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Le fragilità del M5S

Tanto i dirigenti quanto gli attivisti del movimento sono presi da una sorta di “ubriacatura da alta quota”, che sollecita infondate sensazioni di onnipotenza.

Le fragilità del M5S
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5 Aprile 2013 - 22.58


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di Aldo Giannuli Aldo Giannuli Blog.

Non c’è dubbio che il M5s abbia avuto un successo senza precedenti: anche Forza Italia, alla sua prima presentazione, con il favore delle televisioni berlusconiane e nel pieno della disfatta della prima repubblica, si fermò leggermente sotto (24%) l’attuale risultato del M5s (25%), che aveva incomparabilmente meno mezzi a disposizione. E’ uso italico salire sul carro del vincitore per cantarne l’elogio. Personalmente sono sempre stato di avviso diverso: essere molto aperto verso i movimenti nascenti, respingendone ogni criminalizzazione, ma diventare ben più critico nel momento in cui si affermano. Non faccio eccezione per il M5s, verso il quale ho mostrato interesse ed apertura fra la fine del 2011 e tutto il 2012 (come si potrà facilmente verificare scorrendo indietro le pagine) ma verso il quale sono assai più critico oggi, dopo il suo successo. Ho l’impressione che tanto i dirigenti quanto gli attivisti del movimento siano stati presi da una sorta di “ubriacatura da alta quota”, che sollecita infondate sensazioni di onnipotenza e non fa vedere i molti punti deboli del movimento.


Lo dico sine ira et studio, come puro osservatore che riconosce al movimento molte potenzialità positive ma osserva anche le fragilità che lo insidiano.

Il primo punto debole è proprio l’eterogeneità del consenso messo insieme dal M5s che, come tutti sappiamo, ha attinto tanto a destra quanto a sinistra. Nulla di male in questo ed anche abbastanza normale in un movimento che, alla prima volta, ha un successo così marcato. Anche il Pci, nel 1946 ottenne di colpo il 20% circa (nelle elezioni del 1924 aveva avuto il 3,74%) e necessariamente mise insieme il suo successo pescando fra vecchi elettori socialisti massimalisti, riformisti, repubblicani, persino anarchici, ma anche un bel pezzo di giovani fascisti di sinistra e non pochi spoliticizzati, che reagivano alla guerra voluta dal fascismo, votando per il partito più spiccatamente antifascista.

Poi, il Pci, perse una parte di quei voti ma ne aggiunse di nuovi e, soprattutto, seppe amalgamare quella armata Brancaleone, facendone un blocco elettorale e sociale omogeneo e compatto che resse agli attacchi della Dc e dei suoi alleati per oltre 30 anni. Ma, il Pci aveva una forte identità politico-culturale, un mito come quello sovietico alle spalle, una struttura di quadri ed attivisti che formava in continuazione, una marea di pubblicazioni, una fortissima irradiazione territoriale, una robusta cintura di associazioni di fiancheggiamento (ad iniziare dal sindacato).

Tutte cose che mancano al M5s, che non ha alcuna pubblicazione, oltre il materiale web, che ha una rete debolissima di circoli territoriali, che non ha alcun apparato di quadri ma solo un pugno di attivisti, ha una identità politico-culturale molto vaga e non ha associazioni fiancheggiatrici. Un confronto per capirci: nel 1946 il Pci sfiorava i 2 milioni di iscritti ed ebbe 4.300.000 voti, cioè quasi 2 voti per iscritto, negli anni successivi il rapporto si modificò, ma non si andò mai oltre un rapporto di 1 a 8.

Il  M5s ha avuto 8 milioni di voti e, se non erro, vanta circa 250.000 adesioni web, il che significa già un rapporto di 1 a 32. Ma occorre tener presente che gli attivisti sul territorio sono molto meno e che anche alle famose “parlamentarie”, hanno partecipato 20.000 persone (che non si capisce come abbiano prodotto 95.000 voti, visto che ciascun elettore aveva 3 preferenze), dunque, il rapporto è di 1 a 400. Che non mi pare un dato tranquillizzante.

