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A Minsk va in scena il vertice del terrore e delle beffe

'Diversi indizi intorno all''accordo sull''Ucraina fanno pensare che sia di facciata per non appalesare il completo fallimento dell’evento... [Giuseppe Masala] '

A Minsk va in scena il vertice del terrore e delle beffe
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13 Febbraio 2015 - 20.15


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di Giuseppe Masala.

Dopo una notte di estenuanti trattative a Minsk è stato trovato un “accordo”. Non è tempo sprecato però raccontare sommariamente l’atmosfera nel quale si è svolto il vertice, questo non come elemento frivolo ma come indicatore del reale valore dell’accordo raggiunto.

Innanzitutto è giusto provare a descrivere le facce del duo europeo Merkel-Hollande i due gran ciambellani e padrini del vertice. Basta guardare le foto per comprendere lo stato di tensione e di ansia del francese e della tedesca: in certi momenti i loro visi erano due maschere oscene, completamente distorte dalla tensione – anzi verrebbe da dire – dal vero e proprio sentimento di terrore.

Putin al contrario, esibiva la solita maschera di ghiaccio. Da notare che scherzava in maniera quasi plateale con in padrone di casa Lukashenko. Sembrava quasi che non si rendesse conto della gravità della situazione, oppure, al contrario, che se ne rendesse perfettamente conto ma che non gli importasse nulla considerando i suoi interlocutori assolutamente non credibili e quindi non degni di alcuna considerazione. Va detto che dietro questa maschera imperscrutabile ogni tanto però traspariva una profonda rabbia se non addirittura un sentimento di odio. Inoltre le cronache ci raccontano che ad un certo punto – durante l’incontro a porte chiuse – il presidente ucraino Petro Poroshenko è dovuto uscire dalla sala per calmarsi dopo uno scontro molto “acceso” con Vladimir Putin.

Anche il seriosissimo ministro degli esteri Russo Sergeij Lavrov, ieri sera esibiva una inaspettata vena goliardica, quasi a dimostrare come ritenesse di nessun interesse le parole degli interlocutori, evidentemente ritenuti non credibili. Addirittura durante una pausa, interrogato dai giornalisti sull’andamento del vertice, ha detto: «it’s super»; e di fronte alla richiesta di maggiori chiarimenti ha specificato beffardamente: «It’s better than super». La durata del vertice, protrattosi tutta la notte, sta lì a dimostrare come i colloqui in realtà fossero difficilissimi e i punti di disaccordo evidentemente molto profondi. Questo per chiarire come le parole di Lavrov fossero assolutamente tese a segnare una distanza ironica e disincantata rispetto all”evento.

Dopo una notte di intense trattative si è arrivati ad un “accordo”, che a umile parere di chi scrive, è solo di facciata per non appalesare il completo fallimento dell’iniziativa.

Innanzitutto va detto che non c’è stata alcuna dichiarazione congiunta e tanto meno una conferenza stampa unificata dei leader coinvolti. Già questo è assolutamente indicativo.

Il presunto “accordo” prevederebbe un cessate il fuoco a partire dalla mezzanotte del 15 Febbraio, il ritiro delle armi pesanti in possesso dalle due parti entro 15 giorni dalla partenza del cessate il fuoco e riforme costituzionali per garantire autonomia alle regioni ribelli. Non sono menzionati invece in alcun modo quelli che sarebbero i confini che delimiterebbero le zone di influenza delle parti in lotta. Anche questo è indicativo.

Ma l’evidenza del completo fiasco del vertice si è avuta ascoltando le conferenze stampa (separate) di Putin e di Poroshenko. Secondo Putin l’esercito ucraino intrappolato nella “sacca di Debaltsevo” deve deporre le armi. Da notare che secondo i media russi e secondo le dichiarazioni dei miliziani, nella sacca di Debaltsevo vi sono almeno 1000 soldati “stranieri”. Un loro disarmo implicherebbe la scoperta della loro identità e magari il disvelamento di verità indicibili. Vi pare possibile un epilogo di questo genere? A chi scrive ciò pare alquanto improbabile.

Secondo Poroshenko invece non vi sarà alcuna concessione di autonomia per le regioni ribelli ed inoltre i confini russo-ucraini, ora sotto controllo della milizia ribelle, dovranno tornare sotto il controllo di Kiev. In sostanza, secondo l’interpretazione di Poroshenko la milizia ribelle del Donbass dovrebbe capitolare senza condizioni. A questo corrisponderebbe il taglio del cordone ombelicale con la Russia e la non concessione di alcuna autonomia. È possibile che le due Repubbliche di Donetsk e Lugansk accettino simili condizioni suicidarie? Si consideri oltretutto che la sostanziale capitolazione delle repubbliche del Donbass dovrebbe avvenire non dopo una sconfitta definitiva sul campo di battaglia ma dopo una loro sostanziale vittoria.

A conti fatti, delle conferenze stampa si ha l’impressione che l’interpretazione delle “carte” delle due parti in lotta sia diametralmente opposta e che, dunque, nella realtà non ci sia nessun accorto. Siamo di fronte – nell’umile opinione di chi scrive – ad una vera e propria commedia degli equivoci se non direttamente ad una farsa tesa a salvare la faccia soprattutto del duo Merkel-Hollande ovvero di chi è promotore del vertice stesso.
La logica e l’evidenza, al contrario, lascerebbero intendere che siamo di fronte a un esito fallimentare, che sarà evidente non appena si sarà diradata la cortina fumogena retorica dei corifei del mass media occidentali intenti a glorificare le “alte capacità diplomatiche” del duo franco-tedesco e non appena qualche attore in campo avrà l’interesse a far deflagrare nuovamente lo scontro. Sempre che lo scontro si fermi.

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