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Sorpresa: la rete della Cina coinvolge anche Londra

'Pechino tesse la sua tela e si rafforza creando istituzioni alternative a quelle a guida USA - L''adesione a sorpresa di Londra all''Asian Infrastructure Investment Bank '

Sorpresa: la rete della Cina coinvolge anche Londra
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16 Marzo 2015 - 22.41


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di Giulio Sapelli.


E” difficile capire che cosa stia veramente succedendo in Cina ma Pechino tesse la sua tela e si rafforza creando istituzioni alternative a quelle guidate dagli Usa – L”adesione a sorpresa della Gran Bretagna all”Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) turba l”Occidente e può avere conseguenze molto importanti per l”Europa e l”Italia.


La Cina sta
profondamente trasformando il suo volto. Che cosa stia accadendo, tuttavia, è
molto misterioso. Xi Jinping ha recentemente affermato nel corso dell’Assemblea
del Popolo, che egli è disposto “a difendere la Sua linea politica anche a
costo della vita”. Una dichiarazione che è sfuggita agli osservatori
internazionali ma che, a chiunque conosca la liturgia confuciana del Partito
Comunista Cinese fa tremare i polsi. È il riflesso della sanguinosa e profonda
lotta interna al Partito. Xi Jinping ha nel corso dell’ultimo anno incarcerato,
torturato, giustiziato più di 400.000 quadri con accuse di corruzione e di
malversazione. Fra di essi grandi Signori della Guerra come Bo Xilai, sindaco
di una piccola città di 30 milioni di abitanti, nonché il capo dei servizi
segreti e vice comandante della Commissione Militare del Partito, e molti altri
di così altissimo lignaggio. 

Nel mentre, a livello
internazionale, la Cina, dal Mar Cinese del Sud sino all’Oceano Indiano, apriva
contenziosi territoriali, generalmente rispetto a sperdute isole sovrastanti
ricchi giacimenti di idrocarburi, con pressoché tutte le sue nazioni
confinanti, dal Giappone al Vietnam alla Tailandia, alla Corea del Sud alle
Filippine, al Brunei, alla Malesia, senza contare l’India con cui continua un
pluridecennale conflitto territoriale.

Ma
contemporaneamente, come su scala infinitamente minore fece la Germania tra
Otto e Novecento in Europa, la Cina ha iniziato a costruire una possente rete
di istituzioni alternative al potere dominante del mondo di oggi, ossia agli
USA. Tra Otto e Novecento, anzi, fino al 1956, con la crisi di Suez, quel
potere dominante era il Regno Unito, anche se dopo la fine della Seconda Guerra
Mondiale i suoi gruppi dirigenti avevano ben compreso che l’ora del dominio
economico mondiale era suonata a favore degli USA. Oggi la Cina sta costruendo
una rete di istituzioni finanziarie alternative a quelle egemonizzate dagli Usa
e dai suoi alleati europei.

Si è iniziato con la
BRICS Bank che raccoglie appunto Brasile, Russia, India e Cina e si è
continuato con la New Silk Road che unisce in un progetto infrastrutturale e
finanziario i paesi che, dalla Mongolia all’Afghanistan, sino alla Turchia,
costituiscono il cuore dell’Eurasia, o meglio dell’Heartland, sulla rotta che
fu di Alessandro Magno, al quale Xi Jinping si dice spesso idealmente si
accomuni.

Dinanzi a queste
iniziative l’Occidente è rimasto muto sprofondando nel suo autismo germanico in
Europa e nella sua dissociazione schizofrenica negli USA. Pensate alla follia
del Congresso Americano in cui la maggioranza repubblicana sfida
l’inconsapevole povero Obama invitando Netanyahu a parlare senza l’assenso del
Presidente, correndo il rischio di aver provocato una scissione insanabile tra
Presidente e Congresso mentre appoggia un isterico ometto che forse uscirà
sconfitto nelle elezioni di martedì prossimo in Israele, non tanto e non solo
perché superato nei voti dal nuovo laburismo alleato col Centro, ma soprattutto
perché contestato dal cosiddetto Partito dei Pensionati, formato dai quadri del
Mossad e dagli alti gradi dell’esercito. Un vero capolavoro, non c’è che dire.
Il disordine sta diventando caos. 