Certo: quello era un altro mondo ed oggi le cose stanno molto diversamente, per cui risulta difficile pensare al modello di partito di insediamento sociale che fu il Pci. Però, il fatto che oggi le cose funzionino in modo assai diverso, non è detto che sia un vantaggio per il M5s ed invece non rappresenti un problema in più.

Il secondo punto di debolezza è appunto la vaghezza della sua cultura politica e la rarità dei documenti di riferimento: a parte i famosi “20 punti programmatici” (che assemblano cose molto diverse fra loro), ed il “non statuto”, non si conosce altra produzione che abbia valore di testo di riferimento.

E questo si accoppia all’esplicito rifiuto di ogni ideologia che, in realtà, si rovescia in una tacita ideologia populista con contaminazioni neo liberiste ed un pizzico di xenofobia (il riferimento è alle dichiarazioni di Grillo in materia di immigrazione). Ma del populismo del M5s  parleremo in una occasione prossima.

Il terzo punto, strettamente connesso al precedente, è l’assenza di una linea politica definita, sostituita dalle “grida” (anche dal punto di vista del volume) di Grillo contro la classe politica, senza che a questo si accompagni alcun particolare approfondimento dei temi agitati, pochi o molti che siano. Con l’ulteriore conseguenza di non poter articolare alcuna “tattica”, liquidata sprezzantemente come “tatticismo”, per la semplice ragione che non si conosce il significato proprio della parola tattica e la sua funzione in politica.

C’è poi un altro punto molto delicato (e siamo al quarto): la totale mancanza di democrazia interna e di coerenza fra proclamazioni e prassi. Il M5s invoca la pubblicità di tutto e manderebbe in diretta on line anche la vita privata di ogni persona con una carica politica, ma osserva la più rigorosa opacità sul suo dibattito interno. Rimprovera agli altri partiti mancanza di democrazia interna, ma chiunque manifesti il più lieve dissenso dal Grillo-pensiero è espulso in quattro e quattro otto, senza alcuna garanzia, per decisione diretta ed inappellabile del Capo (che, peraltro, nessuno ha eletto e non ha alcuna scadenza di mandato). Denuncia i partiti che mandano in Parlamento cortigiani e cortigiane, ma poi pretende che i suoi parlamentari siano muti come pesci e non si esprimano in nessun modo. Roba da far impallidire il più ferrigno centralismo burocratico, non dico del Pci, ma del Partico del Lavoro della Nord Corea!

C’è poi la questione Casaleggio: non ho nulla contro il fatto che un tecnico possa svolgere anche un ruolo politico e, se il movimento lo ritiene, possa avere un ruolo dirigente, ma mi spiegate perché non si è fatto eleggere parlamentare? Grillo sappiamo che non si candida per quel suo precedente penale (a questo punto direi superato dopo tanti anni), ma Casaleggio non risulta che abbia avuto neppure una multa per infrazione stradale, e allora? Sarebbe stato tutto più chiaro e lineare se al posto di Crimi o della Lombardi ci fosse stato lui, e tanto più in un movimento che non ha organismi dirigenti, ma solo gruppi parlamentari e consiliari.

Questo, però, rimanda all’ultima e più insidiosa questione: quella dell’ assoluta inadeguatezza del personale politico del M5s. Da questo punto di vista, Grillo ha le sue ragioni per tappare la bocca più che può ai suoi deputati perché ogni volta che la aprono non sai che fesseria verrà fuori. Non mi riferisco solo alla totale mancanza di cognizioni economiche, costituzionali, sociologiche ecc, ma proprio ad un minimo di fondamenta culturali. L’ultima esternazione da cabaret è stata quella dell’on. Massimo Baroni, inviato nientepopodimeno che all’incontro con l’Ambasciatore Usa il quale ha testualmente detto (“Corriere della Sera” 3 aprile 2013 p. 10): “Abbiamo sottolineato che nel nostro movimento non ci sono intellettuali e quando loro hanno fatto il nome di Fo abbiamo fatto notare che non è un intellettuale perché ha scritto “Mistero Buffo” dove dà la voce alla gente comune”.

