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EVACUATECI! Il genocidio della Terra dei Fuochi

Il piano nazionale di smaltimento dei rifiuti industriali, la devastazione del suolo campano, una catastrofe che parla agli inquinati di tutto il mondo.

EVACUATECI!  Il genocidio della Terra dei Fuochi
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2 Novembre 2013 - 02.08


ATF

Questa fine dell’utopia
[…] possiamo concepirla come la fine della storia, cioè che le
nuove possibilità di una società umana e del suo ambiente non
possono essere immaginate come prolungamento delle vecchie […].
Schierarsi era necessario e ciò rendeva ben individuabile il
nemico fuori, il nemico da combattere ed abbattere.

(Herbert Marcuse,
La fine dell’utopia,
Manifestolibri, Roma 2008).

di Massimo Ammendola


Questo articolo era nei miei
pensieri da diversi mesi. Dopo tanti anni, non era facile
tornare a scrivere di un argomento che mi fa diventare
letteralmente pazzo, talmente è assurdo ed incredibile ciò che
accade nella mia terra. Devo quindi ringraziare Claudio Velardi,
ex assessore regionale e consigliere di D’Alema, e Mario
Adinolfi, ex deputato e giornalista, che hanno fatto alcuni
ridicoli commenti sul tema dei roghi tossici, sulla presunta
indifferenza dei cittadini negli anni passati e sui fini non
chiari delle ultime manifestazioni [1]



[2]
. Mi hanno
così innervosito, che sono riuscito a scrivere, provando a
mettere ordine in questa tremenda storia.

Sono fiero di dire che ho
iniziato a pre-occuparmi di sversamenti illegali di rifiuti
tossici in Campania nel 2006, quando conobbi, per poi entrarne a
far parte tramite le Assise della Città di Napoli [3], il Comitato
Allarme Rifiuti Tossici [4].

Avevo 21
anni, volevo cambiare il mondo. Ed iniziai dal mio mondo. Non
ero mica il primo: una delle testimonianze di denuncia più
“datate” è un documento del 1988 dei consiglieri comunali del
Partito Comunista Italiano di Casal di Principe (Ce), che
denunciavano la presenza di rifiuti e fusti nelle cave della
zona. Dopo 18 anni, la situazione non era per niente cambiata,
ce n’erano di cose da capire e di lavoro da fare: per primi ascoltai
in un’assemblea alcuni attivisti e medici dell’Istituto Tumori
“Pascale” di Napoli, e mi resi conto che l’Emergenza rifiuti
urbani di Napoli e Campania [5] era la punta
dell’iceberg di qualcosa di enorme e spaventoso.

Più tardi, dopo aver
approfondito questi temi, capii che i rifiuti urbani erano
strettamente legati al traffico di rifiuti tossici: molte
discariche di rifiuti urbani e le stesse ecoballe contengono
anche scarti tossici; in alcuni casi, come la discarica di Lo
Uttaro, in provincia di Caserta, coprono totalmente vecchi
sversamenti di scarti industriali. Lo Stato ha occultato le
prove di un reato, in pratica. Questi scarti (solidi, liquidi,
fanghi) tossici, ed anche nucleari, da oltre vent’anni vengono
però anche gettati nelle cave dismesse, nei laghetti, o
utilizzati come fertilizzante per terreni agricoli, o come
sottofondo stradale, provocando in ogni caso un avvelenamento
progressivo delle falde acquifere, delle acque di irrigazione
dei campi e dell’aria. Ma soprattutto venivano e vengono buttati
e bruciati nelle campagne e periferie a nord di Napoli e a sud
di Caserta, in quello che venne chiamato il Triangolo della
morte, Acerra-Nola-Marigliano, e molto oltre, a formare un largo
corridoio tossico che arriva fino al mare, passando per
Marcianise, Caivano, Afragola, Casoria, Aversa, Giugliano,
Qualiano, Casal di Principe, Villa Literno, Castelvolturno, solo
per citare alcuni dei comuni maggiori.

