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America anno zero: la presidenza modernariato

Offriamo ai lettori un saggio di Piotr sul contesto della presidenza Trump (il saggio è qui disponibile in formato pdf). Scenari nuovi, inediti, non preventivati

America anno zero: la presidenza modernariato
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29 Gennaio 2017 - 22.52


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Offriamo ai lettori un saggio sul contesto
della presidenza Trump
(il saggio è 
qui disponibile in formato pdf). 

Qui di seguito, l”introduzione dello stesso autore.

di Piotr.

Il
mangiadischi è forse uno degli oggetti culto del modernariato proposto nei
mercatini. Questo oggetto è carico di nostalgia, per chi lo utilizzò quando era
una novità. Ad esso associamo un’epoca, un vissuto, di cui la musica riprodotta
con quell’oggetto era una colonna sonora. Ma oggi, anche se è vero che il
vinile gode di un importante revival, il mangiadischi  è stato soppiantato dall’Ipod. Possiamo
sbizzarrirci a valutare i pregi e i difetti del mangiadischi, quelli estetici,
di ingombro, di fedeltà della riproduzione. Possiamo anche decidere che ci
piace di più dell’Ipod. Ma rimane pur sempre un oggetto di un’altra epoca,
anche se si conclude che quell’epoca era meglio di quella che stiamo vivendo.

·  
La
nostra prima tesi è che Donald Trump sia un pezzo di modernariato, come il
mangiadischi.

·  
La
seconda tesi è che è chiaramente percepibile un bisogno di modernariato,
diffuso sia a livello popolare sia di alcuni settori delle élite e ciò
indica che una fase della crisi sistemica, e la strategia che questa fase accompagna,
sta per concludersi.

·  
La
terza tesi è che il modernariato rimane pur sempre modernariato, ovvero non
preannuncia soluzioni nel futuro ai problemi ereditati dal passato.

·  
La
quarta tesi è che i dischi d’antan che il mangiadischi Trump dichiara di
voler suonare sono tutti rigati e il risultato sarà cacofonico. Non è difficile
immaginare che il neo presidente in questa cacofonia intenda nascondere  i veri interessi che lui rappresenta, a
partire dai suoi.

·              
La
prima conclusione è che l’unica cosa positiva all’orizzonte della
presidenza Trump è il possibile (ma non garantito) allentamento della tensione
con la Russia e quel che da ciò può seguire, a partire dalla Siria e
dall’Ucraina.

·              
La
seconda conclusione è che questa sarà una presidenza di transizione a una
differente fase della crisi sistemica che per ora può solo essere oggetto di
incerte ipotesi.

Per
non far perdere tempo a chi si appresta a leggere, devo subito avvertire che
quanto segue ha senso solo sotto una premessa: la
finanziarizzazione-globalizzazione è una strategia sostenuta da scelte
politiche consapevoli, non un fenomeno economico “naturale” e nemmeno una
“naturale” fase del capitalismo. Non è neppure frutto di un complotto, né un
esito obbligato della crisi. E’ in sostanza una scelta che tiene conto dei
principali fattori della crisi sistemica dal punto di vista dei meccanismi di
accumulazione ad egemonia statunitense.

Ciò
detto, per prima cosa dobbiamo capire che cosa rappresenta Donald Trump.
Sottolineo il significato letterale del concetto di “rappresentare”, che è
diverso da quello di “incarnare”. Possiamo rispondere, in estrema sintesi, che Donald
Trump rappresenta chi ha percepito, che la strategia della
finanziarizzazione-globalizzazione è agli sgoccioli e che un suo proseguimento
sarebbe catastrofico. Rappresenta chi ha percepito che essa ha minato
seriamente la base della tenuta sociale degli Stati Uniti, rappresenta
chi,  come vastissimi strati della classe
lavoratrice e della classe media, è stato duramente depauperato da quella
strategia ed esige che si volti pagina. Qualcuno dietro di lui ha poi
razionalizzato questa percezione. Tuttavia la risposta di Trump e degli
interessi che lo sostengono sarà monca, letteralmente dimezzata come vedremo.
Ciò indurrà molteplici contraddizioni nell’azione della nuova amministrazione.