Dal che si deduce che l’on. Baroni (scusi: il cittadino…) ritiene che:

1. non avere intellettuali nelle proprie fila sia motivo di vanto da rivendicare

2. gli intellettuali sono sempre e solo cortigiani che devono negare la “parola alla gente comune”

3. quindi, che chi lo fa non è un intellettuale anche se ha avuto il Premio Nobel per la letteratura

4. che “Mistero buffo” è un pezzo di teatro che serve solo a “dare la parola alla gente comune” e non ha altri pregi artistici

Direi che ci sono più cazzate che parole e scusate se, per una volta, uso un termine un po’ volgare. Che un intellettuale (io preferisco dire un “lavoratore della conoscenza”) possa anche non essere un servo del principe, ma possa avere il compito di studiare soluzioni socialmente utili e di diffondere la conoscenza presso i ceti popolari, è cosa che al “cittadino” Baroni semplicemente non viene in testa.

So di stare facendo la parte antipatica (a me per primo) del professore usa la matita rossa e blu; a me non piace fare esami neanche all’università, ma ci sono momenti in cui non si può fare finta di nulla e sentire certe scemenze senza reagire. E qui abbiamo una tale serie di bestialità da capire che è inutile attendersi una qualche crescita da un personale politico così crassamente ignorante e così compiaciuto di esserlo.

Ormai il parlamentare grillino che spara sciocchezze come fuochi d’artificio sta diventando un cult di vignettisti, imitatori, comici e semplici internauti.

Sia chiaro: se la signora Maria che vende pesce al mercato di Trapani vuole andare in Parlamento, io, non solo non ho nulla in contrario, ma mi batterò sempre perché  le sia riconosciuto questo diritto. Anzi, mi auguro un Parlamento con meno avvocati, burocrati e imprenditori e con più operai, precari, casalinghe e pensionati. Però, capiamoci. Questo può avvenire attraverso un processo di militanza e di acculturazione politica; quello che non va bene, è il passaggio diretto dal banco del pesce a Montecitorio. E non va bene perché non funziona: la signora Maria si farà infinocchiare ad ogni piè sospinto da funzionari parlamentari, lobbisti, vecchi squali della politica, giornalisti furbi ed operatori di qualche servizio segreto. Non ci avevate pensato? E non funziona anche per un’altra ragione: che la signora Maria, che magari ha anche ottime intuizioni, non riuscirà a tradurle in azioni politiche (proposte di legge, emendamenti, discorsi, mozioni, voti, interrogazioni ecc.) dotate di un minimo di efficacia. Mi dispiace dirlo, ma non c’è altra strada.

Mi chiedo, ad esempio cosa faranno i parlamentari del M5s nelle commissioni parlamentari, di cui oggi richiedono a gran voce l’insediamento: le commissioni approvano circa 8-900 progetti di legge all’anno e ne esaminano qualche altro centinaio. Fra queste ci sono norme importanti di interesse generale, ma più spesso, norme di interesse locale o settoriale, di livello micro settoriale o anche semplicemente personale e, nel mazzo, ci sono un bel po’ di provvedimenti spinti da lobbisti, operazioni clientelari o di mero campanilismo. Sapranno distinguere le une dalle altre?

Inoltre, sapranno articolare le varie proposte del loro programma in testi di legge  precisi e concreti? Per ora non abbiamo visto nulla e ci farebbe piacere leggere le prime proposte di legge del M5s.

Morale: il M5s deve sciogliersi e sparire dalla scena? Neanche per sogno, continuo a credere che possa svolgere una funzione molto positiva, ma solo se impara a riconoscere le sue pecche –senza arroganza e con molta umiltà– ed a correggerle, trasformandosi in un movimento politico non meno rivoluzionario di quello che ritiene di essere, ma più solido e meno confusionario di quanto non sia oggi.

 

Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2013/04/le-fragilita-del-m5s/.

 

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