In questo caos la
Cina mette in cascina un altro risultato. Crea nell’Ottobre 2013 l’Asian
Infrastructure Investment Bank che si propone la missione di creare
infrastrutture nella regione asiatico-pacifica in diretta concorrenza con il
Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la Banca Asiatica di
Sviluppo, quest’ultima con sede a Manila. Come è noto, queste tre istituzioni
sono dominate dagli Usa e dal Giappone, unitamente a un ruolo secondario, ma
importante, degli europei. La Banca asiatica di sviluppo, in una sua relazione
del 2010, sosteneva che per realizzare il complesso di infrastrutture necessarie
allo sviluppo dell’area euro- asiatica, si sarebbero dovuti come minimo
investire otto trilioni di dollari dal 2010 al 2020. Finora nulla è stato fatto
ed è per questo che la nuova istituzione, promossa dalla Cina, nel lasso di
tempo dal 2013 al 2014, aumentava il suo capitale da 50 miliardi a 100 miliardi
con l’intervento decisivo dell’India nella co-fondazione della stessa banca. 

In breve nel 2014 a
Pechino si svolse una cerimonia di insediamento della Banca a cui
parteciparono, oltre alla Cina e all’India, la Tailandia, la Malesia, Singapore
, le Filippine, il Pakistan, il Bangladesh, il Brunei, la Cambogia, il Laos, la
Birmania, il Nepal, lo Sri Lanka, l’Uzbekistan e la Mongolia. Significative
anche le firme del Kuwait, dell’Oman e del Qatar a cui si aggiunse nel 2015
anche quella della Giordania e dell’Arabia Saudita, nonché del Tagikistan,e
infine del Vietnam. Nel 2015, infine, anche la Nuova Zelanda, l’Arabia Saudita
e l’Inghilterra hanno aderito alla Banca.

Orbene, qui nasce un
grande problema, o meglio, pubblicamente si manifesta. Il Vietnam aderisce
anche al Trans–Pacific Act che gli Stati Uniti, come è noto, hanno siglato in
funzione anticinese con i paesi asiatici e sudamericani rivieraschi del
Pacifico, ed escludendo da esso la Cina, con un chiaro atto intimidatorio e di
sfida politica, militare e diplomatica. Ebbene il Vietnam, in questo modo,
afferma una politica dei due forni seguendo l’esempio tailandese, più che
secolare, di alleanze molteplici a geometria variabile atte a garantire la propria
indipendenza.

Ha aderito anche la
Nuova Zelanda, che aspira sempre più manifestamente a una politica
differenziata rispetto all’Australia, che non a caso nel contesto del Trans-Pacific
Act ha firmato con gli Stati Uniti un accordo militare in funzione anticinese e
dichiaratamente pro giapponese.

Ma la notizia bomba è
quella dell’adesione dell’Inghilterra. Cameron e Osborne, Primo Ministro e Cancelliere
dello Scacchiere, sono stati chiari come del resto “The Telegraph” aveva
annunciato, sin da subito, asserendo che il Regno Unito, in primo luogo, ha di
mira i suoi interessi nazionali. Questo è il problema. Un problema che ha avuto
i suoi risvolti nel contesto della Nato in cui il Regno Unito ha diminuito i
suoi investimenti in armamenti portandoli sotto il tetto del 2%, soprattutto in
armi convenzionali, mentre invece, di contro, aumentava la sua spesa difensiva
sul fronte nucleare missilistico, in terra, in cielo, in mare. 

