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30 tesi: investimenti multilaterali per un nuovo ordine monetario globale.

'Relazione presentata al convegno su ''La Cina dopo la grande crisi finanziaria del 2007-2008'' [Vladimiro Giacchè]'

30 tesi: investimenti multilaterali per un nuovo ordine monetario globale.
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31 Ottobre 2015 - 21.37


ATF

di Vladimiro Giacché.



Relazione presentata al convegno tenutosi a Roma il 2 ottobre 2015 ”La Cina dopo la grande crisi finanziaria del 2007-2008″


1.
Dopo
la Grande Recessione i paesi dell’Occidente capitalistico non sembrano
capaci di uscire dal modello, inaugurato negli anni Ottanta e
definitamente entrato in crisi nel 2007/2008, di una crescita alimentata
dal debito e dall’abnorme sviluppo della finanza.



2. Si
tratta di un modello che ha comprato la crescita nei paesi
capitalistici avanzati con un”insostenibile crescita di debito e asset
finanziari (“financial depth”) che in poco meno di 30 anni sono passati
dal 119% del pil mondiale (1980) al 356% (2007)
[Grafico 1].



giacche dopolagranderecessione 01Tra
le controtendenze alla caduta del saggio di profitto, nel periodo
1980-2007 un ruolo preminente (anche se non esclusivo) ha quindi giocato
la finanziarizzazione, ossia il “capitale produttivo d’interesse”
(Marx, Capitale, L. III sez 3).



3. Esso ha consentito:



a) il
mantenimento di una buona propensione al consumo da parte della classe
lavoratrice in USA, UE e Giappone, nonostante salari reali calanti
dall”inizio degli anni Settanta: questo grazie alla speculazione di
borsa e allo sviluppo del credito al consumo;



b) il
sostegno ad industrie di settori maturi, che hanno potuto sopravvivere
nonostante un”evidente sovrapproduzione (cfr. settore automobilistico):
questo grazie alle società finanziarie collegate e al credito al
consumo;



c) la
possibilità, per le stesse industrie del settore manifatturiero, di
fare profitti attraverso la speculazione di borsa, attraverso la finanza
proprietaria, il
trading, ecc.



4. La
crisi iniziata nel 2007 ha rotto quel modello di sviluppo. Ha distrutto
capitale reale e fittizio in enorme quantità (a conferma del carattere
non ciclico della crisi). Ma non è riuscita a rilanciare l”accumulazione
di capitale su scala globale.



5. Stati
Uniti, Giappone e Unione Europea (e più in particolare l”eurozona) si
trovano molto al di sotto della crescita potenziale stimata prima della
crisi [2-3].



giacche dopolagranderecessione 02





6. Nel
mondo ci sono decine di milioni di disoccupati in più, soprattutto nei
paesi a capitalismo avanzato, e quindi salari mancanti per oltre 1,2
trilioni di dollari, che gravano sulla domanda globale [4].





7. Il
debito complessivo, al contrario, è cresciuto di 57 trilioni di dollari
dal 2007. Sia nei paesi a capitalismo maturo, sia nelle economie
emergenti (Cina inclusa) [5].





8. Per
quanto riguarda in particolare i paesi a capitalismo maturo, a un calo
contenuto del debito privato ha fatto riscontro un forte aumento del
debito pubblico, principalmente a causa della enorme socializzazione
delle perdite conseguente alla crisi (gli Stati hanno salvato a proprie
spese dalla bancarotta il sistema finanziario e in qualche caso anche
buona parte del settore manifatturiero) [6].





9. Dopo
la crisi, le banche centrali di USA, Giappone e poi anche UE hanno
inondato il mondo di liquidità, portando a zero i tassi d”interesse
(politica monetaria convenzionale) e acquistando massicciamente asset
finanziari sul mercato (QE, politica monetaria non convenzionale).



10. La
Federal Reserve statunitense ha comprato titoli di Stato Usa e
obbligazioni private per 4 trilioni di dollari. Attualmente
nell”eurozona i riacquisti di obbligazioni da parte della BCE sono
superiori alle nuove emissioni nette [7-8].







11. Questo
ha sostenuto i mercati azionari e quelli dei titoli di Stato sia negli
Stati Uniti che in Europa [9-10-11]. Ma non ha fatto realmente ripartire
la crescita.