Basta prendere la A3 da Roma in
auto, alla barriera Napoli Nord, all’altezza dello svincolo per
Caserta Sud: specialmente di sera l’aria è nera, fetida e più o
meno irrespirabile, a seconda dei venti.

Non solo: scoprii che lo Stato
faceva e fa finta di non vedere in maniera sistematica quando si
trattava di sversamenti illegali. Innumerevoli le testimonianze
di chiamate a Carabinieri, Vigili del Fuoco, Polizia, che si
risolvevano in un nulla di fatto o in un susseguirsi di
trasferimenti di chiamata da un centralino all’altro.
Indifferenza, spalle voltate. Ogni tanto qualche confessione di
impotenza, “che cosa possiamo fare?”. Per non parlare del
carrozzone dell’Agenzia regionale protezione ambientale
Campania, l’Arpac, che non ha poteri di polizia giudiziaria, e
che spesso è stata criticata per le analisi compiute. E le
denunce delle Assise e dei comitati, le assemblee, le
manifestazioni, i volantinaggi, gli esposti, i convegni, le
segnalazioni (su tutti il sito www.laterradeifuochi.it di Angelo
Ferrillo, che mappa costantemente i roghi tossici segnalati dai
cittadini? Tutto è stato ignorato da coloro che avrebbero
dovuto invece ascoltare, rispondere ed intervenire, così come ha
fatto anche buona parte della cittadinanza… Ma ora che ci si
ammala e si muore così facilmente, la gente sta finalmente
prendendo coscienza e manifestando in massa. E se ora queste
denunce sono tornate alla ribalta, lo si deve anche all’operato
di Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano che è riuscito
ad ottenere attenzione mediatica, dopo alcuni anni di
disinteresse. Nel frattempo, però, comitati e parrocchie sono in
guerra permanente tra loro, sospettosi e divisi, ognuno
detentore della propria verità, al punto che sono state
organizzate due
manifestazioni diverse e separate a Napoli, una il 26 ottobre e
una il 16 novembre… Proprio ora che le coscienze delle masse
si stanno risvegliando? È un caso? Sembra il solito ed abusato
divide et impera.

Intanto si continua a morire, è
un’epidemia di tumori e malformazioni. E stanno morendo di
tumori e leucemie, con una frequenza terrificante, i bambini.

Tutti sanno tutto. Politici,
giornalisti, magistrati e cittadini. Ferrillo lo definisce come
«il più grande avvelenamento di massa di un Paese occidentale,
la più grande catastrofe ambientale a partecipazione pubblica».

Secondo Giovan Giacomo Giordano,
ex primario anatomo-patologo presso l’Istituto Pascale di
Napoli, già dagli anni ‘70 la Campania patisce gli effetti
nocivi per la salute pubblica causati da smog e rifiuti tossici:
è del 1977 il suo libro bianco,
Salute e ambiente in
Campania
.

Il figlio, Antonio, patologo e
genetista, oggi parla di

un laboratorio
di cancerogenesi dove le cavie non sono topi, ma i napoletani ed
i campani. […] Le posso dire con la certezza dell’osservazione
dei dati statistici, delle mappe dell’inquinamento e dai tipi di
sostanze ritrovate, che il 60% dei residenti svilupperà tumori
od altre gravi patologie. […] Mutazioni, trasmissibili
geneticamente. Negli animali, nelle piante e negli uomini. Dei
ceppi genetici pericolosissimi [6].

Come Chernobyl e Fukushima.

Ma questa è solo la base della
piramide di silenzio e connivenza. Se su un territorio esteso
(grossolanamente misurato su Google Maps parliamo
di circa 2000 km2, anche se per il presidente della
regione Campania Caldoro è solo un 1%, ben perimetrato [7]), ogni
giorno ed ogni notte, molto spesso negli stessi punti isolati,
vengono incendiati rifiuti nocivi prodotti da industrie locali e
del Nord Italia, recuperati dai clan tramite dei “broker” che li
dirottano in queste zone: allora è evidente che ci troviamo
davanti ad un grande piano
nazionale di smaltimento degli scarti industriali, elaborato da
politici, industriali, clan, servizi segreti deviati,
massonerie.

