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RFK e Nelson Mandela

'Mentre è già un mantra l''eulogia - ormai stereotipata - di Mandela, pochi ricordano un evento di oltre 40 anni fa in SudAfrica: la visita inattesa di Robert Kennedy...'

RFK e Nelson Mandela
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9 Dicembre 2013 - 01.21


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di Massimo Mazzucco.

Mentre i giornalisti di mezzo mondo continuano a ripetere come un
mantra l”eulogia – ormai già stereotipata – di Nelson Mandela, ben pochi
ricordano un evento che ebbe luogo in Sud Africa oltre quarant”anni fa:
la visita, inattesa ed improvvisata, di Robert Kennedy.

Nonostante
nel 1966 Robert Kennedy fosse un senatore degli Stati Uniti, era stato
invitato in Sud Africa dall”Università di Cape Town in forma privata. Ai
governanti di allora infatti interessava poco un senatore americano che
aveva lottato apertamente, nel proprio paese, per i diritti civili. Ma
Kennedy riuscì comunque a trasformare questo suo viaggio privato in un
evento politico di grande importanza.

Erano gli anni più bui
dell”apartheid, un periodo nel quale la repressione dei bianchi aveva
raggiunto le massime vette della violenza con rastrellamenti
sistematici, arresti in massa ed esecuzioni sommarie.

Nelson
Mandela era uno dei giovani leader neri finiti in prigione, ed era stato
condannato all”ergastolo. Quasi nessuno sapeva chi fosse, e Mandela era
destinato a finire i suoi giorni nell”oblio della storia.

Ma
c”era già qualcuno, venuto da lontano, che aveva saputo dare voce a
quella che sarebbe in seguito diventata l”anima del movimento che
avrebbe portato alla definitiva cancellazione dell”apartheid.

In Sud Africa Robert Kennedy tenne cinque discorsi,
in cinque università diverse, sempre davanti ad un pubblico fatto
esclusivamente di bianchi. Quella che segue è una sintesi di due dei
cinque discorsi: il primo, tenuto a Cape Town, e l”ultimo, tenuto due
giorni dopo a Johannesburg. Questo video ritrae l”introduzione di
Kennedy al suo primo discorso (vedi testo a seguire).

Dal discorso di Cape Town, 6 giugno 1966

Sono qui, questa
sera, a causa del profondo interesse ed affetto che provo per una terra
che fu colonizzata dagli olandesi a metà del 17º secolo, che fu poi
presa in mano dai britannici, e che divenne finalmente indipendente.
[…]

Una terra dove gli abitanti locali furono inizialmente
sottomessi, e con i quali le relazioni rimangono problematiche a
tutt”oggi; una terra che si è definita su una frontiera ostile; una
terra che ha saputo mettere sotto controllo le sue grandi risorse
naturali grazie ad una intensa applicazione delle tecnologie moderne;
una terra che una volta importava schiavi, e che oggi fatica a
cancellare le ultime tracce di quella forma di schiavitù. Sto parlando,
naturalmente, degli Stati Uniti d”America.

[Nota: con questo
piccolo “inganno retorico” Robert Kennedy riuscì a strappare un applauso
e a conquistarsi immediatamente la simpatia del pubblico.]

Questo
è il “Giorno della Conferma”, una celebrazione della libertà. Oggi noi
siamo qui nel nome della libertà. Al cuore del concetto occidentale di
libertà e democrazia sta la convinzione che l”individuo, il figlio di
Dio, sia il centro di tutti i valori, e che ogni società, gruppo o
stato, esistano a suo beneficio. Ne consegue che un allargamento della
libertà per ciascun essere umano debba essere lo scopo supremo e la
pratica quotidiana di una qualunque società occidentale.

Il primo
elemento alla base di questa libertà individuale è la libertà di
parola: il diritto di esprimere e comunicare idee, che ci separa dalla
stupidità delle bestie delle praterie e delle foreste; il diritto di
richiamare i governi ai loro doveri e ai loro obblighi; e soprattutto,
il diritto di affermare la propria appartenenza a quell”insieme politico
– a quella società di uomini – con i quali condividiamo la nostra
terra, il nostro passato ed il futuro dei nostri figli.

