Con la bozza del JobsAct, Matteo Renzi ha iniziato 
a rendere chiaro il perimetro culturale in cui intende muoversi. 
E oltre alle puntuali osservazioni critiche sul tema 
dell’occupazione scritte da Giuseppe Allegri sul manifesto
 di ieri, c’è un punto della bozza – il capitolo 7 “burocrazia†della
 parte dedicata al “sistema†— che apre un velo preoccupante sulle 
intenzioni dell’astro nascente dell’afittica politica italiana.
In questo caso al centro della scena non ci sono i ragionamenti 
e le proposte sul lavoro. Al punto 7 si afferma che si intende 
applicare alle strutture demaniali ciò che vale oggi per gli 
interventi militari. E’ scritto proprio così, e per essere ancora più
 chiaro: «I sindaci decidono destinazioni, parere in 60 giorni di 
tutti i soggetti interessati, e poi nessuno può interrompere il 
processo».
Il delicato problema della decisione sull’utilizzazione degli 
immobili pubblici dismessi diventa dunque un problema simile alla 
sicurezza militare e a decidere deve essere una sola persona, il 
sindaco, calpestando regole e democrazia, perché i consigli 
comunali non sono neppure citati.
C’è in questa proposta una convinta apertura alla grande 
svendita dei beni pubblici, un fatto di per sé molto grave e speriamo
 che dentro il Pd si alzino voci contrarie. Ma c’è soprattutto una 
gigantesca questione democratica.
Il gruppo dei pensatori attorno al sindaco di Firenze pensa 
evidentemente — spiace scriverlo, ma è proprio così– al modello 
istituzionale del ventennio fascista in cui era il podestà 
a decidere senza l’inutile impaccio dei consigli comunali.
Come è noto, è in atto una fortissima pressione da parte dei 
grandi poteri economici e finanziari per accaparrarsi a pochi soldi
 le proprietà pubbliche, dalle caserme ai beni demaniali, come 
abbiamo visto nella recente discussione sul patto di stabilità quando
 tra le nuove misure era comparsa (poi fortunatamente cancellata)
 perfino la vendita delle spiagge. Renzi si schiera dalla parte di 
questi poteri.
Il JobsAct è ancora in forma di bozza, l’invito è a dare 
suggerimenti e magari diranno che sul punto si sono sbagliati: ma 
dalla sua prima scrittura si comprende meglio quali siano i motivi 
profondi dell’entusiasmo che Renzi ha riscosso da parte del sistema 
dominante economico e della comunicazione: neppure Berlusconi, 
pur avendo approvato decine di leggi derogatorie, era riuscito 
a pensare una norma di questo tipo.
Renzi va oltre, rompe ogni indugio e si accredita come colui che 
demolirà ogni residua regola nelle città e nell’ambiente. Il modello 
della riforma elettorale chiamato del “sindaco d’Italia†non poteva 
avere peggior preludio.
E per meglio precisare il concetto di democrazia che ha in 
mente, il gruppo renziano, alla conclusione del citato articolo 
7 afferma che non sarà più possibile chiedere «la sospensiva nel 
giudizio amministrativo». I comitati che animano le iniziative 
in tutta Italia sono serviti: non debbono disturbare il 
manovratore. Una norma palesemente insensata 
e incostituzionale, perché non si possono sconvolgere regole 
e il codice civile con la scusa della vendita degli immobili 
pubblici: correranno ai ripari, ma fin d’ora converrà stare molto 
attenti al Sindaco d’Italia.
Fonte: http://ilmanifesto.it/il-sindaco-come-il-vecchio-podesta/.