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PENSANDO, PENSANDO... (4)

'La quarta puntata dei pensieri di Fabrizio Caròla, l''architetto che ha coltivato idee e tecniche per la decrescita felice. Rivendicando l''ingenuità'

PENSANDO, PENSANDO... (4)
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9 Dicembre 2013 - 00.11


ATF

di
Fabrizio Caròla*
.

Non
vogliamo una Italia più ricca,


vorremmo
una Italia migliore ….




un”Italia
dove nessuno sia troppo ricco e nessuno sia povero …


un”Italia
dove dare un calcio a un pallone non sia importante


ma
sorridere a uno sconosciuto sia veramente importante

PREMESSA

Le
proposte che seguono sembreranno utopiche e forse ingenue.

Sono
cosciente della mia profonda ingenuità ma questa non dipende da un
offuscamento della mente, è piuttosto una maniera di abbordare i
problemi puntando sull”essenziale, cercando la soluzione ideale,
semplificando il percorso, spogliandolo da tutte le scorie, giudizi
preconcetti, complicazioni acquisite e vizi di costume.

Questo
procedimento permette di individuare la soluzione ottimale e
prenderla come base di ricerca anche se a prima vista può sembrare
un”utopia irraggiungibile.

Non
si deve però avere paura dell”utopia
perché oggi, in questo
guazzabuglio fra politica, interessi privati e degrado culturale,
abbiamo proprio bisogno di ripartire dall”utopia.

Per
aggiungervi le complicazioni c”è sempre tempo ma attenzione, perché
a forza di stare con “i piedi per terra” senza voler
affrontare la realtà, si rischia di affondare sempre più nel fango.

PROPOSTE

1
IL LAVORO E IL PIACERE

Che
la Repubblica sia fondata sul lavoro non mi convince: mi sembra
l’affermazione di una delle più grandi e pericolose ossessioni del
mondo occidentale. Il lavoro, non come mezzo per risolvere dei
problemi o soddisfare delle esigenze, ma come mito, come atto fine a
se stesso, come misura del valore di un uomo.

Un
Uomo va valutato per la sua capacità di vivere in armonia con se
stesso e con l’ambiente; in questa armonia può entrarci anche il
lavoro, soprattutto quando il lavoro è visto come un’attività
piacevole, ma non è certo un’attività fondamentale.

Fondamentali
sono“ il piacere” e il “rispetto”

Il
“piacere”
è il soddisfacimento delle esigenze del corpo e
dello spirito insieme, per uno sviluppo armonico dell’individuo e
della società di più individui.

Il
piacere non va visto nel senso di frivolo, o ancora torbido e
peccaminoso ma come un fattore essenziale della serenità dell’uomo.

Il
rispetto
è la condizione essenziale perché possa funzionare una
società civile che abbia come obiettivo vitale e culturale il
piacere.

Il
concetto di rispetto assunto come guida di comportamento concentra e
riassume tutte le leggi.

Non
limita la libertà ma ne impedisce l’abuso.

Quando
subito dopo la guerra fu fondata la Repubblica, il lavoro era
effettivamente, per la società, per l’economia e per la cultura
dell’epoca, la base e il fattore essenziale per la rinascita e lo
sviluppo del paese.

Poi
pian piano la società si è modificata: il grande e rapido sviluppo
tecnologico ha modificato il rapporto fra lavoro e produzione: mentre
la produzione si meccanizzava e robotizzava sempre più, il lavoro
umano e manuale perdeva l’incidenza diretta sulla fabbricazione.

Oggi
il mondo del lavoro è in crisi perché non c’è più abbastanza
lavoro (nel senso tradizionale del termine) ed i giovani sono allo
sbando: si sviluppa una recrudescenza della concorrenza
sleale e una degenerazione dell’etica.

E’
necessario inventare una nuova forma di società e di condivisione
della produzione con obiettivo primo la qualità della vita in
sostituzione del denaro e del possesso di beni.

Una
Repubblica dove ogni cittadino collabora, nella misura delle proprie
qualità e capacità, al benessere della collettività e quindi di se
stesso.

2
CULTURA E SVILUPPO

È
tendenza generale di considerare lo sviluppo economico come
essenziale, a priorità assoluta, e la cultura come elemento
secondario, marginale, quasi un lusso.