12. Questa
constatazione ha indotto alcuni studiosi, tra cui Lawrence Summers e
Paul Krugman, a rispolverare il concetto di “stagnazione secolare” (nato
durante la crisi degli anni Trenta). La situazione è stata così
descritta: “Sei anni sono passati dallo scoppio della Crisi Globale e la
ripresa non è ancora soddisfacente. I livelli di prodotto interno lordo
sono stati superati, ma poche economie avanzate sono tornate ai tassi
di crescita pre-crisi nonostante anni di tassi d’interesse praticamente a
zero. Inoltre, cosa preoccupante, la crescita recente ha un vago
sentore di nuove bolle finanziarie. La lunga durata della Grande
Recessione, e le misure straordinarie necessarie per combatterla, hanno
originato una diffusa sensazione, non meglio definita, che qualcosa sia
cambiato. A questa sensazione ha dato un nome a fine 2013 Lawrence
Summers, reintroducendo il concetto di ‘stagnazione secolare’».



13. Tale
concetto, come ha osservato Paul Krugman, afferma che «periodi come gli
ultimi 5 anni e oltre, in cui anche una politica di tassi d’interesse a
zero non è in grado di ricreare una situazione di piena occupazione,
sono destinati ad essere molto più frequenti in futuro».



14. La
ripresa da parte di Summers, Krugman e altri, della teoria della
“stagnazione secolare” indica precisamente la difficoltà, ma al tempo
stesso la avvertita necessità, per i paesi a capitalismo maturo, di
mantenere in vita quel modello di crescita imperniato sul capitale
produttivo d”interesse che è entrato in crisi nel 2007. Questo però si
scontra con due problemi.



15. Il
primo è la sproporzione crescente tra liquidità immessa nel mercato da
parte delle banche centrali e risultati in termini di crescita,
sproporzione accompagnata dal rischio di alimentare instabilità
finanziaria.



16. Il
secondo consiste nel fatto che le politiche monetarie espansive
(convenzionali e non) delle principali banche centrali occidentali sono
di fatto pagate dai paesi emergenti su cui le valute internazionali di
riserva (e in particolare il dollaro) esercitano un diritto di
signoraggio. Le manovre monetarie espansive del centro capitalistico
sono pagate dalla periferia.



17. Espandendo
la loro base monetaria, i paesi le cui monete sono valute
internazionali di riserva scaricano infatti il costo della loro politica
monetaria espansiva sui paesi emergenti, che sono costretti ad
adoperare quelle valute per gli scambi internazionali. Inoltre, rendendo
negativi in termini reali i tassi d’interesse sui propri titoli di
Stato, il costo dell’operazione viene scaricato su chi li ha comprati
(come è noto la Cina ha molti titoli di Stato americani in portafoglio).
Secondo Pingfan Hong (Onu) qualcosa come 3.700 miliardi di dollari di
valore sarebbero stati trasferiti in questo modo dai paesi in via di
sviluppo ai paesi più ricchi del pianeta.



18. Questo rappresenta un forte incentivo al superamento dell”attuale ordine monetario mondiale.



19. L”obiettivo
strategico è quello enunciato dall”agenzia cinese Xinhua il 30 ottobre
2013: creare “una nuova valuta di riserva internazionale che rimpiazzi
quella attualmente dominante, cioè il dollaro”.



20. Esso viene oggi perseguito principalmente in 2 modi:



a) Primo
modo: costruendo progressivamente un’alternativa concreta all’uso del
dollaro, dell’euro e dello yen nelle transazioni internazionali. Questo
sta già avvenendo: attraverso accordi bilaterali, un numero sempre
maggiore di paesi ha stipulato con la Cina contratti in base ai quali le
transazioni commerciali vengono regolate non più in dollari, ma in
yuan. Ed è precisamente su questa base che fin dall’ottobre 2013 lo yuan
ha superato l’euro e lo yen nel
Trade Finance
a livello internazionale, divenendo la seconda valuta mondiale in tale
ambito [12]. La richiesta di ammissione dello yuan alle monete del
paniere FMI dei diritti speciali di prelievo (SDR) rientra nella stessa
strategia.





b) Un
secondo modo è rappresentato dalla costruzione di nuove banche
multilaterali di sviluppo (Banca dei BRICS e AIIB). Esse hanno però due
obiettivi:



21. Il
primo obiettivo è la costruzione di infrastrutture finanziarie
incentrate sui BRICS e non più sulla triade Europa-Stati Uniti-Giappone,
e quindi in grado di assecondare la transizione a un ordine monetario
più bilanciato.



