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L'Occidente della mezzaluna (rovesciata)

i disinformatori spostano il dibattito dall’Arabia Saudita ai diritti umani nel mondo e in Medio Oriente. Vogliono far saltare il banco sfruttando l’ignoranza [S. Caputo]

L'Occidente della mezzaluna (rovesciata)
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4 Gennaio 2016 - 22.48


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di Sebastiano Caputo.


Attenzione, attenzione. Dopo l’esecuzione di 47 persone nella monarchia del Golfo, tra cui quella del leader sciita Nimr Baqr Al Nimr, e la conseguente rottura dei rapporti diplomatici tra Riad e Teheran, i professionisti della disinformazione vogliono spostare il dibattito dall’Arabia Saudita ai diritti umani nel mondo, in particolare in Medio Oriente. Insomma, far saltare il banco sfruttando l’ignoranza dell’opinione pubblica per difendere il regno alleato dei Saud. L’obiettivo è uno solo: screditare l’Iran, che a sua volta, pratica la pena di morte, ma che a differenza della monarchia costruita in pochi anni da un branco di beduini del deserto a colpi di petrodollari, possiede alle sue spalle una civiltà millenaria.


Non serve fare tanto rumore per le decapitazioni perpetuate dagli altri. La ghigliottina illuminista è uno degli elementi fondanti dell’Occidente. Tagliare gole era una pratica usuale dei coloni bianchi in Africa. E poi ancora oggi i boia esistono negli Stati Uniti d’America, sì, quelli che esportano la democrazia, e che molti continuano a definire “un faro di civiltà”. Il punto non è se la pena di morte è giusta o sbagliata, quello è un dibattito legittimo che tuttavia va discusso liberamente nel quadro nazionale. Ogni Paese in fondo deve essere libero di produrre le proprie leggi e tutelare i propri costumi. Il principio di “autodeterminazione” deve essere valido per tutti, anche per chi non ci assomiglia per niente. E’ il “relativismo culturale” teorizzato dall’antropologo francese Claude Levi-Strauss


Eliminata la questione dei diritti umani sulla quale vogliono far scivolare la faida tutta islamica che rischia di incendiare l’intera area, ora è bene riportare il dibattito nel suo epicentro. Lo scontro tra la famiglia Saud (sunnita) e il clero degli Ayatollah (sciita), che in Siria, Libano e Yemen è una sorta di guerra per procura, è una lotta egemonica senza esclusione di colpi: in gioco c’è il primato religioso, dunque politico, di tutta la regione. Dopo decenni di demonizzazione mediatica e ostracismo diplomatico, l’Iran si è affacciato sulla scena internazionale riuscendo ad aggirare in poco tempo l’isolamento (accordo sul nucleare con interruzione delle sanzioni) e a proporre in più tavoli un piano di pace credibile per il Medio Oriente. Il mondo occidentale però ha preferito fare affari commerciali e stringere accordi diplomatici con quella mezzaluna di confessione sunnita composta da Turchia, Qatar, Giordania, Bahrein e Arabia Saudita, la stessa mezzaluna che ha favorito l’ascesa di Daesh (Stato Islamico) in funzione anti-sciita. Perché si è privilegiata un’alleanza con questi Paesi piuttosto che con il Libano, l’Iraq, l’Iran e la Siria? Chiedetelo a Israele. Il filo invisibile che collega da oltre settant’anni Washington e Riad passa anche per Tel Aviv.



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