Non si sapeva come smaltirli,
poiché farlo legalmente costa, e allora hanno trovato questa
brillante soluzione per aiutare le industrie a risparmiare, e
per fare arricchire ancor di più i clan: l’assurdo è che i clan
hanno fatto risparmiare cifre astronomiche alle imprese del nord
Italia. Probabilmente se non si fosse sversato illegalmente in
Campania e nelle altre regioni del sud Italia (in particolare
anche Puglia e Calabria), molte industrie non avrebbero potuto
sostenere i costi di smaltimento e quindi reggere la concorrenza
internazionale, specie quella cinese, a bassissimo costo. E così
abbiamo pagato noi sulla nostra pelle.

In questa storiaccia è tutto
molto chiaro e banale, basta leggere dietro le righe, unire i
puntini e annerire gli spazi, La Settimana Enigmistica
docet.

È chiaro il ruolo delle logge
massoniche, captato nelle intercettazioni: è storia che Licio
Gelli era in contatto con Gaetano Cerci, nipote di Francesco
Bidognetti, che gestiva il traffico dei rifiuti tossici per
conto dei Casalesi, insieme al broker e avvocato Cipriano
Chianese. La massoneria esiste per evitare eventuali danni
legislativi piuttosto che investigativi o giudiziari, come ha
affermato Roberto Mancini, sostituto commissario della Polizia
di Stato, in un’intervista di Sky [8].

Così come è letteratura
giudiziaria la “riunione di Villaricca”, uno degli incontri
chiave che hanno sancito il destino tossico della Campania, nel
1989, presso il ristorante-albergo La Lanterna, in cui si
riunirono vari soggetti:

ci sono i camorristi di Pianura e dell’area flegrea, tra cui
Perrella. C’è Ferdinando Cannavale, nel ruolo di massone amico
dei politici locali e nazionali. Ci sono i proprietari delle
discariche […]. C’è Gaetano Cerci, il titolare dell’azienda
“Ecologia ‘89”, che trasporta e smaltisce rifiuti, ma è anche
nipote di Francesco Bidognetti, braccio destro di Francesco
Schiavone ‘Sandokan’. Cerci è inoltre il tramite tra il clan dei
casalesi e Licio Gelli [9].

Quest’ultimo, capo della Loggia
Massonica p2, era
una figura di snodo: il contatto con gli imprenditori del nord
che avevano un problema da risolvere, oltre ad avere i giusti
contatti col potere romano.

«Delle 25 lire che gli
industriali pagavano in media per liberarsi di ogni chilo di
rifiuti affidati alla malavita, 15 lire andavano alla camorra e
10 lire alla politica».

Una grande alleanza
Stato-Mafie-Industriali. Per questo è impossibile pensare di
eliminare le mafie, che sono la base del sistema capitalistico.
Ci dovrà essere sempre, se continua ad esistere questo sistema
economico, qualcuno che fa il “lavoro sporco”, e che facendolo
produce grandissimi profitti, tutti in nero: così come lo
smaltimento dei rifiuti tossici, anche la gestione del ciclo dei
rifiuti, la gestione delle cave e delle discariche, l’edilizia
selvaggia, le privatizzazioni, le grandi opere, gli impianti
sportivi, tutto è finalizzato al riciclaggio di un
inimmaginabile fiume di denaro “sporco”.

Tornando ai rifiuti industriali,
in effetti, pur volendo, non si può smaltire tutto, perché solo
il 50% dei rifiuti industriali prodotti in Italia può essere
trattato legalmente, e allora l’altro 50% non si sa dove
ficcarlo. Secondo un rapporto del prof. Venosi, ex vice
presidente della commissione del ministero dell’Ambiente sulla
produzione dei rifiuti industriali, l’85% dell’intera produzione
appartiene a quattro regioni italiane con uno smaltimento che
mette in evidenza una marcata differenza (decine di milioni di
tonnellate) tra i rifiuti prodotti e quelli dichiarati [10].