22. Il
secondo obiettivo, enunciato in modo chiaro sin dal 2013 da Justin Yifu
Lin (Against the consensus), è quello di colmare il gap
infrastrutturale fisico dei paesi emergenti, eliminando colli di
bottiglia dello sviluppo e sbloccando così importanti riserve di
crescita mondiale. È importante notare che di questa crescita
beneficerebbero sia i paesi emergenti (comӏ ovvio), sia i paesi a
capitalismo maturo (in grado di fornire oggi macchinari, domani beni di
consumo ai mercati con migliore potenziale del mondo).



23. È
importante osservare che questa strategia per il rilancio
dell”accumulazione di capitale su scala globale è l”unica vera
alternativa oggi in campo, per uscire dalla crisi, alla riproposizione
del modello imperniato sul capitale produttivo d”interesse e quindi
sull”incremento esponenziale del capitale fittizio.



24. Al
tempo stesso, se ci fermiamo sulle più importanti infrastrutture
ipotizzate, ossia la Via della Seta Terrestre e Marittima [13], vediamo
che esse hanno un”implicazione geopolitica fondamentale: ossia
l”avvicinamento di Europa ed Asia (e in prospettiva, forse, addirittura
la creazione di un blocco eurasiatico).





25. Oggi
a questo avvicinamento si oppone non soltanto la carenza di
infrastrutture di trasporto adeguate, ma l” “arco di instabilità” che
destabilizza Medio Oriente e Asia Centrale, interrompendo in più punti
entrambi i tracciati [14].





26. Questo
dato di fatto ci offre una interessante lettura, non “energetica”,
della situazione mediorientale. Esso ci deve preoccupare, soprattutto in
riferimento ad alcuni enunciati di Lawrence Summers nel contesto della
sua ripresa della teoria della “secular stagnation”.



27. Abbiamo
visto sopra che questa teoria presuppone la possibilità di poter in
qualche modo puntellare il modello di crescita precedente la crisi. Per
contrastare la tendenza alla caduta del saggio di profitto la soluzione
individuata è insomma quella di perpetuare l’egemonia del capitale
produttivo d’interesse, pur sapendo che questo non farà che riproporre –
e su scala ancora più estesa – i problemi che pochi anni fa hanno
condotto a una delle più gravi crisi della storia del capitalismo.



28. Ma
in verità Summers accenna anche a una soluzione alternativa per far
ripartire la crescita:  Â«Alvin Hansen enunciò il rischio di una
stagnazione secolare alla fine degli anni Trenta, in tempo per assistere
al boom economico contemporaneo e successivo alla seconda guerra
mondiale. È senz’altro possibile che si produca qualche evento esogeno
di grande portata in grado di aumentare la spesa o di ridurre il
risparmio in misura tale da accrescere il tasso di interesse reale da
piena occupazione nel mondo industriale e da rendere irrilevanti le
preoccupazioni che ho espresso. Guerra a parte, non è chiaro quali
eventi del genere possano verificarsi» (corsivo mio).



29. Se
prendiamo sul serio queste affermazioni, quello che si sta svolgendo
sotto i nostri occhi in Medio Oriente non è una recrudescenza di
tribalismo islamico contro la “moderna civiltà occidentale”; e quanto
avviene più complessivamente nel mondo non è l”emergere di presunti
nuovi imperialismi contro i vecchi poteri capitalistici.



30. Se si prendono sul serio quelle affermazioni – e io credo si debba farlo – sull”alternativa tra



a) il modello di sviluppo multilaterale e di rilancio della crescita attraverso investimenti in  asset reali proposto dalla Cina e

b) il
modello di crescita basato sul capitale produttivo d”interesse, sul
perpetuarsi di un signoraggio antistorico e la difesa di vecchie rendite
di posizione attraverso la destabilizzazione ora, e domani forse la
guerra, si gioca oggi la partita – dall’esito tutt’altro che deciso –
tra progresso e regressione.

Fonte: http://www.marx21.it/index.php/internazionale/economia/26201-dopo-la-grande-recessione-investimenti-multilaterali-per-lo-sviluppo-e-la-costruzione-di-un-nuovo-ordine-monetario-globale-30-tesi




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