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Il risveglio armato del Kurdistan iraniano

Le ultime notizie mostrano una maggiore attività delle componenti armate curdo-iraniane ed una parallela azione repressiva di Teheran verso le popolazioni curde del Paese.

Il risveglio armato del Kurdistan iraniano
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22 Luglio 2016 - 05.39


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di Francesca La Bella

Nel processo di ridefinizione delle alleanze e dei confini
dell’area la variabile curda avrà un ruolo di primo piano. La componente
iraniana, in questo senso, sembra cercare nuovi spazi di azione nel
Paese

Roma, 22 luglio 2016, Nena News –
Nel panorama delle mobilitazioni curde, la condizione del Kurdistan
iraniano è a lungo stata percepita come differente rispetto alle
dinamiche in atto nelle regioni circostanti. A fronte di una
generale ridefinizione del ruolo curdo dell’area a causa degli
sconvolgimenti politici e sociali in Iraq e nel KRG
(Governo regionale del Kurdistan iracheno), della guerra civile in Siria e della ripresa delle ostilità in Turchia tra Ankara e il PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan), la componente curdo-iraniana sembrava incapace di porsi in opposizione radicale contro il proprio Governo.
Le notizie delle ultime settimane mostrano, invece, una maggiore
attività delle componenti armate curdo-iraniane ed una parallela azione
repressiva di Teheran verso le popolazioni curde del Paese.

Se per alcuni commentatori, le basi di
questo nuovo attivismo sarebbero da ricercare in una diatriba interna
tra i diversi gruppi politici e militari curdi, PDKI (Partito
Democratico del Kurdistan iraniano) e PJAK (Partito della Libertà del
Kurdistan) in particolare, per altri il mutamento di strategia sarebbe
imputabile all’evoluzione del contesto regionale. Nell’unione delle due
analisi sembra possibile tracciare un quadro più organico della
situazione che si delinea in Rojhelat (Kurdistan dell’est). A
seguito degli eventi che hanno portato alla disarticolazione dello Stato
iracheno e all’avanzamento del ruolo curdo nell’area, il PJAK, da
sempre attivo contro Teheran, ma con un debole impatto sul contesto
nazionale a causa di numeri limitati e della forte repressione
preventiva dello Stato iraniano, ha ampliato il proprio consenso
ottenendo maggiore radicamento nelle aree di confine. Parallelamente
il PDKI, tra febbraio e marzo 2016, dopo un lungo periodo di cessate il
fuoco, ha affermato la ripresa delle proprie attività nel Paese e a
giugno sono state registrate le prime azioni armate, secondo molti, con
l’aperto sostegno del KRG e in opposizione alle forze del PJAK,
considerate totalmente dipendenti dal PKK turco.

La presenza sempre più
significativa del PKK in Iraq, soprattutto nell’area di Suleymania nel
sud e di Shengal nel nord, e il consolidamento del sistema KCK
(Consiglio delle Comunità Curde) con funzione di coordinamento delle
forze curde nei diversi Paesi dell’area, potrebbe, dunque, aver indotto
il PDKI a riprendere le ostilità per arginare le capacità di
reclutamento del PJAK in particolare tra i giovani. Il flusso
degli eventi, sembra, però, configurare una situazione esplosiva che
potrebbe investire l’intero confine occidentale dell’Iran.

Numerosi sono stati gli scontri armati tra militanti curdi e forze
governative e ad essi si sono aggiunte azioni dai risvolti politici e
diplomatici rilevanti: luoghi di culto curdi come il cimitero
Golestan Javeed a Baha’i
distrutti dall’esercito iraniano; attentati curdi contro membri del
Governo iraniano come nel caso del tentato omicidio del parlamentare
Heshmatollah Falahatpishe in viaggio nel nord-est del Paese, tensioni e
avvertimenti armati di Teheran all’indirizzo della dirigenza KRG.

Il Governo iraniano, attraverso le
parole del presidente del Consiglio per il Discernimento, Mohsen
Rezaei, nei giorni passati, avrebbe, infatti, accusato il KRG di agire
in vece dell’Arabia Saudita per destabilizzare il Paese attraverso la
rivitalizzazione della guerriglia curda. Nel corso di
un’intervista alla televisione di Stato iraniana, Rezaei avrebbe anche
minacciato azioni armate contro i gruppi ribelli e le loro basi di
addestramento qualora non ci fosse un arretramento delle stesse
imputando la responsabilità di questa eventualità alle scelte del
Presidente curdo-iracheno Barzani.
La dirigenza del KRG,
avrebbe, invece, negato ogni coinvolgimento, ribadendo la propria
volontà di migliorare le relazioni diplomatiche con Teheran.
Quest’ultima affermazione acquista credibilità alla luce dell’accordo
preliminare firmato a fine giugno per la costruzione di un oleodotto che
permetterebbe la commercializzazione di 250000 barili di
petrolio dal Kurdistan iracheno verso l’Iran in un’ottica di
differenziazione del mercato di vendita del KRG qualora dovessero
esserci ostacoli al mantenimento delle relazioni con la Turchia
e all’utilizzo dell’oleodotto Kirkuk-Ceyhan.

L’evidente interdipendenza tra le
dinamiche interne ai quattro Paesi in cui il Kurdistan è suddiviso e le
politiche messe in atto dai gruppi politici curdi, obbliga a porre,
anche alla luce delle ultime evoluzioni in territorio turco, grande
attenzione all’evoluzione delle alleanze tra i soggetti statali e non
statali coinvolti. Una ripresa delle ostilità della componente
curdo-iraniana causata da fattori che trascendono dalla realtà
nazionale, potrebbe, di conseguenza avere effetti significativi sulle
dinamiche di tutta l’area.
Se durante la guerra Iran-Iraq, un
ruolo di primo piano venne svolto anche dalle componenti curde, nella
fase di ridefinizione di alleanze e confini che sembra essere in atto
oggi, la variabile curda potrebbe tornare ad essere centrale per la
determinazione del nuovo assetto.

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