Eppure
la Cultura, intesa come Conoscenza, è guida di comportamento ed è
anche acquisizione di capacità, di valori e di qualità.

La
Conoscenza conduce al miglioramento della qualità di pensiero, della
qualità di partecipazione, della qualità delle scelte, sia di
produzione che di consumo, al miglioramento della qualità del lavoro
e quindi conduce anche allo sviluppo economico, inteso in senso ampio
e globale e non solo come mero aumento del conto in banca.

Il
benessere non dipende dalla ricchezza, anche se questa vi
contribuisce, ma dipende principalmente dall’equilibrio che gli
individui di una collettività riescono a stabilire fra di loro e fra
loro e l’ambiente nel quale vivono.

L’equilibrio
si ottiene applicando una regola elementare, che in pratica racchiude
tutte le altre: il rispetto, rispetto reciproco e rispetto
dell’ambiente.

Questo
però richiede da parte di ogni individuo una profonda presa di
coscienza ed un alto grado di consapevolezza… praticamente un alto
livello culturale. Perché è dalla cultura e dalla conoscenza che
nascono coscienza e consapevolezza.

Una
società senza cultura, dove la regola di comportamento è la
sopraffazione, la violenza, l’astuzia, l’inganno e la
prevaricazione, è una società nella quale gli individui sono
obbligati a diffidare l’uno dell’altro e a vivere in costante
atteggiamento di difesa.

La
diffidenza e la difesa costano, in termini di denaro e di energie,
somme elevatissime, molto maggiori di quanto serva a produrre i beni
materiali che sono oggetto della maggior parte dei conflitti.

La
diffidenza comporta un grande spreco di energia, sia mentale che
fisica ed è perciò antieconomica.

Una
società senza cultura produce diffidenza ed è perciò
antieconomica.

Quando
gli economisti valutano il reddito di un investimento, considerano
soltanto il risultato in cifre: denaro speso, denaro ricavato,
ignorando gli effetti indotti del risultato.

Se
una nazione è ricca ma i suoi abitanti vivono male perché questa
ricchezza rompe gli equilibri con l’ambiente e genera disagio e
conflitti fra i cittadini, è segno che è una falsa ricchezza e che
le scelte economiche e politiche sono sbagliate.

E’
una nazione che produce ricchezza ma non benessere

Noi
occidentali siamo i maggiori produttori di ricchezza e tendiamo ad
ignorare di essere i principali responsabili del degrado e del
disastro nel quale sta precipitando il mondo.

Lo
ignoriamo perché non ci fa comodo di riconoscerlo; perché non
vogliamo rinunciare a nessuno dei privilegi che ci siamo conquistati
in questi 60 e più anni di pace apparente, fondata sulla pelle degli
altri.

Non
vogliamo vedere che, con un incredibile egoismo suicida, ci siamo
buttati in una corsa al consumo che sta consumando il pianeta.
Consumiamo a più non posso, senza discrezione e senza tener conto
che quel che consumiamo, cioè le risorse naturali del mondo intero,
non appartengono a noi soli ma anche agli altri e giustifichiamo
tutto questo con la legittimità del profitto.

Il
profitto è visto però solo in termini di denaro, assunto come
valore assoluto, escludendo tutti gli altri valori. Non consideriamo
mai che un buon guadagno in denaro possa essere un pessimo affare in
termini di umanità o, più semplicemente, in termini di qualità
della vita.

Questa
folle civiltà del denaro, del profitto e del consumo l’abbiamo
elevata a civiltà universale

La
causa principale di questa situazione è la dissociazione della
cultura dal potere economico e politico.

Il
denaro, oggi più che mai è l’unico movente e referente per ogni
azione o decisione, sia essa collettiva che individuale.

L’assunzione
del denaro come unica fonte di “vita”, di merito e di
collocazione dell’individuo nella società, ha innescato una
spirale criminale che investe tutto e tutti.

La
Cultura, a meno che non produca denaro o potere (direttamente e a
breve termine) viene relegata ad un ruolo secondario e marginale.

