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Missile contro il gasdotto

L’agguato non era solo contro il caccia russo, ma contro il Turkish Stream, il gasdotto che porterebbe il gas russo in Turchia e nella UE. [Manlio Dinucci]

Missile contro il gasdotto
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1 Dicembre 2015 - 22.28


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di Manlio Dinucci.

Il missile Aim-120 Amraam lanciato
dall’F-16 turco (ambedue made in USA)
non era diretto solo al caccia russo impegnato in Siria contro l’ISIS, ma a un
obiettivo ben più importante: il Turkish Stream, il progettato
gasdotto che porterebbe il gas russo in Turchia e, da qui, in Grecia e altri
paesi della UE.

Il Turkish
Stream
è la risposta di Mosca al siluramento, da parte di Washington, del South
Stream
, il gasdotto che, aggirando l’Ucraina, avrebbe portato il gas
russo fino a Tarvisio (Udine) e da qui nella UE, con grandi benefici per
l’Italia anche in termini di occupazione. Il progetto, varato dalla russa
Gazprom e dall’italiana Eni e poi allargato alla tedesca Wintershall e alla
francese Edf, era già in fase avanzata di realizzazione (la Saipem dell’Eni aveva
già un contratto da 2 miliardi di euro per la costruzione del gasdotto
attraverso il Mar Nero) quando, dopo aver provocato la crisi ucraina,
Washington lanciava quella che il New
York Times
definiva «una strategia aggressiva mirante a ridurre le forniture
russe di gas all’Europa». Sotto pressione Usa, la Bulgaria bloccava nel
dicembre 2014 i lavori del South Stream
affossando il progetto.

Contemporaneamente però, nonostante Mosca e
Ankara fossero in campi opposti riguardo a Siria e ISIS, la Gazprom firmava un
accordo preliminare con la compagnia turca Botas per la realizzazione di un
duplice gasdotto Russia-Turchia attraverso il Mar Nero.

Il 19 giugno Mosca e Atene firmavano un
accordo preliminare sull’estensione del Turkish
Stream
(con una spesa di 2 miliardi di dollari a carico della Russia) fino
alla Grecia, per farne la porta d’ingresso del nuovo gasdotto nell’Unione
europea.

Il 22 luglio Obama telefonava a Erdoğan, chiedendo che la Turchia si ritirasse dal
progetto
.

Il 16 novembre Mosca e Ankara annunciavano,
invece, prossimi colloqui governativi per
varare il Turkish Stream, con una
portata superiore a quella del maggiore gasdotto attraverso l’Ucraina.

Otto giorni dopo, il 24 novembre,
l’abbattimento del caccia russo provocava il blocco, se non la cancellazione,
del progetto. Sicuramente a Washington hanno brindato al nuovo successo. La
Turchia, che importa dalla Russia il 55% del gas e il 30% del petrolio, viene
invece danneggiata dalle sanzioni russe e rischia di perdere il grosso business
del Turkish Stream.

Chi
allora in Turchia aveva interesse ad abbattere volutamente il caccia russo
,
sapendo quali sarebbero state le conseguenze? La frase di Erdoğan «Vorremmo che
non fosse successo, ma è successo, spero che una cosa del genere non accada più»
implica uno scenario più complesso di quello ufficiale. In Turchia ci sono
importanti comandi, basi e radar NATO sotto comando USA: l’ordine di abbattere
il caccia russo è stato dato all’interno di tale quadro.

Qual è a questo punto la situazione nella
«guerra dei gasdotti»? USA e NATO controllano il territorio ucraino da cui
passano i gasdotti Russia-UE, ma la Russia può fare oggi meno affidamento su di
essi (la quantità di gas che trasportano è calata dal 90% al 40% dell’export
russo di gas verso l’Europa) grazie a due corridoi alternativi.

Il North
Stream
che, a nord dell’Ucraina, porta il gas russo in Germania: la Gazprom
ora lo vuole raddoppiare ma il progetto è avversato nella UE dalla Polonia e
altri governi dell’Est (legati più a Washington che a Bruxelles). Il Blue Stream, gestito alla pari da
Gazprom ed Eni, che a sud passa dalla Turchia ed è per questo a rischio.

La UE potrebbe importare molto gas a basso
prezzo dall’Iran, con un gasdotto già progettato attraverso Iraq e Siria, ma il
progetto è bloccato (non a caso) dalla guerra scatenata in questi paesi dalla
strategia USA/NATO.

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