Trump
propone una politica che è un misto di “sfere d’influenza” à la Truman, di
“Nuova Frontiera” à la Kennedy, di vaghissima Great Society à la Johnson
(che però vago non fu), di “keynesismo” à la Nixon e di liberismo e “pace
attraverso la forza” à la Reagan. Una politica intrinsecamente incoerente.
Per l’appunto, una politica modernariato, l’irrealizzabile sogno che
Donald Trump ha fatto baluginare davanti agli occhi di milioni di americani in
difficoltà e in affanno.

Ma
la crisi della strategia di finanziarizzazione-globalizzazione è indipendente
dal nuovo presidente e quindi non è facile da capire dove la sua azione verrà
sospinta malgré lui.

La
strategia post-moderna di finanziarizzazione-globalizzazione portata avanti
ormai in modo isterico dai liberal-imperialisti infatti non è più sostenibile e
i disastri in politica estera raddoppiano quelli in politica interna. E’
letteralmente letale per il resto del mondo e per gli Americani stessi. Ma al
suo posto il mangiadischi Donald Trump ripropone un disco scassato con incisa la
vecchia colonna sonora degli anni del dopoguerra. Il punto di reload
apparentemente più coerente con quel che vuole fare Trump è Ronald Reagan. Ma,
per l’appunto, è apparenza.

All’epoca
di Reagan gli USA ricominciarono ad avere il vento in poppa dopo un decennio
nero in cui avevano perso la guerra del Vietnam, avevano perso alleati come
l’Iran e il Nicaragua, la supremazia del Dollaro col Nixon shock perdeva
un sostegno riconosciuto universalmente e si era svolta una sorda guerra a suon
di politiche espansive del Potere del Territorio (Washington) contro il Potere
del Denaro (Wall Street). Ma infine ritrovarono il vento in poppa proprio perché
imboccarono con decisione la rotta della finanziarizzazione-globalizzazione.
Ora Trump vuole riportare l’America col vento in poppa invertendo quella rotta.
Anche solo questa metafora marinara mostra la difficoltà della manovra e
l’aleatorietà del suo successo.

Avrà
contro avversari disposti a tutto, capeggiati da una Hillary Clinton inferocita
perché non è riuscita a passare alla Storia come la prima presidentessa donna
degli Stati Uniti. Sul lato economico, come vedremo, i suoi progetti
semi-isolazionisti avranno contro anche i grandi competitors, Russia,
Cina e India in prima fila, e una configurazione dello spazio economico
mondiale dove tutto si interseca con tutto, dove le catene del valore si
dipanano su più di un continente.

La
sua strategia manca del pezzo più importante, il contrasto alla
finanziarizzazione, e potrebbe con tutta probabilità rivelarsi bipolare,
schizoide, zeppa di triangoli impossibili. Con la sua perniciosa idea, che
possiamo definire di “reindustrializzazione speculativa”, Donald Trump
vorrebbe salvare capra e cavoli, de-globalizzazione e finanziarizzazione. Ma
riuscirà solo a impantanare gli USA in mezzo a un guado creando un enorme grumo
di problemi per tutto il mondo.

Sarà
sempre meglio di una terza guerra mondiale, ma non risolverà i problemi.
D’altra parte, anche se diventasse con la responsabilità assunta una persona
più seria, al “ventennio d’oro” non si potrà tornare se non con una grande e
pericolosa forzatura, per due motivi fondamentali: perché le lancette
della Storia non possono tornare indietro e perché se anche ci si riuscisse non
sarebbe una soluzione, proprio perché fu quel formidabile ventennio
l’incubatore della crisi.

Ne
segue che non accadrà quello che oggi pensano Trump e i suoi strateghi, e meno
che meno gli Americani otterranno ciò che gli è stato promesso, ma vedremo
scenari nuovi, inediti, non preventivati e molto difficili da prevedere
.

La
crisi non ha nel suo grembo soluzioni, solo problemi
.

Vedere
le cose, sia favorevolmente sia sfavorevolmente, come si è fatto finora non
servirà altro che a commettere errori, sempre più grandi.

Il
saggio completo è qui disponibile informato pdf.



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