Le industrie, per produrre ciò
che consumiamo compulsivamente, sputano fuori parecchia robaccia
tossica: quando compriamo qualcosa, stiamo acquistando anche una
porzione di rifiuti tossici. Facciamocene un’idea concreta,
grazie all’ottimo documentario scritto da Annie Leonard,
The story of stuff [11]:
per ogni sacchetto della spazzatura che produciamo (due kg
circa), ce ne sono settanta di roba tossica che escono dalle
industrie! Settanta! Quindi, anche se riciclassimo il 100% dei
nostri rifiuti urbani, non risolveremmo il problema vero, quello
dei rifiuti industriali. E delle materie prime che si utilizzano
per fare le cose che compriamo cosa ci resta? L’un per cento. Il
99% dei materiali diventa rifiuto. È un sistema folle, che ci
sta uccidendo, senza farcene accorgere.

Ma torniamo in Campania: il
geologo Giovanni Balestri nel 2010 depositò, per conto della
dda di Napoli, la
relazione sulla Resit, la discarica fra Giugliano e Parete che
ha inghiottito veleni industriali del Nord Italia dalla fine
degli anni ‘80. Nella perizia scrisse che il percolato delle
centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali
interrati in quell’area penetrerà nelle falde acquifere
contaminando gran parte della Regione, profetizzando il 2064
come anno in cui si consumerà il dramma. Inoltre afferma che il
biogas viaggia sotto il suolo, ad alte temperature, bruciando ed
indebolendo quindi le radici delle piante e delle coltivazioni
che incontra nel suo cammino di morte e provocando le fumarole
che siamo abituati a vedere in Campania nei luoghi del disastro
ambientale [12].

E molte falde e pozzi sono già
compromessi. Le stesse fonti d’acqua contaminata sono utilizzate
per annaffiare i campi che producono frutta e verdura che viene
poi venduta in tutta Italia: i prodotti agricoli vengono
comprati a prezzi stracciati dalla grande distribuzione
multinazionale, che è strafelice di lucrare, non interessandosi
minimamente della qualità [13].
Il cerchio del profitto si chiude. E se le falde si inquinano
così gravemente, si inquinano gravemente anche mari, laghi e
fiumi, con annesse flora e fauna…

Insieme all’aria e all’acqua,
quindi anche la terra e il cibo sono inquinati. Sta morendo
tutto.

Chi annaffia con quell’acqua
contaminata lo fa per ignoranza, che a volte si lega alla necessità
di arrivare a fine mese, ma diventa anche avidità.

Avidità ed ignoranza che muovono
anche chi sversa nei campi il cloruro di metilene, un pericoloso
sverniciante, uno dei solventi utilizzati nella produzione in
nero di scarpe e borse: ecco allora che i carnefici diventano
quasi sicuramente vittime, attuando un folle suicidio in nome
del profitto.

Tra le vergognose frasi sparate
dai politici e dagli industriali: “evitare inutili allarmismi”
(Paolo Graziano, presidente degli industriali napoletani); qui
si muore di più per lo “stile di vita non sano, a causa del fumo
di sigaretta” (vizio tipico dei bambini secondo il ministro
Lorenzin e tanti altri) e della “cattiva
alimentazione” (mangiando frutta e verdura); non è dimostrabile
che qui si muore per i rifiuti, manca il nesso di causalità, la
relazione causa-effetto: ma le “prove” epidemiologiche non sono
sufficienti a stabilire un nesso di causalità, costituiscono
solo elementi circostanziali [14].
Pare quindi che il mancato nesso venga utilizzato come scusa per
non intervenire mai davvero, visto che non è mai stato cercato
davvero, quando è poi più che evidente la devastazione
dell’ambiente, il disagio, la puzza tossica dei roghi, le
malattie, oltre alla esposizione perenne ad un cocktail di
cancerogeni certi, la cui genotossicità non è negabile. Tutto
ciò dovrebbe bastare, ma ove non fosse riconosciuto il nesso di
causalità, esiste il “principio di precauzione” dell’Unione
Europea, ovvero la strategia di gestione del rischio nei casi in
cui si evidenzino indicazioni di effetti negativi sull’ambiente
o sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante,
ma i dati disponibili non consentano una valutazione completa
del rischio.

