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I forconi e Gandhi

A chi protesta senza programma, esposto alle strumentalizzazioni, dobbiamo offrire un Programma Costruttivo come quello di Gandhi. [Nanni Salio]

I forconi e Gandhi
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13 Dicembre 2013 - 00.49


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di Nanni Salio.

La grande crisi sistemica globale che ci coinvolge tutti quanti, in
forme diverse, su scala mondiale, continua ad avanzare inesorabilmente
producendo decine di migliaia di rivolte un po’ ovunque (Grecia, Spagna,
primavere arabe, India, Cina, Brasile, Occupy negli USA, ecc.) e quella
dei “forconi” è solo l’ultimo degli esempi, che colpisce in questi
giorni l’Italia.

Questa crisi globale è prodotta dall’incompatibilità del modello di
economia capitalista neoliberista con gli equilibri ecologici del
pianeta
sul quale viviamo e dalla sua incapacità e impossibilità di
rispondere ai bisogni fondamentali di una popolazione mondiale che ha
raggiunto i sette miliardi di persone.

I poteri “senza volto” che
dominano l’economia mondiale stanno imponendo lo smantellamento dello
stato sociale in Europa
che, bene o male, ha garantito una relativa pace
negli ultimi cinquant’anni, senza minimamente curarsi delle
conseguenze, pronti a fronteggiare ogni eventuale rivolta con la
repressione più dura.

Sono temi dibattuti da anni, nella quasi totale indifferenza e
ignoranza di gran parte dei politici, non solo quelli nostrani, e
dell’elite economica e finanziaria, dai banksters (i gangsters
del sistema bancario internazionale) ai dirigenti industriali, sino alla
compiacenza persino più grave di ampi settori del mondo accademico (un
nuovo “tradimento dei chierici”). E’ la “lotta di classe”, rivendicata
da Warren Buffett, fatta dall’elite mondiale dello 0,1% contro il resto
del mondo. Per il momento credono di stare vincendo, ma hanno la vista
corta e il rischio è quello di una deflagrazione generale incontrollata
senza vincitori, dove tutti saremo perdenti.

E’ in questo contesto, del tutto dimenticato, che si colloca la
protesta che in questi giorni scuote l’Italia, in un momento di grave
delegittimazione del sistema politico, di destra e di sinistra, che si è
piegato supinamente alla filosofia imperante, sinora, del neoliberismo,
applicando ricette economiche che stanno producendo guasti via via
crescenti. E’ quello che Luciano Gallino, tra molti altri, denuncia nel
suo ultimo libro come “Il colpo di stato di banche e governi” (Einaudi,
Torino 2013). I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri si
impoveriscono ulteriormente.

Ciononosante, non solo i nostri politici, ma economisti e
imprenditori si limitano a riproporre il mantra della “crescita”, senza
rendersi conto che per crescere occorre avere quantità anch’esse
crescenti di flussi di energia, che non sono più disponibili a basso
prezzo: “è il picco del petrolio, bellezza!” Abbiamo ampiamente sfondato
i limiti di sostenibilità degli equilibri ecologici e continuiamo a
sentirci ripetere che occorre continuare a crescere
.

Ma le proteste in corso, a partire dal “MoVimento 5S” sino ai
“forconi” si limitano prevalentemente a individuare nella sola classe
politica la responsabilità di questa complessa e difficile situazione di
crisi, definita una “casta”, senza sottolineare la ben più grave
responsabilità di banchieri, speculatori, amministratori delegati delle
multinazionali
. Questa è la vera “casta”, l’oligarchia senza volto che
cerca di imporre il proprio dominio assoluto. E’ il complesso militare
industriale denunciato da Eisenhower sin dagli anni 1960, che nel
frattempo si è esteso diventando “complesso
militare-industriale-scientifico-corporativo-mediatico”. A tale
proposito, basti pensare che, come non si stancano di ripetere gli
ottimi rapporti annuali della campagna “sbilanciamoci” (www.sbilanciamoci.org),
basterebbe rinunciare agli F35, al MUOS e alle inutili e dannose
“grandi opere”, a cominciare dal Tav in Val di Susa, per trovare le
risorse necessarie per rispondere immediatamente al malcontento e
all’impoverimento dilaganti.

L’analisi potrebbe continuare a lungo, non solo da parte degli
addetti ai lavori, ma promuovendo migliaia di dialoghi decentrati su
come liberarci dalla schiavitù del debito rinegoziandolo a livello
internazionale
, su come completare un progetto di federazione europea,
sulla politica della moneta unica, su un modello di economia
autenticamente sostenibile e così via.

Ma non si è fatto nulla di tutto ciò e ampi settori della popolazione
hanno subito le conseguenze devastanti della cosiddetta austerità (a
senso unico e in direzione sbagliata, dall’alto verso il basso), sino a
quando la situazione è diventata esplosiva con proteste e ribellioni,
spesso senza un chiaro programma e facilmente strumentalizzabili.

Tuttavia, un altro percorso è stato avviato ben prima da coloro che
non si limitano a protestare, ma stanno concretamente progettando la
“transizione”. Non ci sono bacchette magiche che immediatamente
risolvano tutti i problemi, ma sono in corso una miriade di iniziative
costruttive dal basso, forse poco appariscenti, sebbene concrete ed
efficaci, diffuse un po’ ovunque in Italia e altrove.

E’ una silenziosa “rivoluzione nonviolenta” che richiede impegno,
continuità, pazienza, e si richiama alla lunga tradizione critica che da
Gandhi passa attraverso Joseph Kumarappa (l’economista gandhiano),
Ernst Fritz Schumacher
, Ivan Illich e altri ancora, sino a giungere ai
movimenti della “semplicità volontaria”, della decrescita, delle “città
in transizione”
. L’insieme di queste esperienze è un significativo
esempio di “programma costruttivo”, simile a quello di cui parlava
Gandhi.

Per renderlo più visibile e incidere maggiormente sulla realtà
politica
, in tempi che consentano di rispondere alle pressanti esigenze
di coloro che si sentono esclusi e danneggiati, oltre alle azioni di
solidarietà immediata, occorre lavorare per costruire un “movimento dei
movimenti”
capace di aggregare e dare voce e speranza agli esclusi, con
un progetto e una visione d’insieme che unisca le molteplici
associazioni, iniziative ed esperienze già esistenti. E’ una gigantesca
opera di educazione alla trasformazione nonviolenta dei conflitti, che
si propone concretamente di rendere le manifestazioni e le lotte di base
più efficaci impiegando in modo creativo le molteplici tecniche di
lotta nonviolenta con una visione strategica e non solo tattica
dell’azione nonviolenta
.

Nel nostro piccolo laboratorio del Centro Sereno Regis abbiamo da
tempo avviato questo percorso e lo abbiamo chiamato “conflitti
metropolitani”
. Ma per renderlo più visibile, incisivo, dilagante è
necessario ampliare la collaborazione con tutti e tutte coloro che già
operano in una prospettiva di transizione verso una società nonviolenta.
Le porte del Centro Sereno Regis sono aperte: un “bene comune” da
valorizzare per promuovere un’azione nonviolenta concreta, creativa,
costruttiva, duratura
.

Fonte: http://serenoregis.org/2013/12/12/dalle-piazze-forconi-strategia-cambiamento-nanni-salio/.

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