La
caduta dei valori tradizionali invece di produrre progresso e
innovamento civile, ha prodotto soltanto degrado perché, per assenza
di una sana politica culturale, i valori tradizionali non sono stati
sostituiti da nuovi valori e si è lasciato al solo denaro il compito
di risolvere tutti i problemi della società.

Intere
generazioni sono state diseducate al rispetto del prossimo e
dell’ambiente perché spinte alla ricerca indiscriminata di un
benessere materiale che si acquisisce solo a mezzo di denaro.

A
questa spinta hanno contribuito in pari merito industriali e
sindacati: gli uni proponendo sempre più prodotti (quali che siano)
da acquistare, gli altri proponendo sempre più diritti (quali che
siano) da acquisire.

In
mancanza di un valido supporto culturale che ne garantisse i limiti e
la qualità, questi prodotti e questi diritti, destinati al benessere
degli individui ma gettati a profusione su una popolazione non
preparata culturalmente a riceverli, hanno generato soltanto un
grande malessere generale.

I
mass-media, con tecniche sempre più sottili ed efficaci, hanno
propagandato, ampiamente e in tutti i modi, prodotti e diritti, senza
però preoccuparsi di propagandarne anche i limiti d’uso. La spinta
al benessere si è così trasformata in un assalto al benessere,
incontrollato e distruttivo.

Né
industriali né sindacati hanno creduto opportuno indicare i limiti
d’uso; forse ai primi non competeva; forse ai secondi un po’ di
più… ma certo a nessuno dei due conveniva.

In
uno stato democratico, che per costituzione non è né dispotico né
coercitivo, ogni singolo cittadino deve poter riconoscere i limiti
dei propri diritti per non prevaricare i limiti degli altri. Ma come
può farlo se il suo livello di conoscenza e di cultura non gli
consente di comprendere e valutare gli effetti delle proprie scelte
ed azioni ?

Come
può avere rispetto per uomini e cose se la sua formazione e la sua
educazione lo portano a considerare la conquista dei beni materiali e
del denaro come un diritto assoluto ed unico mezzo per affermare,
appagare ed esaltare se stesso?

Questa
mentalità ha generato la spirale distruttiva nella quale ci siamo
immessi. E’ un processo che non si ferma con nuove leggi o nuova
polizia perché il degrado, una volta avviato, corrompe tutto e
sempre di più, rigenerandosi e alimentandosi della propria
corruzione.

Con
l’attuale cultura basata unicamente sul denaro, ogni progresso
scientifico, tecnico o tecnologico può diventare pericoloso perché
può essere strumentalizzato a fini puramente lucrativi o di potere.
E’ il grande pericolo del nostro tempo che deve essere scongiurato
e può essere fatto soltanto con un totale mutamento culturale.

Ciò
non vuol dire che dobbiamo rinunciare al comfort che ci siamo
procurati dopo millenni di lavoro e di ingegno o fermare la ricerca
scientifica, ma che dobbiamo semplicemente imparare ad usare le
nostre straordinarie capacità con rispetto al fine di trarne
il massimo vantaggio, senza perdere la serenità e la gioia di vivere
alla quale abbiamo tutti diritto.

Per
fermare la spirale è necessario un cambiamento alla radice, cioè un
cambiamento di mentalità. Questo si può ottenere soltanto
adoperandosi con tutti i mezzi ad innalzare il livello di cultura e
di conoscenza dei cittadini, conducendoli ad un alto livello di
coscienza e alla scoperta di altri valori.

Non
è certo una via breve ma è probabilmente l’unica validamente
percorribile.

Dunque
un grande cambiamento ! I cui punti chiave saranno :

A.
la
riduzione del potere seduttivo del
danaro
per eliminare la corruzione

B.
l”
aumento del livello di conoscenza
per poter accedere ad altri valori

3
IL DENARO

Abbiamo
visto che rappresenta uno dei problemi principali:

l’eliminazione
del denaro sarà perciò fra le nostre prime preoccupazioni.

Ma
il denaro è soltanto un indice virtuale del valore delle operazioni
effettuate nell’ambito della vita sociale, che sono tutte basate
sullo scambio: ad ogni cosa ricevuta corrisponde una cosa data ed una
delle due cose è una cifra in denaro.