Eppure pare che il rapporto di
causa/effetto tra tumori e malformazioni e la presenza di
rifiuti tossici in queste zone sia stato poi scientificamente
dimostrato già nel 2008 grazie ad una indagine dell’Istituto
Superiore di Sanità, commissionato dal contingente militare
americano di stanza in provincia di Caserta: dopo la
pubblicazione dei risultati, tutte le famiglie americane
presenti nell’area sono state trasferite altrove, così come
venne vietato di bere l’acqua del rubinetto agli stessi militari
(nei comuni di Arzano, Marcianise e Villa Literno). Così il
riassunto dell’indagine:

Sono stati evidenziati cluster
con eccessi significativi della mortalità per tumore del
polmone, fegato, stomaco, rene e vescica e di prevalenza delle
malformazioni congenite totali, degli arti, del sistema
cardiovascolare e dell’apparato urogenitale. I cluster sono
concentrati in una sub-area a cavallo delle due province nella
quale sono più numerosi i siti di smaltimento illegale dei
rifiuti tossici.

 

Tutti sanno, e nessuno fa nulla.
Da sempre. Com’è possibile? Svegliamoci. È perché così devono
andare le cose, così è stato deciso. Il sistema deve produrre
denaro, per farlo esternalizza, cioè regala ad altri i costi che
da solo non può reggere, come gli scarti, ad esempio. E conta
solo il profitto, conta solo chi consuma tanto. Immaginate
quanto poco potesse contare chi ancora faceva parte di una
cultura ibrida città/campagna, ed ancora si autoproduceva le
verdure nell’orto, senza acquistarle dalla grande
distribuzione… E crea ricchezza anche una valanga di tumori,
il Pil aumenta. Non contiamo nulla. Ce ne vogliamo render conto?
Trattati peggio degli schiavi, per una vita di sofferenze.

E allora non c’è più tempo: va
chiesta l’evacuazione di queste zone compromesse, questa è la
cosa più urgente da fare: non si può continuare più a vivere
così, anzi a morire così. Per alcune zone infatti la bonifica
non è possibile. Ad esempio, per i 20 chilometri quadrati morti
dell’area ex Resit, a Giugliano, pari a 2600 campi di calcio,
secondo il commissario di governo: «Realisticamente la bonifica
appare impossibile. Per legge, infatti, bisognerebbe raccogliere
tutti i materiali, rimuoverli e trasportarli altrove. Stesso
discorso vale per le acque. Un’impresa proibitiva».

Quindi dobbiamo avere paura
di ciò che si nasconde dietro l”enorme attenzione mediatica dedicata in quest’ultimo
periodo alle bonifiche, coi soliti nomi che prima sversavano ed
che ora vogliono ripulire, dato che ora va di moda il
capitalismo verde, l’affarismo speculatore definito come “green
economy”. Dobbiamo allora richiedere solo dopo delle vere
bonifiche dove è possibile, e non il movimento-terra che fanno i
clan, cioè lo spostare la terra inquinata da un luogo all’altro,
dobbiamo chiedere le migliori e più avanzate tecnologie, dalle
alghe e alle produzioni agricole
no-food, per
recuperare terreni e falde, ma ci vorranno anni, si parla di
oltre vent’anni. E ci vorrà la supervisione dello Stato e
dell’esercito, affinché non si ripetano le false bonifiche a cui
si è già assistito in passato, fatte solo per lucrare. Ma la
cosa che più mi lascia perplesso, è come sfugga che sia
necessaria per le bonifiche una quantità di denaro enorme: tanto da far dire ai componenti della
Commissione parlamentare
d’inchiesta sui rifiuti (2000–2001) che loro sapevano degli
sversamenti e non potevano far nulla poiché i soldi per le
bonifiche non ci sarebbero mai stati. Questo equivale a dire che
una vera bonifica costa tantissimo, più di quello che uno Stato
può sborsare. 

