriori misure punitive nei confronti di Mosca. Si minacciano ritorsioni di
tipo economico qualora la Russia non contribuisca al raggiungimento di una
tregua nel conflitto. Una volta decretato il cessate il fuoco vengono varate le
nuove sanzioni.

Alla luce di questi eventi, è
particolarmente difficile obiettare alle affermazioni del portavoce del
Cremlino Dmitrij Peskov, secondo il
quale l”Europa dimostra di non
essere interessata al raggiungimento di una soluzione pacifica del conflitto in
Ucraina
.

Ed è altresì difficile considerare queste
sanzioni come la risposta ad un atto di illegalità, mancando i presupposti per
aver commesso quest”ultimo.

Se
infatti si potrebbe a lungo dibattere riguardo alla legittimità
dell”autodeterminazione dei crimeani, le responsabilità sull”abbattimento del Boeing sono tutt”altro che dimostrate e i progressi nel processo di pace
sono stati effettivamente registrati.

Mosca
ha dichiarato di ritenere illegali le sanzioni e farà appello al WTO, ma ha confermato di volere
rispondere all”embargo di USA-UE – membri effettivi della Società Delle
Sanzioni – con misure analoghe.

Al
momento non è ancora chiaro quali settori saranno colpiti dalle contro-sanzioni di Mosca. Si parla del
comparto dell”automobile e di quello della moda. Nei giorni scorsi Medvedev
aveva anche minacciato la chiusura dello spazio aereo russo per i vettori
stranieri.

Il
Cremlino sta attualmente valutando l”impatto che le contromisure potrebbero
avere sull”economia interna.

Si
teme il deficit di offerta ed il conseguente innalzamento dei prezzi. Situazione già riscontrata nel settore agro-alimentare dopo l”introduzione
dell”embargo russo.

Ad
agosto Mosca aveva infatti ratificato una serie di misure volte ad impedire
l”importazione di prodotti agro-alimentari provenienti dai paesi che avevano
approvato le sanzioni contro Mosca. Il costo totale del mancato export per la
sola UE ammonta a circa 12 miliardi di
Euro
nel corso di un anno. Pochi giorni dopo le restrizioni sono state
estese anche all”import di abbigliamento e calzature dedicati alle strutture
federali. Per l”Italia la perdita –
solo per quanto concerne l”agro-alimentare – è stimata intorno al miliardo di euro in un anno, circa seicento milioni solo per il 2014. Una cifra
immensa, tenuto conto del fatto che il dato è riferito al solo export, non
tiene cioè in considerazione il fatturato generato dall”indotto e dai servizi
accessori, come ad esempio la logistica ed i trasporti.

I
fondi stanziati da Bruxelles per aiutare i coltivatori in difficoltà a causa
dei mancati introiti derivanti dal mercato russo sono assolutamente
insufficienti e coprono soltanto una limitatissima parte della richiesta.

Ne
deriva quindi che “lo strumento di pressione” presentato come
efficace ed indolore, in realtà qualche piccolo fastidio lo provoca, e non solo
a Mosca, anzi.

In
primo luogo, come abbiamo già visto, c”è un danno a livello economico per i
coltivatori europei. È però importante sottolineare che non si tratta soltanto
della perdita del fatturato, dei mancati introiti in sé e per sé. L”embargo
voluto da Mosca è stato inizialmente fissato per la durata di un anno.

Durante
questo periodo gli importatori russi del settore agro-alimentare dovranno
inevitabilmente sostituire gli
attuali fornitori europei con altri esportatori. Nel caso specifico delle
pesche italiane bloccate in agosto alla frontiera e successivamente rispedite
in Italia, una buona fetta del mercato è stata assorbita dai coltivatori
turchi.

Ma
non è affatto certo, anzi, che ad agosto del 2015 i produttori italiani di
frutta e verdura potranno tornare a ricoprire le posizioni perse nei precedenti
dodici mesi.

Se la
concorrenza straniera avrà lavorato bene offrendo prezzi di acquisto
interessanti, difficilmente
l”importatore cambierà nuovamente fornitore
.

L”effetto teorico dell”embargo dura quindi un
anno, ma il danno economico conseguente può rivelarsi permanente. Anche per altri motivi. In primis, le aziende agricole,
come tutte le imprese, ricorrono ai prestiti bancari. Si tratta di fidi concessi
sulla base di futuri fatturati, in questo caso derivanti dal mercato russo.
Solo che quest”anno questi fatturati non ci saranno, o saranno, nella migliore
delle ipotesi, dimezzati.

I
mancati incassi, a fronte di ingenti spese già sostenute, si traducono spesso
in due situazioni: insolvenza presso
i fornitori per mancanza di liquidità (i quali a loro volta si troveranno in difficoltà
per i mancati pagamenti) e licenziamenti
del personale in surplus.

