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Il cappio legale di Trump

Quando si ordinerà un altro bombardamento sulla Siria non lo sa nessuno. E nessuno sa chi lo ordinerà e con quale pretesto. Ma pochi dubbi che ce ne sarà un altro [Giulietto Chiesa]

Il cappio legale di Trump
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24 Aprile 2018 - 22.12


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di Giulietto Chiesa.

 

L’armata navale anglo-americano-francese si sta posizionando nel Mediterraneo orientale, davanti alle coste della Siria, del Libano e d’Israele. Non è là per una gita turistica.

Quando verrà dato l’ordine di un altro bombardamento sulla Siria non lo sa nessuno. E nessuno sa chi, in realtà, darà quell’ordine e con quale motivo, o pretesto. Ma che ci sarà un altro bombardamento ci sono pochi dubbi.

A meno di qualche rapida evoluzione della situazione interna agli Stati Uniti d’America. Intendendosi, per “situazione interna”, i rapporti di forza tra il Presidente Donald Trump e lo “stato profondo” che vuole affondarlo.

Il mondo si trova così in una situazione davvero straordinaria: le sorti della pace e della guerra si trovano sempre più intrecciate con il destino personale del presidente in carica alla guida della superpotenza plenetaria. I fatti sono davanti a noi con tutta chiarezza. La prima salva di missili Tomahawk sulla Siria fu “motivata” con il presunto attacco con il gas di Khan Sheikun. Non ci furono prove, allora come oggi, che l’esercito siriano usò armi chimiche. Ma Donald Trump aveva urgente bisogno di dimostrare ai suoi elettori (e al mondo) di essere deciso e forte contro la Russia.

A breve giro di tempo Donald Trump, poche ore dopo avere diffuso, ovviamente via Twitter, la notizia di una prossima ritirata americana dalla Siria, si mette in fila dietro Theresa May (che aveva espulso una trentina di diplomatici russi dopo avere accusato Putin in persona dell’avvelenamento di Sergej Skripal e di sua figlia Julia) e espelle a sua volta 60 diplomatici russi dagli Stati Uniti. Prove che suffraghino le accuse inglesi non ce ne sono. Tuttavia la decisione coincide perfettamente con la riesumazione dello “scandalo” che riempie le prime pagine di tutti i giornali e canali televisivi americani, riguardante i rapporti intercorsi anni prima tra Trump e una pornostar. Le relazioni diplomatiche tra USA e Russia scendono quasi al livello della rottura completa, ma in compenso i titoli e le foto della tanto prosperosa quanto sconosciuta diva del porno americano vengono soverchiate dalle clamorose notizie della politica internazionale e della paura. 

 

Indi, sempre via Twitter, Trump annuncia “ai russi” che sta per dare l’ordine di partenza a una nuova salva di missili, “nuovi, belli e intelligenti”, con destinazione Damasco. L’operazione — che si trasforma in una vera e propria figuraccia internazionale con l’abbattimento di 71 missili di crociera, su 105 lanciati, da parte della contraera siriana — coincide con la perquisizione improvvisa degli uffici newyorkesi dell’avvocato del presidente, Michael Cohen. Sembra di assistere alla ripetuta manifestazione della “sindrome Wag The Dog”, dal titolo del famoso film Barry Levinson (che in italiano uscì sugli schermi come “Sesso e Potere”), in cui un presidente americano s’inventa una guerra inesistente per “coprire” una propria vicenda sentimentale pruriginosa.

 

Purtroppo — per Trump e per il mondo intero — il nodo scorsoio metaforico che gli è stato messo intorno al collo continua a stringersi. Il libro appena uscito di James Comey, l’ex direttore dell’FBI licenziato da Trump, è pieno come un uovo di accuse infamanti all’indirizzo del presidente in carica. La perquisizione negli uffici dell’avvocato Cohen è stata decisa da Rod Rosenstein, vice procuratore generale, lo stesso che ha nominato Robert Mueller come consigliere speciale e inquirente principale contro il Presidente. Mueller sta indagando sul presunto attacco degli hacker “russi” sui computer del Partito Democratico (leggi sui segreti di Hillary Clinton). Non importa che tutta questa storia sia già stata dimostrata falsa. Importa che Trump non può fermare la marcia di Mueller.

 

Nel cui dossier ci sono altri due fascicoli ancora da aprire, che equivalgono a due grandi bombe mediatiche contro Donald: quello che concerne il conflitto d’interessi di suo genero, Jared Kushner, e quello, ancora più grave, che accusa Trump di avere, in pratica, costruito la sua campagna elettorale coordinandola con le rivelazioni di Wikileaks contro Hillary.

Che questa girandola d’inchieste contro il Presidente in carica a Washington possa, prima o dopo, condurre a un impeachment è questione aperta. Ma, se il buon giorno si vede dal mattino, c’è da temere che, per coprire il rumore delle “bombe” di Mueller, sarà necessario fare esplodere molte bombe non metaforiche. E ormai le armi americane sono a stretto contatto con quelle russe. Il passaggio dal cinema alla realtà è ormai molto sottile.

 

 

Fonte: https://it.sputniknews.com/opinioni/201804235925534-Trump-USA-Russia-Siria/

 

 

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