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Tre svolte per un'alternativa credibile al capitalismo

Trasformare l’economia. Fonti culturali, modelli alternativi, prospettive politiche, un libro di Roberto Mancini con idee per azioni collettive.

Tre svolte per un'alternativa credibile al capitalismo
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19 Agosto 2014 - 05.54


ATF

di Paolo Bartolini.

Da
qualche mese la bibliografia delle opere dedicate allo studio delle alternative
al capitalismo, si è arricchita di un contributo esemplare che, purtroppo, non
ha ancora ricevuto l’attenzione che meriterebbe. Stiamo parlando del nuovo
libro del filosofo Roberto Mancini,
intitolato “Trasformare l’economia. Fonti culturali, modelli alternativi, prospettive politiche”
(Franco Angeli, 2014, € 39). Mancini è professore ordinario di Filosofia
Teoretica all’Università di Macerata ed è titolare della rubrica “Idee
eretiche” sul mensile Altreconomia.
Il suo lavoro, da molti anni, si muove al crocevia tra critica sociale,
filosofia della condivisione e ripensamento dei principali cammini spirituali
dell’umanità (con particolare attenzione al cosiddetto “cristianesimo non religioso” secondo le intuizioni di Dietrich Bonhoeffer).

“Trasformare
l’economia” ci offre una ricognizione dettagliata e ragionata dei principali modelli di alternativa al
sistema del consumo e del denaro
, partendo da due intuizioni letteralmente
illuminanti: la prima è quella che pone il concetto di trasformazione come nuova stella polare del cambiamento, una volta
superata la coppia concettuale di riformismo e rivoluzionarismo; la seconda è
quella che invoca, per rendere possibile la nascita di una nuova società
post-capitalistica, l’interagire reciproco di tre grandi svolte: una svolta spirituale, una svolta economica e una svolta culturale-politica.

Il
tentativo di Mancini, a partire da queste premesse di vitale importanza, è
quello di evitare le trappole insite nell’approccio
riformista
(che vorrebbe migliorare singoli aspetti tecnici del capitalismo
senza metterne in discussione la logica distruttiva e separativa) e in quello rivoluzionario (che
fantastica di cambiamenti radicali resi possibili dalle armi, senza accorgersi
che è la violenza a cambiare in profondità chi ne fa uso, fino al punto di
riprodurre forme di potere peggiori di quelle che si volevano abbattere).

Va
detto subito che l’impegno che questa opera richiede ai suoi lettori
è notevole. Un impegno, possiamo dirlo, che è ampiamente ripagato dalla vastità
degli orizzonti che ci vengono dischiusi e dalla coerenza di fondo del discorso
filosofico. Troviamo allora, sfogliando le pagine del libro, approfondimenti
preziosi sul paradigma del dono,
sull’economia di comunità ideata da Adriano Olivetti, sull’economia gandhiana della
trusteeship,
sull’economia del bene comune, sul movimento per la decrescita e su altri modelli
di azione collettiva
che disegnano – una volta ripresi e ripensati in modo
corale – i contorni di una svolta metodologica in economia indispensabile per
neutralizzare le pretese assolutistiche del pensiero unico neoliberista.

Sul
versante di un’altrettanto indifferibile svolta culturale e politica Mancini
suggerisce almeno tre luoghi chiave per “elevare la democrazia”:
il mondo della scuola e dell’università,
le battaglie per i beni comuni e per una
giustizia restitutiva
, la rappresentanza
politica
e la sua presenza all’interno delle istituzioni abilitate a
legiferare e a governare la società.

Forse
però la novità più interessante di questo testo va rintracciata nel primo capitolo,
dove l’autore prova – mediante un confronto al tempo stesso colto e accessibile
con le principali sapienze antropologiche del mondo – a sviluppare una
riflessione originale sulla necessità di una svolta spirituale che metta
finalmente in discussione il mito
implicito della nostra società di mercato
.

La
convinzione di Mancini, che condividiamo totalmente, è che il capitalismo globale affondi le sue radici nella mentalità millenaria
dell’occidente
(dalla Grecia antica, passando per un cristianesimo infedele
al messaggio evangelico, fino a giungere all’antropologia dell’homo oeconomicus e al liberismo
economico degli ultimi secoli) e da essa tragga quella forza paralizzante che
impedisce a moltissime persone di immaginare altrimenti il futuro e di
fuoriuscire dall’ideologia insostenibile della competizione generalizzata e
dell’accumulazione economica.

Il
mito del capitalismo, una volta
rappresentato graficamente, appare come un quadrilatero.
Sentiamo su questo le parole dello stesso Mancini:

Uomo egoista, natura avara,
morte sovrana, divinità
irraggiungibili
: ecco il quadrilatero mitico che il capitalismo ha
ereditato dalla tradizione dell”Occidente e che ha svolto a suo modo. La forma
di vita possibile entro uno spazio simile è fatalmente una forma sacrificale
[…] Finché gli esseri umani crescono immersi in questo tipo di mentalità, anche
se non hanno alcuna cognizione del mito nel quale si radica la loro cultura, si
attengono, come se fosse la cosa più naturale del mondo, al principio di realtà
costruito dal capitalismo. Ecco perché, nonostante i disastri causati da questo
sistema, esso continua a imporsi nella società contemporanea
” (pp. 85-86).

Chi
leggerà il libro scoprirà come da questa lettura seguano alcune considerazioni
preziosissime per chiunque senta il dovere morale di contrastare la follia del
capitalismo finanziario costruendo, giorno dopo giorno, un futuro di pace e di
solidarietà.

Tale
dovere, sia ben chiaro, non può essere assunto come un obbligo, piuttosto
assomiglia alla risposta che ogni essere umano impara a dare a una chiamata misteriosa che reclama, nel
qui e ora della storia, la difesa della
dignità infinita di ogni singolo uomo
e annuncia una pienezza di vita
capace di vincere l’angoscia della morte, vera radice della nostra complicità
con le logiche del potere fatte proprie dal capitalismo.

L’illustrazione rappresenta un quadro di Ulf Rahmberg:
Painting No. 21 (lato B), 1970-73, visitabile al Moderna Museet di Stoccolma
.

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