A
braccetto con la libertà di parola va il diritto di essere ascoltati, di
contribuire alle decisioni dei governi da cui dipendono le nostre vite.
Tutto ciò che rende la vita di un uomo degna di essere vissuta – la
famiglia, il lavoro, l”educazione, un posto dove allevare i propri figli
e dove riposare la propria mente – tutto ciò dipende dalle decisioni
dei governi, e tutto ciò può essere spazzato via in un solo istante, da
un governo che non tenga presenti le necessità della propria
popolazione. L”essenza ultima dell”essere umano può quindi essere
protetta e preservata solo laddove il governo si faccia carico non solo
delle necessità dei ricchi, non solo di quelle di coloro che
appartengono ad una particolare religione, o ad una particolare razza,
ma delle necessità di tutta la sua gente.

Questi sono i diritti
sacri di una società occidentale, e queste erano le differenze
fondamentali fra noi e la Germania nazista, esattamente come lo furono
fra Atene e la Persia.

Questi diritti rappresentano l”essenza delle nostre differenze con il comunismo di oggi. [Nota:
in Sud Africa, in quel periodo, tutti gli oppositori al regime venivano
sistematicamente definiti “comunisti”, esattamente com”era accaduto
negli Stati Uniti nel periodo del maccartismo]
.

Io sono
irrevocabilmente contrario ia comunismo, perché mette lo Stato al di
sopra dell”individuo e della sua famiglia, e perché non permette la
libertà di parola, di protesta, di religione e di stampa, cosa che è
caratteristica di tutti gli stati totalitari. La strada per opporsi al
comunismo però non è quella di imitare la sua forma dittatoriale, ma di
allargare le libertà individuali, nei nostri paesi come in tutto il
mondo.

Cӏ gente in ogni parte del mondo che etichetta come
“comunista” una qualunque minaccia ai propri privilegi. Ma, come ho
potuto vedere nei miei viaggi attraverso il mondo, il processo di
riforma non è comunismo. Mentre la negazione della libertà, nel nome di
qualunque cosa essa avvenga, non fa che rafforzare proprio quel
comunismo che dice di voler combattere.

[…]

Negli ultimi
cinque anni noi [negli Stati Uniti] abbiamo fatto di più per garantire
l”eguaglianza ai nostri cittadini neri, e per aiutare i più poveri – sia
bianchi che neri – di quanto sia stato fatto negli ultimi 100 anni. Ma
rimane ancora molta strada da percorrere.

Ci sono infatti milioni
di neri che non sono addestrati per svolgere i lavori più semplici, e a
migliaia di loro vengono comunque negati i diritti che sono stabiliti
dalla legge. Mentre la violenza degli abbandonati, dei maltrattati e
degli offesi getta la sua ombra sinistra sulle strade di Harlem, di
Watts e di South Chicago.

Certe persone temono che il cambiamento
cancellerà i diritti di una minoranza, particolarmente laddove la
minoranza è di razza diversa dalla maggioranza [nota: in quel periodo, in Sudafrica, 4 milioni di bianchi controllavano la vita di 25 milioni di neri].
Noi negli Stati Uniti crediamo alla protezione delle minoranze, e
riconosciamo il contributo alla leadership che esse possono dare. Ma non
crediamo che un solo essere umano – che appartenga ad una minoranza
oppure ad una maggioranza – possa mai essere sacrificato sull”altare di
una qualunque teoria o strategia politica.

Non tutte le nazioni
crescono nello stesso modo e con lo stesso ritmo, e non sempre le
soluzioni che sono valide negli Stati Uniti possono essere imposte o
trapiantate in altri paesi. Ciò che è importante è che tutte le nazioni
marcino comunque verso una maggiore libertà, verso la giustizia per
tutti, verso una società sufficientemente forte e flessibile da poter
andare incontro alle necessità di tutta la sua gente, in un mondo che
sta cambiando rapidamente sotto i nostri occhi.