Non
si può pertanto eliminare il denaro senza cambiare completamente il
sistema delle operazioni dove non vi sarà più un rapporto diretto
fra il dare e l’avere:

il
dare sarà proporzionato alla capacità specifica dell’individuo
mentre l’avere sarà proporzionato al patrimonio della intera
collettività, equamente diviso fra tutti gli individui.

Ciò
può avvenire soltanto tramite una lenta progressiva e sistematica
mutazione della Società.

Si
comincerà col ridurre gradualmente il limite ammissibile di
guadagno… non tramite leggi o imposizioni ma utilizzando i metodi
della pubblicità e della informazione, al fine di creare una
coscienza collettiva che si rivolti naturalmente di fronte ad un
guadagno eccessivo, oltre che illecito, considerandolo una cosa
indecente, poco elegante e antisociale… (La stessa operazione
potrebbe essere eseguita al riguardo del potere.)

Questa
operazione avrà come primi benefici: un riequilibrio delle risorse –
una distribuzione più equa della ricchezza sia a livello nazionale
che planetario – una riduzione del sopruso – una diminuzione
della diffidenza.

Nello
stesso tempo vanno rivisti e ridiscussi tutti i concetti che ci
legano al denaro: il lavoro, la retribuzione (il premio e il castigo)
e infine il concetto di possesso.

La
revisione di questi elementi ci porterà gradualmente
all’eliminazione del denaro!

LA
RICCHEZZA

Non
è concepibile che in uno stato moderno vi siano degli scarti di
ricchezza così ampi: si và dal nulla, sotto i limiti della
sopravvivenza, ai miliardi di Euro….

Tale
differenza, oltre che immorale, è anche antidemocratica poiché chi
possiede tanto di più è in grado di imporre la propria volontà a
tutti coloro che hanno molto di meno. Per di più tanta differenza
crea invidia, astio, diffidenza, desiderio di rivalsa, violenza…
oppure, sottomissione.

Tutti
sentimenti negativi che corrompono la qualità della vita.

Per
ovviare a questi inconvenienti sarebbe opportuno cominciare, in prima
fase, con lo stabilire dei limiti al reddito consentito il quale non
potrà essere né inferiore né superiore a tali limiti.

Quando
io parlo di limitazione o abolizione del denaro, la prima
osservazione che mi si fa è che senza il denaro non ci sarà più
interesse al lavoro, né competizione né riconoscimento del merito.

LA
COMPETIZIONE

La
competizione è la principale eredità che l”uomo ha tratto
dall”animale, è la legge della giungla. Legge che, nella Natura,
assicura la sopravvivenza, la qualità di ciascuna specie e
l”equilibrio generale fra le specie.

Nell”Uomo
l”istinto della giungla ha assunto diverse forme: da quella più
innocua, la competizione sportiva a quella più acerba, la
competizione per il dominio.

Se
da una parte la competizione è un fattore di stimolo per il
progresso della società, è anche vero che nella sua forma più
aspra genera sofferenza perché il risultato della competizione è la
vittoria di uno e la sconfitta dell”altro.

Il
vincitore si sente gratificato e soddisfatto, ma il perdente, il più
debole?

Nel
campo sportivo la sconfitta produce soltanto delusione e un danno
all” amor proprio. Ma nella vita? Quando la competizione riguarda il
posto di lavoro o la libertà o addirittura la sopravvivenza? Quanta
sofferenza nella sconfitta!

Tutta
la storia dell”evoluzione dell”umanità è segnata dalla ricerca
dell”eliminazione della sofferenza: fisica, con lo straordinario
progresso della medicina, e morale, con l”istituzione di leggi e
norme civili a protezione dell”individuo e dei deboli.

Perché
allora continuiamo a tollerare e giustificare la competizione, nel
lavoro e nella vita, che è portatrice di grandi sofferenze?

Eliminare
la competizione fra uomini e fra nazioni non significa la perdita
dello stimolo perché restano le altre forme di competizione: la
competizione con se stesso, per il raggiungimento di un obiettivo,
oppure la sfida per la conoscenza, la ricerca, che è la competizione
con l”incognito … con l”universo ….

Cӏ
ancora tanto da fare e da scoprire che non cӏ bisogno di cercare lo
stimolo nella propria vanità e avidità e nella sofferenza degli
altri.

