Turchia, perché Erdoğan ha stravinto il voto della paura | Megachip
Top

Turchia, perché Erdoğan ha stravinto il voto della paura

'Questo è il voto della paura, con attentati senza precedenti, come quello di Ankara. E dei timori per l''affermazione del movimento curdo ai confini di una Siria in disgregazione.'

Turchia, perché Erdoğan ha stravinto il voto della paura
Preroll

Redazione Modifica articolo

2 Novembre 2015 - 06.30


ATF

di
Alberto Negri
.

ISTANBUL – Perché Erdoğan ha
stravinto? Questo è il voto della paura, si era detto alla vigilia: la paura
seminata da attentati terroristici senza precedenti nella storia della Turchia,
come quello del 10 ottobre ad Ankara con oltre 100 morti, ma anche i timori per
l”affermazione del movimento curdo che aspira all”autonomia di una parte
tormentata del Paese già in conflitto, ai confini bollenti di una Siria in
disgregazione da dove arrivano ogni giorno senza sosta migliaia di profughi:
oltre 2 milioni solo in Turchia. Ha fatto leva sulla paura diffusa di vedere la
destabilizzazione contagiare anche la repubblica fondata da Kemal Atatürk che
attanaglia non soltanto i sostenitori del partito islamico Akp ma i turchi in
generale.

Ha fatto credere, a torto o a
ragione, che la Turchia versa in stato di emergenza, che è sotto attacco:
dentro da parte delle strutture “parallele” dell”ex amico l”Imam Fetullah Gülen
e della guerriglia curda del Pkk: fuori dalla minaccia che si possa creare ai
suoi confini uno stato curdo sulle macerie della Siria, che lui stesso ha
destabilizzato facendo passare migliaia di jihadisti anti-regime, compresi
quelli che si sono poi arruolati con il Califfato.

Erdoğan ha saputo sfruttare queste
paure indicando la sua ricetta: un uomo solo al comando e un partito solo al
governo per evitare coalizioni, esecutivi deboli e inefficaci. La democrazia
turca è ancora troppo giovane per non cedere alle scorciatoie proposte
dall”uomo forte. Abile quindi a spaccare il Paese su fronti contrapposti ma
anche a intimidire gli avversari e a riunificarlo sotto l”egida di un raìs dai
tratti sempre più mediorientali e sempre meno europei, come dimostrano gli
attacchi proditori alla stampa d”opposizione.

Non è stato l”Islam la chiave dalla
sua vittoria ma puntare sul nazionalismo, sulla difesa della Turchia: per
questo ha drenato voti alla destra dell”Mhp e dei Lupi Grigi, puniti anche dal
fatto di avere respinto, dopo le elezioni del 7 giugno scorso, il programma di
una colazione con l”Akp del premier Ahmet Davutoğlu. Ma perde velocità e
consensi anche l”Hdp dell”astro nascente Selahattin Demirtaş: il suo messaggio
per una democrazia inclusiva e progressista questa volta non è andato oltre
l”Anatolia del Sud Est. Mentre al partito repubblicano Chp resta il ruolo di
eterno secondo: ha una leadership assai poco carismatica e un programma
politico che non esce dai confini del settore laico e kemalista.

Ma tutto questo non basta a spiegare
perché è ancora lui il “Sultano”. Recep Tayyp Erdoğan, 61 anni, è di Kasimpasa,
un quartiere popolare di Istanbul, dove da giovane per mantenersi vende
ciambelle e limonate, giocando ala destra tra i semiprofessionisti fino alla
laurea in economia e commercio. Ma allora era già entrato nel movimento nazionalista
religioso di Necmettin Erbakan che poi da primo ministro verrà esautorato da un
“golpe bianco” dei generali. Nel ‘94 diventa sindaco di Istanbul, quattro anni
dopo è incarcerato per incitamento all”odio religioso ma nel 2002 consuma la
sua prima rivincita aggiudicandosi le elezioni politiche che l”Akp, evoluzione
moderata del partito islamico Refah di Erbakan: dominerà per 13 anni con l
maggioranza assoluta. I laici lo temono, l”Europa esita ad accettare le
richieste di Ankara di aderire all”Unione: ma Erdoğan innesca la maggiore
ascesa economica e sociale di un Paese musulmano senza petrolio e gas.

Nell”ascesa economica di questa
Turchia _ che per altro si è notevolmente affievolita _ c”è anche la chiave
sociale del suo successo politico. Erdoğan, che nel 2014 diventa anche il primo
presidente eletto nella storia repubblica turca con voto popolare diretto, è
stato colui che ha rappresentato meglio di chiunque altro l”affermazione della
media e piccola borghesia conservatrice musulmana dell”Anatolia, di quella gran
parte del Paese per decenni esclusa dai kemalisti dalle stanze del potere.
Difficile per questa Turchia popolare, trasformata dall”Akp in nuovi ceti
affluenti, voltargli le spalle.

[…]

Per
continuare la lettura dell’articolo:

[GotoHome_Torna alla Home Page]

Native

Articoli correlati