Nell”arco di
poche ore l”aereo che mi ha portato qui ha attraversato oceani e paesi
che sono stati il crocevia della storia umana. In pochi minuti abbiamo
ripercorso le migrazioni dell”uomo nel corso di migliaia di anni. In
pochissimi secondi abbiamo sorvolato campi di battaglia sui quali
milioni di esseri umani hanno sofferto e sono morti. Dall”aereo però non
si vedeva nessun confine nazionale, e non c”erano alte muraglie a
dividere un popolo dall”altro; si vedevano solo la natura e l”opera
dell”uomo – case, industrie e fattorie – che riflettevano dovunque lo
sforzo comune dell”umanità per migliorare la propria vita.

Ogni
nazione incontra ostacoli diversi e persegue obbiettivi diversi, che
vengono definiti dal proprio passato e dalla propria esperienza. Eppure,
quando io parlo ai giovani di ogni parte del mondo, resto colpito non
dalla loro diversità ma dalla somiglianza dei loro obiettivi, dei loro
desideri, delle loro preoccupazioni e delle loro speranze per il futuro.

Cӏ discriminazione razziale a New York, cӏ ineguaglianza
razziale nell”apartheid in Sudafrica, e c”è la schiavitù dell”uomo sulle
montagne del Perù. C”è gente che muore di fame nelle strade dell”India,
cӏ un ex-primo ministro che viene giustiziato sommariamente in Congo,
ci sono intellettuali che finiscono in prigione in Russia, e migliaia di
persone vengono massacrate in Indonesia; nel frattempo, montagne di
denaro si riversano sull”acquisto di armamenti in ogni parte del mondo.

Questi
sono tutti mali differenti, ma sono tutti il risultato dell”azione
umana. Essi riflettono l”imperfezione della giustizia umana,
l”inadeguatezza della compassione umana, la mancanza di sensibilità
verso le sofferenze dei nostri simili; essi segnano il limite delle
nostre capacità di utilizzare la conoscenza per il benessere di tutti
gli esseri umani nel mondo. Per questo motivo, tutti questi mali
risvegliano le caratteristiche comuni della coscienza e
dell”indignazione, ed una condivisa determinazione a cancellare per
sempre le inutili sofferenze degli altri esseri umani, sia a casa nostra
come nel resto del mondo.

Sono queste le qualità che rendono la gioventù di oggi l”unica vera comunità internazionale.

[…]

Dal discorso di Johannesburg, 8 giugno 1966

[…]

Sono
rimasto particolarmente colpito dalla gioventù del Sud Africa. Non solo
da quelli che sono giovani di età, ma anche da coloro di ogni età che
sono pervasi da un grande spirito di immaginazione, di coraggio, e da un
grande appetito per l”avventura della vita.

Questi giovani, come
i giovani del mio paese e quelli di tutto il mondo, desiderano
costruire un futuro migliore, e desiderano lasciare il loro segno sulle
pagine della storia. Ecco perché la vostra opera è così importante:
perché gli uomini accorreranno al richiamo di ciò che è coraggioso e di
ciò che è giusto.

Ma quale è esattamente la battaglia a cui siamo chiamati?

La
prima è la battaglia per il futuro. Sono finiti giorni in cui una
nazione poteva nascondersi dietro a muraglie di pietra, a cortine di
ferro oppure di bambù. Il vento della libertà, del progresso e della
giustizia soffia oggi su ogni altipiano e si infila nelle 1000 fessure
delle sue rocce, trasportato dagli aeroplani, dalle comunicazioni via
satellite e dalla stessa aria che tutti respiriamo.

Il Sud Africa
di domani sarà diverso da quello di oggi, esattamente come l”America di
domani sarà diversa dalla nazione ha lasciato qualche giorno fa. Ma noi
non dobbiamo chiederci se il cambiamento verrà; dobbiamo piuttosto
chiederci se potremo guidare quel cambiamento per metterlo al servizio
dei nostri ideali e verso un ordine sociale che sia adeguato alle
necessità di tutte le nostre genti. Non potremo mai controllare quel
cambiamento attraverso la forza e la paura, ma soltanto attraverso la
libera opera di una mente tollerante, che sia aperta alle nuove
conoscenze, in modo da poter rafforzare il più fragile e più poderoso
dono dell”essere umano, il dono della ragione.