E ora, nel 2013, quando ormai lo Stato italiano si
è piegato e denudato davanti alle Banche europee e mondiali,
accettando di inserire nella costituzione il pareggio di
bilancio, e quindi non ci sono più i soldi per fare nulla, da
dove prendere una montagna di soldi che non c’era già nel 2001?
È quindi evidente che se ora si parla di bonifiche e lo si fa
proponendo ancora leggi speciali ed emergenziali, si vuole solo
mangiare altri soldi pubblici. Oltre alle lucrose bonifiche, si
immagina un goloso modello di sviluppo per il futuro della
Campania basato sulla speculazione industriale ed energetica:
una nuova riconversione d’uso della regione, trasformando i
terreni agricoli inquinati in terreni industriali, magari con
l’installazione di inceneritori a biomasse per bruciare le
colture inquinate, facendo comunque ricadere sul territorio le
sostanze tossiche, sotto forma di fumi che sputeranno i camini.
E che potrebbero anche servire per bruciare qualche ecoballa…
Quindi bisogna stare molto attenti quando i movimenti fanno le
loro richieste di aiuto a una classe dirigente che ha sempre
lucrato sui problemi, e che ora pare se ne voglia fare carico:
dati gli enormi interessi economici in gioco, il rischio è
quello di dare il fianco a speculatori e aguzzini che non
aspettano altro che cavalcare le proteste dei cittadini per i
loro interessi.

E si parla tanto di fare
qualcosa per la Terra dei Fuochi… ma nulla accade in verità.
Lo Stato faccia mea culpa,
si lavi la faccia e cambi registro, rompa lo scellerato patto:
fermi i roghi e gli sversamenti, immediatamente! Altro che
emergenza, questa è una guerra, e allora ci vuole l’esercito in
ogni strada, in ogni contrada, in ogni angolo. Ci vorrebbe la
legge marziale per controllare davvero il territorio, qua serve
l’esercito che spara a vista chi sversa e brucia. E vanno poi
aperti nuovi fronti: i controlli satellitari dei camion possono
addirittura dirci cosa trasportano; va fatto un censimento dei
rifiuti industriali italiani, di ogni industria bisogna sapere
cosa “rifiuta” e come lo smaltisce. Va quindi colmato il gap per
quanto riguarda l’impiantistica per i rifiuti tossici. Ed
ancora: analizzare i suoli agricoli e le acque, esaminare
l’assorbimento degli inquinanti da parte delle varie tipologie
di colture vegetali, tracciando seriamente i prodotti
agro-alimentari [15].

E poi bisogna guardarsi in
faccia ed ammettere che finché il modo di produrre e consumare
sarà questo, la situazione rischia di rimanere tragica. Bisogna
esigere che ci sia totale possibilità di smaltire tutta la merda
prodotta da questo sistema folle, ed ancora meglio, bisognerà
esigere che non si produca più tutta la roba inutile che si
produce, con annessi rifiuti tossici, ma si produca ciò di cui
veramente abbiamo bisogno.

C’è un intero sistema produttivo
ed economico da rivedere, l’intero stile di vita occidentale.

Possiamo e dobbiamo aspirare a
una vita migliore, che abbia come fine la felicità, e non il
consumo.. tossico. È il momento di svegliarci dal torpore delle
comodità dei falsi bisogni consumistici, ognuno di noi deve
diventare responsabile. Inquinati di tutto il mondo, unitevi.

OTTOBRE 2013






[7]

http://www.webnapoli24.com/2013/10/16/legge-speciale-caldoro-a-la7-con-giovani-e-chiesa-nuova-speranza-adesso
risposte/





[9]

Alessandro Iacuelli,
Le vie infinite dei rifiuti – Il sistema campano, Edizioni
Rinascita, Roma 2008.





[11]

La storia delle
cose
, http://vimeo.com/17262810 


 


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