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L'uomo che non sapeva nulla

Chissà se la Procura di Milano se ne farà una ragione: a Pigi Battista non è piaciuta la requisitoria al processo Ruby-bis [Marco Travaglio].

L'uomo che non sapeva nulla
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2 Giugno 2013 - 23.35


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di Marco Travaglio.

Chissà se la Procura di Milano se ne farà una ragione: a Pigi
Battista
non è piaciuta la requisitoria al processo Ruby-bis. I pm Forno
e Sangermano hanno usato brutte parole, senza nemmeno concordarle con
lui. Poi han chiesto 7 anni per Mora, Fede e Minetti, più l’interdizione
perpetua dai pubblici uffici e dagli incarichi scolastici: troppo.

Se
nemmeno tre eventuali condannati per induzione e favoreggiamento della
prostituzione, minorile e non, possono diventare deputati o premier o
capi dello Stato, né dirigenti o insegnanti in scuole e asili, dove
andremo a finire, signora mia.

Cose che càpitano quando i pm si ostinano
a pronunciare requisitorie senza consultare il noto giureconsulto del Corriere , che nessuno ha mai visto a un processo, ma li conosce tutti come le sue tasche.

Mesi
fa Lele Mora era in carcere per bancarotta e lui tuonò: “Sei mesi di
galera preventiva per bancarotta appaiono una punizione leggermente
esagerata prima ancora di una sentenza”; “i pm usano la galera per
indurre l’indagato a conformarsi alla loro versione”; roba da “tortura”,
colpa della “ferocia diffusa che chiede provvedimenti esemplari contro
l’‘antipatico’, l’eticamente discutibile ed esteticamente
impresentabile, il flaccido malfattore (presunto)”.

Poi si scoprì che il
malfattore era talmente “presunto” e “in attesa di sentenza” da aver
appena patteggiato 4 anni e 3 mesi per la bancarotta da 8,4 milioni
della sua LM Management, al cui fallimento aveva sottratto i 2,8 milioni
regalati da B. per comprarsi una Mercedes e dirottare il resto su un
conto svizzero.

Subito sbugiardato, il Battista non batté ciglio. Anzi,
passò subito ad assolvere l’altro suo imputato prediletto, Ottaviano Del
Turco
, ripubblicando per l’ennesima volta il pezzo che scrive dal 2008,
quando l’allora governatore d’Abruzzo fu arrestato per tangenti.

L’altro giorno ha scritto che: il pover’uomo è ancora “nell’attesa di un
processo ancora ai primi passi” (non avendolo mai seguito, non sa che è
alle ultime battute); le “prove schiaccianti” (tipo la confessione del
corruttore, che ha addirittura fotografato le mazzette prima di
consegnarle a Del Turco) annunciate dai pm “non esistono”; e la Procura
“non aveva nemmeno controllato le date delle foto scattate
dall’accusatore e dei pedaggi autostradali”.

Purtroppo l’altroieri il
perito del Tribunale ha confermato che le foto delle mazzette collimano
con le date dei viaggi in autostrada del presunto corruttore verso casa
Del Turco.

Ma questa notizia l’ha data solo il Fatto.

Battista
no: con agile balzo, era tornato ad assolvere l’altro imputato
prediletto, Lele Mora. Che, a suo dire, viene processato con Fede e
Minetti non per dei reati, ma per “un peccato”, “uno stile di vita”. E
viene offeso dai pm con un “linguaggio” sconveniente che “smarrisce il
senso delle proporzioni”.

In effetti è bizzarro che in un processo per
prostituzione
l’accusa parli di prostituzione con espressioni come
“sistema complesso di prostituzione”, “soddisfacimento del piacere di
una persona”, “atti sessuali retribuiti”, e dipinga i presunti papponi
“come sentina di ogni vizio, espressione di ogni nefandezza” a fini di
“degradazione morale”, anziché elogiarne le virtù etiche e civiche (in
fondo il lenocinio è uno “stile di vita” come un altro).

Invece quelli
di Milano sparano la richiesta “severissima” di condannarli a 7 anni più
le interdizioni: la prova che vogliono “una condanna morale”, non
“giudiziaria”, una “pena esemplare” e quindi non “giusta”.

Non sa, il
giureconsulto, che non la Procura, ma il Codice penale, grazie anche
alle leggi dei governi Berlusconi del 2006 e del 2008, prevede per
questi reati da 6 a 8 anni di carcere con automatica interdizione
perpetua dai pubblici uffici e dagl’incarichi scolastici: nemmeno
volendo i pm avrebbero potuto chiedere di meno
.

Ma Battista, rispetto ai
giornalisti, gode di un privilegio invidiabile: non sapendo nulla, può
scrivere di tutto.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2013.

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