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Sinistre, perseverare oramai è più che diabolico

«Buttare giù tutte le casette di appartenenza, provare nuove pratiche politiche, ricominciare da capo e su altri contenuti e con altri dirigenti.» [Fulvia Bandoli]

Sinistre, perseverare oramai è più che diabolico
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16 Gennaio 2015 - 09.49


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di Fulvia Bandoli

Mi riferisco alla Sinistra politica che in Italia dice di non riconoscersi nel Pd e soprattutto nelle politiche del governo Renzi. Al ceto politico che dirige oramai da decenni pezzetti di Sinistra che non riescono a crescere, e anche a coloro che con la Lista Tsipras alle europee avevano alimentato speranze poi disattese per la solita fretta di andare sempre e comunque a contarsi in qualsiasi elezione.

Lascio fuori la sinistra sociale, anche se il termine è improprio, che comprende migliaia (anzi forse diversi milioni) di persone che spesso non vanno più a votare ma che si impegnano nei comitati spontanei che di volta in volta cercano di animare battaglie significative in vari territori o che come la Fiom e altri sindacati resistono alle scelte neoliberiste di questo governo e che restano uno dei pochi riferimenti almeno per me.

Le pagine che queste piccole e dilaniate sinistre politiche hanno scritto in questi anni sono piene di ombre e segnate, almeno per quel che riguarda Sel, da una perdurante mancanza di autonomia di elaborazione dal Pd e dalla incapacità di pensare e costruire buone pratiche politiche e partecipative di base come hanno fatto nei loro paesi, per anni, sia Siryza sia Podemos. Le primarie e poi le elezioni regionali svoltesi in Calabria, Puglia, Emilia, l’hanno plasticamente dimostrato e le primarie liguri drammaticamente riconfermato.

Il Pd accetta l’appoggio del Ccd in Puglia e quello del Ncd in Liguria ma Sel non trova il modo di sganciarsi in tempo neppure di fronte a decisioni cosi gravi e resta impigliata in primarie ambigue e in una linea politica che la porta a stare sempre e comunque con il Pd e i suoi sempre più discutibili alleati.

La lista Tsipras italiana, ancora invisibile socialmente e nata per le europee, si trasforma subito anch’essa in varie realtà in comitati elettorali che costruiscono liste cosiddette alternative con nessuna forza politica e inesistenti legami sociali.

L’esperienza delle sinistre in Grecia e Spagna non insegna nulla e continuiamo con pratiche politiche inefficaci e a volte persino consociative. Io non ho ricette magiche ma solo opinioni personali che fino a due anni fa ho cercato di portare avanti dentro Sel, sempre scontrandomi con una muraglia di certezze.

Sel si appresta a dar vita alla sua Conferenza programmatica che ha voluto chiamare Human factor, fattore umano, che poi credo voglia dire prima le persone e i loro problemi, se non sbaglio.

Ebbene io mi chiedo il fattore umano, le persone, in tutti questi anni e in alcune delle regioni che ho citato erano le popolazioni terremotate e alluvionate, alle quali non venivano date risposte da Giunte di cui noi eravamo parte. Forse dovevamo uscire da quelle Giunte, fare una seria autocritica, e percorrere le strade di quei Paesi con iniziative di solidarietà e mutuo soccorso, pedalare per anni dando prova di cercare legami sociali reali.

E lo stesso andava fatto in tutta Italia con i giovani precari, con coloro che perdevano il lavoro, con gli esodati, con i comitati della terra dei fuochi, con i piccoli artigiani soffocati dalla mancanza di credito. Aprendo anche da noi un conflitto vero e chiaro con i vari governi (dal 2008 ad oggi) che altro non hanno fatto se non assecondare politiche devastanti dettate dalle sedi europee che comandano.

Un’altra Europa passa attraverso la ricontrattazione radicale del debito, oramai non lo dice solo Siryza ma lo scrivono illustri economisti e dunque su questo punto si gioca una bel pezzo di identità per una Sinistra che voglia essere autonoma. E passa anche e sempre di più da politiche diverse verso l’immigrazione, che contrastino il razzismo crescente delle destre, ma non recedano dal principio di accoglienza. Siamo noi che dobbiamo proporre una nuova politica estera dell’Europa non i governi che l’hanno fatta fino ad ora con tutte le contraddizioni, i colonialismi di ritorno, gli accordi economici sospetti.

Splendido ed enorme il popolo che si è raccolto domenica scorsa a Parigi ma nella prima fila di quel corteo c’era veramente di tutto e molti erano i rappresentanti di governi che una Europa dei popoli non la vogliono affatto costruire. Abbiamo tutti letto proprio sul manifesto come fanno politica quotidianamente Siryza e Podemos che non si muovono come partiti tradizionali ma piuttosto come organizzazioni sociali assai vicine ai problemi quotidiani delle persone che incontrano. Mentre loro questo facevano e con questo costruivano le loro radici sociali, Sel si concentrava in una opposizione parlamentare che non voglio definire inutile ma assai poco visibile, e la Lista Tsipras si chiudeva nel suo piccolo perimetro, gelosi entrambi della loro inesistente identità.

La crisi economica più dura è iniziata nel 2008, sono passati quasi sette lunghi anni e una Sinistra italiana come si deve non ha preso ancora corpo. Ci sono riusciti in Spagna e in Grecia, noi no. Se di fronte a questi impietosi dati di fatto ci si limiterà a preparare conferenze programmatiche o convegni per dire che faremo e diremo… ma poi nulla facciamo e diciamo vuole dire che, consapevolmente o no, si sta scegliendo una strada che porterà Sel presto o tardi a confluire per inerzia nel Pd, e la lista Tsipras alla irrilevanza.

Buttare giù tutte le casette di appartenenza, provare nuove pratiche politiche, ricominciare da capo e su altri contenuti e con altri dirigenti. Che non siano stati, come noi, poco importa se in minoranza o in maggioranza, parte integrante di questa storica incapacità a dare all’Italia la sinistra che si meriterebbe.

(14 gennaio 2015)

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