LA
CONOSCENZA

Per
ottenere un vero sviluppo della collettività umana bisogna elevare
il livello di conoscenza degli individui, indipendentemente dalla
regione, religione, razza, sesso o classe di appartenenza e dalle
specifiche culture**.

La
Conoscenza è l’unica ricchezza valida ed anche la fonte maggiore
di benessere.

Il
vero peccato originale dell’Uomo è l’ignoranza ed è anche il
suo peggior nemico perché più si è ignoranti più ci si complica
la vita con sciocche credenze che servono solo a riempire il vuoto
dell’ignoranza… creando enormi disastri

L’aumento
della conoscenza deve essere il primo obiettivo concreto:

Prima
di tutto la scuola: dovunque per tutti! Poi una scuola migliore!

**
Desidero specificare la differenza fra cultura e conoscenza:

La
Cultura è un valore “relativo” in quanto nasce
dalla sommatoria delle esperienze di un popolo nel luogo e nella
storia che gli sono propri e quindi appartiene a quel popolo.

La
Conoscenza è invece un valore “assoluto”: La
Conoscenza è il sapere.

Per
esempio, che la terra gira intorno al sole fa parte della conoscenza
dell”umanità intera ed è valida per tutti, in qualsiasi parte del
globo.

LE
PENSIONI

Il
problema principale di un ultra sessantenne, non è l’incapacità
di lavorare o un repentino stato di scemenza, bensì una minore
resistenza al lavoro, una progressiva riduzione dell’energia
disponibile.

Attualmente
un uomo (o donna) compiuti i sessanta anni viene da un giorno
all’altro allontanato dalla vita attiva e relegato alla condizione
di pensionato e come tale diventa (e sente di essere) un peso per la
società.

Viene
annullata la sua esperienza e magari saggezza, acquisite in
quarant’anni di lavoro e di partecipazione sociale …

Questa
procedura, oltre che costituire un grande spreco di competenze, crea
disagio nell’anziano che si sente bruscamente escluso ed inutile e
crea disagio per la collettività che deve provvedere al
sostentamento di un numero di pensionati sempre più numeroso
rispetto alla popolazione giovane e attiva.

Forse
la soluzione sta in un pensionamento progressivo che compensi una
progressiva riduzione delle ore lavorative, proporzionale alla
progressiva perdita di energia.

A
titolo di esempio:

Da
60 a 65 anni, il pensionato lavorerà 6 ore al giorno;

lo
Stato gli verserà una pensione equivalente a 2 ore di lavoro.

Dai
65 ai 70 il rapporto sarà di 5 ore di lavoro tre di sussidio.

Dai
70 ai 75 : 4 ore di lavoro e 4 di pensione.

Dai
75 a 80 : 2 ore di lavoro, 6 di pensione.

Un
notevole risparmio per la collettività

Nel
frattempo l’anziano potrà essere affiancato dai giovani ai quali
trasmetterà la sua esperienza.

I
DEPUTATI

Diciamocelo:
essere deputato, anche per poco tempo, garantisce un futuro super
agiato per tutta la vita!

Perché,
sennò, tanto affannarsi per conquistare un seggio e poi per non
perderlo?

È
forse l”amor di Patria? Il benessere del Paese? L”interesse dei
cittadini?

Sinceramente
non lo credo!

Il
reddito medio degli italiani è di 2.000 euro al mese.

I
deputati guadagnano circa 22.500 euro al mese!

Cioè
20.500 Euro in più della media! 11volte di più

A
questo bisogna aggiungere: telefono, cinema,teatro, mezzi pubblici,
francobolli, viaggi aerei e in treno, autostrade, piscine e palestre,
cliniche, assicurazioni (infortuni e morte) e ancora, auto blu con
autista, ristoranti e, per concludere ricevono 103.000 euro per
rimborso spese elettorali. Quanto devono soffrire!

La
sola camera dei deputati costa al cittadino
2.215 Euro al
MINUTO !!

Ma
perché non cominciano loro a ridurre il deficit dell”Italia,
adeguandosi alla media?

