Banche da paura | Megachip
Top

Banche da paura

I problemi posti dal sistema bancario dopo la crisi del 2008, le recenti vicende del sistema finanziario italiano e l’avvio tormentato dell’unione bancaria europea. [Vincenzo Comito]

Banche da paura
Preroll

Redazione Modifica articolo

27 Gennaio 2016 - 18.37


ATF

di Vincenzo Comito

I problemi posti dal sistema bancario dopo la crisi del 2008, le recenti vicende del sistema finanziario italiano, l’evoluzione tecnologica che rischia di sconvolgere gli equilibri del settore, l’avvio tormentato dell’unione bancaria europea, sono alcuni dei fattori che ci spingono a cercare di fare il punto su di un’attività che è sotto i riflettori dell’opinione pubblica.

Gli articoli che seguono cercano di analizzare in particolare la situazione e le prospettive del sistema bancario occidentale e le ipotesi di una sua radicale riforma.

La morte delle banche, 1?

Già molte decine di anni fa un filone della teoria finanziaria e monetaria (si pensi in particolare ai lavori di John Grey Gurley e di Edward Stone Shaw negli anni sessanta), considerava l’intermediazione finanziaria delle banche come un fenomeno transitorio, caratteristico dei paesi finanziariamente arretrati.

La loro scomparsa progressiva sarebbe stata da collegare allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, ciò che avrebbe permesso una valutazione diretta, da parte degli investitori, delle varie realtà del mercato e quindi lo sviluppo di un ricorso diretto da parte dei prenditori di capitali agli investitori stessi, saltando gli intermediari.

La realtà non ha confortato, almeno sino a tempi recenti, se non in misura molto ridotta, queste ipotesi. Si sono manifestati, nei decenni successivi alla pubblicazione delle analisi dei due autori, importanti fenomeni di disintermediazione, sia dal lato dell’attivo che da quello del passivo, legati anche allo sviluppo delle nuove tecnologie, ma le banche hanno reagito in molti modi, inserendosi nel settore degli investitori istituzionali, puntando sull’innovazione di prodotto e di processo, sviluppando una concorrenza accanita, basandosi anche sulla forza data loro dalla collusione con il potere politico.

Comunque, le ipotesi di Gurley e Shaw acquisivano una certa plausibilità se si guardava in particolare alla realtà Usa; da molto tempo ormai le imprese di quel paese fanno ricorso, per le loro necessità di finanziamento, per l’75% al mercato e solo per il 25% alle banche, anche se poi, per la verità, per montare le operazioni sul mercato, si rivolgono all’aiuto delle banche di investimento. In Europa il rapporto è inverso, con il 75% delle risorse procurate dalle banche e il 25% dal mercato.

Può apparire, per altro verso, paradossale parlare di morte delle banche quando abbiamo di recente assistito ad una crisi che ha fatto emergere, tra l’altro, l’esorbitante potere del sistema finanziario sull’economia.

La morte delle banche, 2?

Ma la crisi ha fatto anche venire alla luce il fatto che il sistema bancario non solo ha accresciuto la sua forza politica, ma che esso serve sempre meno ai bisogni del sistema economico, girando in sostanza soprattutto su se stesso e dedicandosi ai giochi della speculazione, da cui è stato poi salvato di recente con i soldi dei cittadini.

Così, da una parte esso ha destabilizzato l’economia e dall’altra ha mostrato, con lo scoppio di moltissimi scandali che di frequente coinvolgevano insieme molti istituti, di essere persino diventato, per molti versi, un’associazione a delinquere su larga scala, che opera con la convivenza dei governi e dei controllori.

Ancora in queste settimane apprendiamo che negli Stati Uniti la Goldman Sachs dovrà versare una penalità di 5,1 miliardi di dollari, dopo che altri istituti hanno dovuto pagare altri 37 miliardi, in relazione a delle operazioni fraudolente sul mercato dei titoli legati ai mutui e nell’ambito di un insieme di inchieste che hanno portato in totale nel tempo a sanzioni per più di 180 miliardi di dollari.

In tale clima, negli ultimi anni alcuni studiosi, sulla base da una parte del fatto che l’evoluzione tecnologica ha fatto dei passi da gigante dai tempi di Gurley e Shaw, dall’altra in relazione alle vicende della crisi, puntano il dito sulla necessità non di una stabilizzazione, ma di una rifondazione totale del settore. Da alcune parti si rilancia anche l’idea della fine delle banche come le conosciamo oggi, questa volta come obiettivo desiderabile ed urgente della politica economica dei vari governi, non come evoluzione spontanea indotta dalle tecnologie.

Così un testo recente, scritto insieme da un accademico e da un manager del settore (McMillan J., The end of banking: money, credit and the digital revolution, Londra, 2014), mostra come la rivoluzione tecnologica abbia paradossalmente aiutato il sistema a crescere a dismisura su se stesso, a fare operazioni sempre più complesse, a prendersi dei rischi irragionevoli e a schivare i regolatori e le agenzie di rating. Il volume prevede anche, come vedremo più avanti, la rifondazione totale del sistema.

[center][size=3][b][url”Continua a leggere l”articolo su Sbilanciamoci.info”]http://sbilanciamoci.info/banche-da-paura/[/url][/size=3][/b][/center]

[url”Torna alla home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]

Native

Articoli correlati