Il Regno Unito,
insomma, si sta sempre più allontanando dall’Europa. Guarda invece sempre più
al mondo e in primo luogo all’Asia e, con atteggiamento più incerto,
all’Africa. Per questo sono sbagliate le valutazioni di alcuni infermi
osservatori che sostengono che il Regno Unito si sta sempre più isolando.

Si sta sempre più
isolando dall’Europa deflazionistica, germanico-teutonica, antirussa. È il
trionfo postumo della Thatcher, che fu costretta a dimettersi dal suo stesso
partito perché non credeva nell’accrocchio di un euro costruito a immagine del
marco.

Naturalmente questa
decisione inglese avrà conseguenze devastanti in Europa, perché la Francia, da
sola, non osa opporsi alla Germania e l’Europa del sud è profondamente infetta
dall’ideologia blairista e neoliberista che altro non è che l’altra faccia
dell’ordo-liberalismus tedesco.

Il Regno Unito
abbandona l’ Europa per ritornare a essere una potenza mondiale intercontinentale.
Per far questo, sceglie di allearsi con la Cina in una prospettiva di lungo
periodo, ampliando così il solco che via via dalla crisi di Suez del ’56 sempre
più lo divide dagli USA. 

Questi ultimi hanno
reagito alla decisione del Regno Unito di far parte dell’AIIB in modo convulso,
come al solito nervoso, indispettito e privo di lungimiranza strategica. In
ogni caso è indubbio che la ferita è profonda, e l’incapacità egemonica degli
USA in quest’occasione è apparsa in modo preclaro e drammatico. Tutte le
famiglie politiche degli USA sono in preda al caos e la divisione tra USA e UK
non potrà che rafforzare la Cina e, di fatto, anche la Russia con conseguenze
inaspettate anche nel Mediterraneo. Si ricordi infatti l’adesione alla nuova
Banca di paesi come la Giordania, l’Arabia Saudita, l’Oman, il Qatar!

Una chiara
dichiarazione di guerra diplomatica agli USA impegnati in trattative sul
nucleare con l’Iran.

Da ultimo, non posso
non ricordare che questa divisine tra USA e UK non potrà non avere conseguenze
drammatiche anche in Italia, paese a sovranità limitata e verso cui il Regno
Unito aveva avuto dagli USA la delega di occuparsi dei suoi esiti governativi e
oltre, come era stato reso manifesto dalla non lontana visita privata (sic!)
della Regina Elisabetta e del Suo consorte all’allora Presidente Giorgio
Napolitano (caso unico al mondo di visita privata di un monarca a un Presidente
della Repubblica). 

Se anche Netanyahu sarà
sconfitto, anche l’influenza israeliana sulla politica italiana non potrà non
subire pesanti modificazioni.

Mi si dirà che questi
son dettagli rispetto al caos mondiale. Ma a questi detrattori rispondo che con
l’ISIS alle porte le sorti dell’Italia sono il destino di uno dei pianeti
fondamentali che illuminano il cielo della civiltà umanistica mondiale.

Fonte: http://www.firstonline.info/a/2015/03/16/la-rete-della-cina-e-lo-schpkdelladesione-di-londr/b83fa2e3-f4f0-4eda-b38d-439d73689225.

AGGIORNAMENTO DEL 17 MARZO 2015:

Le cose sembrano andare molto più veloci persino rispetto allo scenario descritto da Giulio Sapelli, che già notava la grande e crescente attrattiva della Cina in concorrenza con i vecchi canali della finanza. La grande notizia, ora, riferita dal Financial Times, è che dopo il Regno Unito, [url”anche Italia, Francia e Germania hanno aderito”]http://www.repubblica.it/economia/2015/03/17/news/ft_l_italia_nell_asian_infrastructure_investment_bank_voluta_da_pechino_-109693865/?ref=HREC1-6[/url] alla ”Asian Infrastructure Investment Bank”. E” prevedibile che nei prossimi mesi assisteremo a profondi cambiamenti in questo tipo di equilibri.

[la Redazione]

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