TERZO
MONDO

Con
questo termine viene indicata quella parte di umanità che occupa
circa tre quarti del pianeta e che si sta avviando, solo ora, da
pochi anni, verso la conquista di quel benessere materiale denominato
“civiltà occidentale” o “civiltà dei consumi” che
caratterizza l’altro quarto del mondo.

L’intensificarsi
dei flussi migratori verso l’Europa è solo un sintomo della
richiesta di “benessere” da parte del Terzo Mondo, che si
tradurrà in una pressione sempre più forte sul mondo occidentale
più ricco e tecnologicamente più avanzato. (ma non più felice)

E’
una forza ormai inarrestabile che produrrà, quando la pressione
raggiungerà il limite di tollerabilità, dei radicali cambiamenti
negli equilibri mondiali.

Il
forte scompenso numerico fra le due parti era finora compensato dal
grande divario tecnologico che consentiva alla minoranza ricca di
tenere a bada la maggioranza povera.

Si
sta però verificando che mentre continua a crescere la differenza
numerica, il divario tecnologico tende a diminuire sempre più
rapidamente.

I
popoli del Terzo Mondo stanno acquisendo la conoscenza, il possesso e
l’uso delle tecnologie più sofisticate, sia pacifiche che belliche
e pertanto la consapevolezza della loro forza di contrattazione.

Ci
troveremo ben presto davanti a una seconda Rivoluzione Francese ma,
questa volta, a livello planetario: dove i paesi industrializzati
giocheranno il ruolo degli aristocratici di allora ed il Terzo Mondo
sarà il popolo in rivolta.

Verrà
sancito il principio dell’uguaglianza dei popoli, verrà affermato
che la cultura e la conoscenza di ciascun popolo è patrimonio di
tutti i popoli e che il pianeta è una proprietà da gestire in
comune.

Ma
se questa cosa è prevedibile, perché non prevenirla?

Perché
aspettare una nuova Rivoluzione Francese?

Se
la richiesta del Terzo Mondo è giusta (e nessuno può negarlo)
perché non provare a raggiungere il risultato prima che questo ci
venga strappato con la forza?

Una
politica di graduale ma decisa ridistribuzione delle conoscenze e
delle risorse, attraverso un sistema pacifico di vasi comunicanti,
potrebbe attenuare, se non eliminare, la carica di violenza, prima
che essa esploda.

P.S.:

  1. Si
    riparla molto di servizi segreti…Perché abbiamo dei servizi
    segreti? Cosa abbiamo da nascondere?

  2. UNA
    PREGHIERA: per piacere liberateci dalla nefasta oppressione della
    burocrazia!

* NOTE
BIOGRAFICHE SU FABRIZIO CARÃ’LA


“A
me l”architettura non interessa. A me piace farla.”




La
biografia di Caròla sembra tratta da un romanzo. Figlio di
un”importante famiglia napoletana si diploma – nel 1956 – alla

Ecole Nationale
Supérieure d”Architecture “La Cambre”
di
Bruxelles, fondata da Henry Van de Velde.


L”ambiente
di formazione risulta determinante per la definizione di un approccio
“fisico” al progetto, un”architettura legata al fare,
all”azione concreta del costruire.


Ma
Caròla non è solo un architetto, è un nomade alla costante ricerca
di nuove strade, votato alla sperimentazione e alla scoperta. Proprio
questa attitudine lo spinge negli anni 60” verso l”Africa, un
territorio a lui sconosciuto. In principio il Marocco dove partecipa
alla ricostruzione post terremoto dell”ospedale di Agadir, poi la
Mauritania, paese in cui realizza il suo progetto più importante, il
Kaedi Regional Hospital, per il quale riceve nel 1995 l”Aga Kahn
Award for Architecture – un edificio a cupole ribassate collegate da
corridoi in grado di ospitare stanze per malati e residenze per i
familiari, dove si concentrano tutti gli aspetti di un pensiero e di
un modo d”agire sostenibile – e infine il Mali dove scopre e studia
l”architettura sub-sahariana passando gran parte della sua vita.


La
rubrica di Fabrizio Caròla darà origine a un
e-book

La
prima puntata:
PENSANDO,
PENSANDO (1)
.



La
terza puntata:

PENSANDO,
PENSANDO (3)
:

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