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Se ci fosse Spinoza

Riflettiamo sull'approccio etico alla guerra in corso, utilizzando i tre tipi di conoscenza di Spinoza. Evitiamo le opinioni superficiali e cerchiamo di lavorare per la pace attraverso la potenza di agire collettiva.

Se ci fosse Spinoza
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26 Febbraio 2023 - 00.05


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di Paolo Bartolini.

È possibile, ed eticamente orientante, guardare alla guerra in corso rifacendoci ai tre tipi di conoscenza proposti dal filosofo Baruch Spinoza. Abbiamo quindi l’opinione confusa, impastata di immagini fallaci (primo genere); il pensiero che, mediante la logica delle nozioni comuni, procede individuando la catena delle cause e degli effetti (secondo genere); la scienza intuitiva, ovvero l’intelligenza che coglie gli accadimenti sub specie aeternitatis (terzo genere), afferrando in maniera sintetica la pura dinamica che attraversa una determinata situazione. La cooperazione tra il secondo e il terzo genere permette alla ragione umana di esercitarsi in maniera efficace, elevandosi a una forma di consapevolezza che – senza condannare e deridere le vicende umane – riesce a ordinarle e a intervenire su di esse abbandonando superstizione e ferocia. I margini di libertà, per noi umani, si danno solo allontanandoci dal primo grado di conoscenza e coltivando pazientemente gli altri due.

Vediamo cosa accade se riprendiamo questa prospettiva per assumere una postura adeguata rispetto ai venti di guerra che minacciano l’Europa e il mondo intero. La prima modalità di conoscenza, illusoria e precaria, si ferma alle impressioni superficiali, potentemente amplificate dai mass media e dalle propagande dei belligeranti (e dei rispettivi alleati). Da un lato si ribadisce fino alla nausea che ci sono un aggredito e un aggressore, che l’aggressore è un pazzo delirante intenzionato a strappare a Hitler la palma d’oro di super mostro contemporaneo. Tutto questo è avvilente e infruttuoso, oltre a non cambiare di una virgola la sorte del popolo ucraino e di quelli europei. In maniera simmetrica e complementare, per alcuni Putin sarebbe un eroe senza macchia, che vuole contrastare l’Occidente perverso e denazificare l’Ucraina, dunque un baluardo contro la degenerazione dei costumi e della civiltà. Entrambe le posizioni, tanto elementari quanto semplicistiche, denunciano la bancarotta del pensiero e dell’intelligenza del cuore al principio del terzo millennio.

Il secondo genere di conoscenza tiene conto di quanto accaduto in Ucraina dal 2014 in poi, del conflitto sanguinoso nel Donbass, delle false promesse americane alla Federazione Russa relative a una non estensione della NATO verso est, degli interessi geopolitici che si scontrano nella zona di guerra attuale e, nell’insieme, della riconfigurazione complessa degli equilibri di potenza in un mondo ormai multipolare.

Il terzo genere di conoscenza, che richiede di cogliere con un colpo d’occhio la dinamica che unifica il molteplice delle istanze in gioco, andando oltre al raziocinio (pur indispensabile) e all’elenco infinito dei torti e delle ragioni, è quello a cui accede chi, date le premesse del secondo genere sopra ricordate, parteggia per la pace sapendo che in tali questioni, non ci sono buoni assoluti e cattivi totali, e ognuno di essi – se guidato da opinioni superficiali e opache – può solo aggravare la situazione e umiliare la nostra umanità comune, quella che interconnette italiani, ucraini, francesi, russi, cinesi, indiani, polacchi, brasiliani e così via, dentro il corpo di Dio ovvero della Natura (Deus sive Natura).

Ecco perché l’unica vittoria da cercare con la passione della ragione, è quella dei negoziati, del cessate il fuoco, della pace da costruire insieme per non ridurre la visuale al perseguimento di interessi incomponibili con quelli degli altri e con i bisogni di tutte e tutti. Ed ecco perché le domande giuste da farci, mentre le piazze tornano a riempiersi, sono: perché non si è evitato che questa guerra scoppiasse? Quale futuro diverso dall’olocausto nucleare, e da guerre permanenti a media e alta intensità, vorremmo vivere su questo pianeta ferito e bellissimo? Ma soprattutto – e qui Spinoza suggerisce – come possiamo aumentare la potenza di agire collettiva, dando al pacifismo un orizzonte che non sia sempre reattivo, prigioniero delle circostanze e delle emergenze? Insomma, serve una rinascita della politica sull’orlo del baratro, prima che l’ignoranza e il potere ci sprofondino in una notte ancora più scura.

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