Si
potrebbe obiettare che i coltivatori europei potrebbero trovare mercati
alternativi, pronti ad accogliere parte dell”offerta inizialmente destinata
alla Russia. Come no. In primo luogo, si parla di beni deperibili che non
possono restare fermi per più di qualche giorno. In secondo luogo, provate a domandare ai produttori polacchi che cosa ha risposto il governo americano alle lororichieste di assorbire i prodotti destinati al mercato russo ed ora rimasti
senza acquirenti e fondamentalmente senza mercato.

Si
può ben dire che Putin abbia agito secondo il detto russo “Colpirò forte
ma in maniera accurata” (“Бить
буду сильно, но аккуратно”
). Non
a caso è stato scelto per primo il settore agro-alimentare
, uno dei pochi
che mostrava segni di ripresa all”interno dell”euro-zona.

Come
già anticipato, non sono ancora note le nuove contro-misure che saranno
adottate da Mosca, ma possiamo essere sicuri che si riveleranno non meno
dolorose di quelle già approvate ad agosto.

Vediamo
quindi che le sanzioni, perlomeno quelle volute dalla Società Delle Sanzioni,
producono delle conseguenze devastanti a livello economico per i cittadini e si
riversano poi sull’intera società italiana ed europea. Il miliardo di euro di
mancati fatturati nel nostro paese produrrà una considerevole perdita per
l”agenzia delle entrate. Tutto ciò ha conseguenze sulle risorse necessarie per
l”erogazione di servizi quali l”assistenza medica, l”istruzione, gli
investimenti per la realizzazione di nuove infrastrutture.

A
queste perdite vanno aggiunti i mancati introiti delle aziende europee che
forniscono apparecchiature militari e le tecnologie per l’estrazione del
petrolio (perdite per cui pochi, al di fuori degli addetti ai lavori,
proveranno profonda compassione).

Un
altro aspetto non meno importante di quello economico è rappresentato dal fatto
che tali misure punitive sanciscono sostanzialmente la fine di rapporti che sono sì commerciali ma sono anche rapporti di
natura umana, preziose relazioni sociali
.

Il
commercio, anche nel 2014, viene promosso da persone che viaggiano, si spostano
per il mondo contaminandosi con culture e modi di pensare diversi. Impollinano
costantemente l”ambiente che li circonda con le proprie esperienze, i contatti,
le emozioni, i ricordi, persino i manufatti che riportano a casa in qualità di
souvenir. Questo tipo di relazioni permette a culture lontane e apparentemente estranee
l”una all”altra di ritrovarsi in un luogo che è necessariamente a metà strada,
perché la base di ogni relazione economica è sempre la mediazione, l”incontro,
la negoziazione, il compromesso.

Tradizioni millenarie sono segnate da
questo tipo di rapporti. Basti pensare alla figura di Marco Polo, mercante
veneziano che è stato fondamentale per far conoscere all”Europa la Cina e
l”Asia centrale per mezzo dei suoi resoconti registrati nel Milione. Questi
rapporti costituiscono le fondamenta per la costruzione di imprese, aziende che
strutturano il nostro tessuto industriale dando lavoro a centinaia di migliaia
di persone.

Pensate
a un”importante azienda del settore della moda, con sede nel trevigiano, che
possiede un centinaio di negozi in Russia.

Quante
sono le persone che lavorano per queste attività commerciali, quante figure
professionali servono per pianificare e gestire il flusso di merci dai siti di
produzione al confezionamento, curare la spedizione, l”assicurazione del
carico, lo sdoganamento, organizzare la consegna, la ricezione, lo smistamento
e la disposizione definitiva della merce?

Quanti
rapporti interpersonali genera questo tipo di scambio commerciale? Quante
persone vengono in Italia o si spostano lungo la Russia per adempiere ai propri
compiti di tipo professionale?

Inevitabilmente
questo tipo di attività e di spostamenti favorisce la creazione di rapporti personali, facilita la conoscenza dell”altro come uomo e
come donna, non solo come entità lavorativa.

Tutto
questo viene annullato dalle sanzioni. Cancellato. Proibito.

I rapporti culturali vengono rescissi
assieme ai contratti
.
Ma la vera ricchezza sta nei primi. Siamo di fatto obbligati a ritornare
indietro di oltre trent”anni, quando la cortina di ferro divideva due mondi che
diffidavano l”uno dell”altro poiché non si conoscevano.

Abbiamo
quindi visto che le misure volute dalla Società Delle Sanzioni non uccidono.
Eppure soffocano lo sviluppo economico, perché pregiudicano l”esistenza di
numerosissime attività commerciali e compromettono in tal modo la qualità ed il
livello di vita di milioni di cittadini europei, costretti loro malgrado a
subire quel che di fatto è un atto di violenza,
ossia “un”azione compiuta mediante
l”abuso della forza da una o più persone che operano con lo scopo di
costringere altri ad agire o a piegarsi contro la propria volontà“
.

Non
si tratta di un”esagerazione. Nessuna delle aziende penalizzate da queste
misure ha scelto liberamente di rimetterci dei soldi. Al momento l”opinione
pubblica, coltivatori a parte, sembra sostanzialmente distratta al riguardo.
Sarà interessante riaggiornarsi tra qualche mese e calcolare quali effetti
devastanti avranno prodotto queste sanzioni.