Coloro che invece
si escludono dalle nuove idee e dal pubblico confronto, non soltanto
mostrano una grande paura ed incertezza del loro punto di vista, ma si
garantiscono che il cambiamento, quando avverrà, non sarà di loro
gradimento. E così costoro incoraggeranno le forze della violenza, che
sono l”unica alternativa alla ragione di una mente aperta al desiderio
di giustizia.

E” proprio la giustizia la seconda battaglia che
siamo chiamati a combattere. Nessuno deve commettere l”errore di credere
di combattere questa battaglia per gli altri. La combatte per se
stesso, e così dobbiamo fare tutti. Ciò che ci insegnano i tempi moderni
è che la crudeltà è contagiosa, e che la malattia che sprigiona non
conosce limiti di razza o di nazione.

Ma la libertà non è come
il denaro, che si può aumentare prendendo semplicemente quello degli
altri. La libertà può aumentare solo se crescono e vengono assicurate le
libertà di tutti gli altri esseri umani. Mentre colui che mette gli
altri in schiavitù finisce per mettere in schiavitù anche se stesso: le
catene infatti hanno due estremi, e colui che regge la catena vi rimane
attaccato tanto fortemente quanto la persona che egli ha incatenato.

Cӏ
chi sostiene che il gioco non vale la candela, dice che l”Africa è
troppo primitiva per svilupparsi, che le sue genti non sono pronte alla
libertà e all”autodeterminazione, e che la violenza e il caos siano
inevitabili. Chi dice queste cose dovrebbe gettare uno sguardo sulla
storia dell”umanità: non è stato certo l”uomo nero dell”Africa ad
inventare i gas velenosi o la bomba atomica, a mandare 6 milioni di
uomini donne e bambini alle camere a gas, e ad usare poi i loro corpi
come fertilizzanti. Hitler, Stalin e Tojo non erano certo uomini neri
dell”Africa, e non sono stati i neri africani a bombardare e distruggere
Rotterdam, Shanghai, Dresda o Hiroshima.

Tutti noi vorremmo
superare le crudeltà e le follie dell”umanità, ma questa battaglia non
si potrà vincere puntando semplicemente il dito contro gli altri. Si
potrà vincerla solo con le nostre azioni, compiute da uomini che
dedicheranno tutte le loro facoltà fisiche e mentali all”educazione, al
miglioramento e all”aiuto dei loro simili.

Ed è questo il terzo
aspetto della nostra battaglia: dobbiamo saper combattere per noi
stessi, come individui, per l”individualità di tutti gli esseri umani.

Un
grande scrittore americano, Mark Twain, una volta ha detto: “Che cos”è
una nazione? È la voce comune di tutto il suo popolo.” Ciascuno deve
parlare, da solo e sotto la propria responsabilità. Ciascuno da solo
deve decidere che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, che cosa è
patriottico e cosa no. Altrimenti sarà considerato un traditore, sia di
se stesso che del proprio paese.

E” questa la più pesante
responsabilità di tutte: un peso che spesso gli uomini si sono rifiutati
di portare, demandando il governo, l”ideologia, le convinzioni ed i
poteri alla forza dello stato. La storia è piena di gente che ha trovato
molto più facile combattere invece di pensare; più facile lasciare che
fossero le autorità a scegliere i nostri nemici e i nostri amici, invece
di farlo noi stessi; più facile seguire ciecamente invece di condurre,
anche se questo avesse comportato la scelta di un solo individuo, che
agisse liberamente nel pieno possesso del suo pensiero critico.

Oggi
dirò a voi quello che il presidente Kennedy disse una volta ai giovani
americani: “Siete voi che dovete decidere, siete voi quelli che debbono
preoccuparsi di trovare la verità, perchè siete voi quelli che hanno
meno legami di tutti con il nostro presente, e più legami di tutti con
il vostro futuro”.

Oggi fra di voi, in questa grande università, io credo di conoscere quella che sarà la vostra decisione.

Robert Fitzgerald Kennedy

Fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4376.

Traduzione per luogocomune.net  a cura di Massimo Mazzucco .

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