Quale
sarà allora la cura all”ennesima malattia dell”economia europea? Un ulteriore
inasprimento delle politiche di rigore fiscale tanto care alla Merkel?

Cureremo
quindi la denutrizione con il digiuno totale?

Un
ultimo aspetto, non meno vergognoso ed inquietante dei precedenti, derivante da
queste misure che ormai possiamo tranquillamente denominare atti di violenza
(nei confronti di milioni di cittadini europei), è di tipo politico.

Il
primo nome presente nella lista delle persone fisiche colpite dall”embargo di
Bruxelles è quello di Aleksandr Zakharchenko, il premier della Repubblica
Popolare di Donetsk. Essendo un tipo sempre spiritoso, Zakharchenko ha
dichiarato in proposito: «non ho conti in quei paesi e le ferie le posso fare anche
qua». Per ovvi motivi di opportunità (leggi gli imprenditori che esportano in
Russia e che adesso temono cali vertiginosi per il loro business, già
massacrato da anni di crisi, politiche industriali inesistenti e management
dilettantesco), l”unico giornale ad aver notato l”anomalia è stato Il Sole 24 Ore.

Il
quotidiano di Confindustria ha infatti rilevato il paradosso per cui il primo
nome in calce all”accordo di pace siglato a Minsk sia lo stesso che compare
nella lista dei sanzionati UE. Risultano in questo caso condivisibili le accuse
di Putin, secondo cui l”inclusione nella lista delle persone fisiche colpite
dalle sanzioni europee rappresenta un tentativo di sabotaggio del delicatissimo processo di pace in corso.

La Società delle Sanzioni colpisce i
rappresentanti politici di Novorossija e della Crimea, che vengono quindi
dichiarate entità politiche illegittime. Prima ancora che sia l”Ucraina stessa
a decidere, l”autoproclamata Comunità Internazionale – appunto la Società delle
Sanzioni – li condanna come stati canaglia. Che tipo di conseguenze può avere
questo atteggiamento sull”attuale processo di pace, quando un soggetto che
dovrebbe essere “terzo” condanna aprioristicamente una delle parti
coinvolte prima nel conflitto e successivamente nell”attuale delicatissimo
processo di pace?

Difficile immaginare risvolti positivi
derivanti da queste posizioni.

Abbiamo sin qui osservato la situazione
europea. Ma proviamo a dare un”occhiata a cosa succede in Russia.

Le
sanzioni sicuramente creeranno grossi problemi all”economia, che dipende
fortemente dall”export di gas e di petrolio. Come già accennato sopra,
l”embargo di mosca sui prodotti ortofrutticoli ha causato l”aumento dei prezzi
in conseguenza del calo dell”offerta. Anche le banche stanno vivendo un momento
negativo date le crescenti difficoltà a rifinanziarsi sui mercati globali.

Russia e Cina hanno recentemente sottoscritto nuovi accordi
commerciali che verranno regolati sulla base delle valute locali, ossia il
rublo e lo yuan, con l”effetto di scavalcare il dollaro. Nuovi progetti per la costruzione di importanti infrastrutture nel territorio russo
saranno finanziati da Pechino.

Diversi
analisti sostengono che il vero obiettivo delle sanzioni sia quello di indebolire
internamente la leadership di Putin favorendo in tal modo l”ascesa al Cremlino
di un presidente più malleabile da parte dell”occidente (Medvedev?).

Come
spesso accade, le misure volute dagli abilissimi strateghi di Washington (cui
docilmente obbediscono i tirapiedi di Bruxelles) hanno sortito l”effetto
opposto.

Se
Putin riuscirà a mantenere alto l”indice di gradimento ancora per un po” di tempo, questo gli
permetterà di introdurre misure protezionistiche per il mercato interno che in
altri tempi gli avrebbero procurato critiche pesantissime e le accuse di volere
far tornare il paese ai tempi dell”Unione Sovietica, quando la merce di
importazione era reperibile solo tramite contrabbando.

Questa
è forse la vera scommessa. Salvo poche eccellenze, l”industria manifatturiera
russa è poco concorrenziale a causa di tecnologie obsolete, logistica scarsa,
produttività più bassa, cui va aggiunto un livello diffuso di corruzione che
penalizza inevitabilmente l”acquirente.

Ogni
giorno Putin segnala all”opinione pubblica le scorrettezze, i nervosismi e le
contraddizioni da parte dell”Occidente (quello di Ezio Mauro). A giudicare dai commenti sui
social media russi, una parte della popolazione è adesso disposta a rinunciare
a quei beni di importazione che fino a pochi mesi fa erano un tratto distintivo
per il ceto medio.

Questa
situazione potrebbe fornire lo stimolo per ampliare, strutturare e modernizzare
l”industria manifatturiera interna.

Non è
una minaccia sul breve e medio periodo, ma se la spirale negativa delle
sanzioni dovesse peggiorare, il rischio concreto è che sarà l”Europa a restare
con il proverbiale cerino in mano. Senza gas da accendere, però.

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